Il racconto del Seminario annuale del Coordinamento Teologhe Italiane, che ha festeggiato i suoi primi vent’anni di attività!
Il Coordinamento Teologhe Italiane ha deciso di festeggiare i vent’anni dalla sua fondazione con un seminario che si è svolto a Roma il 15 aprile 2023, intitolato Verso una teologia pubblica. Storie, conflitti, visioni. Il desiderio del Coordinamento era quello di offrire uno spazio iniziale per riflettere sulla possibilità di praticare una teologia dal volto pubblico in grado di “riconoscere e intercettare i nodi del presente come anche di elaborare la visione di un futuro più ospitale e pacifico” (dall’invi-to). Significativa anche la scelta del luogo per il seminario: la Città dell’altra Economia, nota a Roma come luogo dove vivere la cultura, la comunità e l’economia in modo differente.
Ricco e vario il programma con relazioni che hanno posto interrogativi e riflessioni sulla tematica scelta (Elizabeth Green, Annarosa Buttarelli, Serena Noceti), presentato esperienze profonde di “trasformazione sociale” (come quella offerta da Marinetta Cannito su trasformazione dei conflitti e giustizia rigenerativa) e confronti – tra speranze e sogni – fra generazioni diverse nella tavola rotonda del pomeriggio. Impossibile, in poco spazio, riassumere quanto emerso in tutta la giornata; ma probabilmente i due interventi che hanno suscitato maggiori reazioni sono stati quelli di Green al mattino e Noceti nel pomeriggio anche se con connotazioni molto diverse. La relazione iniziale di Green ha offerto una base necessaria per un ripensamento della teologia pubblica e sulle modalità che, in particolare il CTI, può avere per abitarla. Prendendo in esame, anche se in modo necessariamente sintetico, il pensiero del teologo D. Tracy e le riflessioni di E. S. Fiorenza sulla sua idea di una chiesa di uomini e donne (dal suo libro In memoria di lei), Green ha presentato il suo intervento a partire da due interrogativi: di quale teologia e di quale pubblico stiamo parlando?
Dopo aver sviluppato il tema sottolineando come “l’attuale teologia pubblica considera irrilevante la teologia delle donne nonostante la metà del pubblico sia composta da donne” e come invece sia necessario trasformare “gli insegnamenti e i discorsi della teologia in modo che quelli che ne sono stati esclusi – in primis le donne – diventino soggetti del discorso e agenti del cambiamento” ha concluso il suo intervento lasciando aperte, come era giusto fosse, le questioni sollevate, presentando alcuni interrogativi fondamentali, a cui rispondere anche come Coordinamento: come è possibile fare teologia pubblica, che è teologia che ha a che fare con il pluralismo e con i problemi sociali, nel nostro paese in questo particolare momento storico? E soprattutto, tenendo conto che, in base all’analisi di Green, l’attuale teologia pubblica sembra tale ma non lo è, qual è l’attinenza delle donne alla teologia pubblica?
Il tempo ristretto del dibattito ha ripreso le sue provocazioni arrivando ad affermare la possibilità di uscire dagli schemi preconfezionati, da “un’agenda” di interessi ed impegni fissata da altri, magari anche modificando il nome e l’attenzione nei riguardi di una teologia pubblica che non è tale, per passare ad esempio, a una teologia “comune”. Non è stato possibile, per ragioni di tempo, soffermarsi a riflettere su quanto emerso, anche se rimangono questioni necessariamente da affrontare per offrire uno sguardo come donne su questo tema.
Anche l’intervento di Serena Noceti, nel pomeriggio, sulla possibilità di immaginare una chiesa diversa, avrebbe fornito materiale molto ricco per una discussione più approfondita.
Dopo aver messo in luce l’attuale crisi del sistema chiesa e della sua rilevanza, Noceti ha proposto delle direttrici per una possibile trasfigurazione a partire da una chiesa plurale perché composta da persone diverse, proiettata nel mondo e che conosca la possibilità di essere comunità di persone libere. La sua relazione ha fatto scaturire delle riflessioni molto attuali, soprattutto in alcuni gruppi di donne che cercano di vivere una fede più autentica e più legata al vangelo, sul fatto che sia possibile, nell’attuale situazione della chiesa, operare un vero cambiamento, una riforma, rimanendo all’interno dei confini tracciati dalla chiesa istituzionale stessa.
Sicuramente il seminario nel suo insieme ha offerto un ulteriore elemento per leggere una realtà di grande trasformazione che attraversa tutti gli ambiti delle società e quindi anche le chiese. Forse, come suggeriva Green riprendendo il testo di Atti 2 e il riferimento al profeta Gioele “i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri vecchi avranno sogni” (2,17) è necessario rileggere con sguardo nuovo anche i racconti delle prime chiese, auspicando e operando per “una teologia che immetta nello spazio pubblico, pluralista e democratico, le voci e i corpi delle donne e di tutti coloro che ne sono stati da sempre esclusi”.
Donatella Mottin