Voce del Mozambico

22
Apr

Sr. Dominique, missionaria in Mozambico, è in Italia da alcuni mesi. Per la Pasqua ha tenuto queste riflessioni per le alcune parrocchie attorno al lago di Como, sua terra di origine: le condivide con noi, per dar voce al popolo e alla chiesa mozambicani.

“È poco più di un mese che il Ciclone Idai ha colpito alcune regioni dell’Africa australe, in particolare Mozambico, Zimbabwe e Malawi. In Mozambico, dove noi ci troviamo con due comunità, ha provocato quasi un migliaio di morti e 1600 feriti; ancora centinaia di persone sono disperse e cinquecentomila ettari di coltivazione sono andati perduti. Attualmente, oltre 73mila sono i sopravvissuti che vivono nei campi allestiti per l’emergenza.

Il giorno dopo il passaggio del ciclone nella notte tra il 14 e il 15 marzo, ogni comunicazione era interrotta e nessuna notizia appariva nei media nazionali e internazionali. Solo a partire dalla domenica, dopo ben tre giorni dall’ accaduto, alcuni media hanno dato qualche breve comunicazione sull’ accaduto. Questo dice che quello che fa notizia e ciò su cui i media accendono i loro riflettori sono solamente le situazioni dei Paesi dove si giocano gli interessi economici e politici internazionali: il resto è solo spazzatura e non è degno di essere preso in considerazione.

Si è fatta eco in me dopo questi fatti una frase della nostra fondatrice:

Osservando il complesso delle cose, riconosco essere la mano di Dio che conduce tutto”.

Forse, quando ci troviamo di fronte a grandi complessità come queste, a quello che è successo in Mozambico o è a quello che successo il giorno di Pasqua nello Sri Lanka, vedendo tanta sofferenza, morte, distruzione, desolazione, ci viene da chiedere: come posso riconoscere la mano di Dio che conduce tutto, dentro queste realtà, questi fatti?

Il più delle volte quando ci capita una situazione di questo tipo, oppure veniamo colpiti dalla malattia, o muore una persona a noi cara, la nostra reazione sarebbe quella di dire: ma dov’è Dio? Perché proprio a me? Alla mia famiglia? Cosa ho fatto di male?

La tentazione è sempre quella di dare la colpa a Q/qualcuno e di non riuscire a stare dentro la situazione.

Ma proprio in questi frangenti i poveri, “gli scarti della società”, come li chiama Papa Francesco, i nostri fratelli e sorelle Mozambicani, credo abbiano molto da dirci.

Quando è successo del ciclone la prima cosa che ho fatto è stata mandare a tutti coloro che conoscevo un messaggio via WhatsApp per sapere come stavano. Ci sono voluti giorni, settimane per avere qualche notizia, di alcuni ancora non so nulla. Ma vi assicuro che i messaggi che ricevevo erano una risposta a questa domanda. Queste persone povere, nel mezzo di un’ apocalisse senza precedenti, dopo essere state messe in ginocchio, senza avere nulla da mangiare, un vestito asciutto da mettersi, un tetto dove ripararsi, un materasso su cui posare il capo, ancora scorgevano quella mano di Dio che conduce tutto nella loro vita e scrivevano, rispondevano al mio messaggio così:

“Quello che abbiamo passato il 14 aprile non é stata cosa facile, sembrava un film di orrore, se siamo qui in piedi oggi credo sia stato Dio a volerlo per noi…. dobbiamo solo ringraziarlo per averci protetti”.

“Grazie a Dio sono viva con la mia famiglia, ma il resto é tutto distrutto”.

“Solo Dio può rialzarci da questa tragedia”.

“Buona notte mãe, ancora un po’ spaventata, ma grazie a Dio sto bene”.

“La situazione qui è tragica…. ma Dio non abbandona mai il suo popolo”.

In Mozambico la cosa bella che mi ha sempre colpito è che quando si chiede a qualcuno come sta risponde sempre: “Bene, grazie a Dio”; e sempre con il sorriso sulle labbra e il volto raggiante, senza mai far trasparire la sua sofferenza o le sue preoccupazioni.

Di fatto, molte famiglie, dopo il ciclone, hanno accolto i vicini o altri sfollati nelle loro case; dove si viveva in 5 o 6 persone ora si vive in 18 o più, facendo spazio al fratello o alla sorella più bisognosi.

La domenica dopo il ciclone la gente non è rimasta chiusa nelle proprie case a piangersi addosso, ma si è ritrovata nella chiesa o nella cappella distrutta per celebrare l’eucarestia, per ringraziare il Dio della Vita e lì incontrare la forza del cammino, del ricominciare, ricostruire, sperare.

L’Exsultet che è stato cantato il giorno di Pasqua dice:

“Morte e Vita si sono affrontate

in un prodigioso duello.

Il Signore della vita era morto;

ma ora, vivo, trionfa”.

 

Ed è proprio così. In questa realtà del Mozambico, la morte e la vita si sono scontrate, ma il Signore della vita vive e trionfa nel suo popolo. Il Signore Risorto è nel cuore, nella vita di questa gente, potremmo dire che è il loro DNA.

Il mio augurio Pasquale per noi, allora, oggi, vuole essere questo: portare, annunciare il Risorto, con la mia vita, con il mio sorriso, anche dentro le situazioni più disperate della nostra storia e riconoscere la sua mano che conduce tutto e poter dire agli altri con la nostra fede che ancora oggi i miracoli sono possibili.

Questa sarà la nostra Pasqua.

Auguri di cuore a tutti e grazie a nome mio, della mia Congregazione, della Diocesi di Beira e della nostra gente del Mozambico per la vostra preghiera e la vostra generosa solidarietà, perché come dice un proverbio Africano: “la fama di colui che dona arriva in terre lontane”.

sr. Dominique De Blasio

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