Davanti alla croce di Cristo ciascuno di noi può conoscere Dio, può contemplare attraverso il suo dolore l’incommensurabile mistero del suo amore che si fa dono e perdono. E’ condannato a morte, e alla morte di croce (Fil.2), la morte dei maledetti da Dio (Dt 21,23) dei maledetti sia per il cielo che per la terra perché rifiutati da Dio e dagli uomini. Un grande scandalo, una morte vergognosa e ignominiosa…è la morte maledetta dalla Legge. Eppure Dio l’ha scelta e la fede cristiana passa inevitabilmente dal Crocifisso: lì c’è Gesù che «ha reso testimonianza della verità» (Gv 18,37). La croce allora non è motivo di scandalo ma bensì luce che attrae lo sguardo, irresistibile immagine su cui tenere fissi gli occhi. È Lui che attira tutti i cuori, è Lui che innalzato, innalza, che morto dona vita per l’eternità. Esiste una scienza della croce, quella che Paolo chiama «stoltezza per quelli ce si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1,18), è una scienza che sovverte la logica umana, capovolge lo sguardo e scombina la vita: è nell’abbandono alla Grazia che la nostra debolezza diventa forza perché dimora in noi la potenza di Cristo.
La croce è follia, evento scandaloso, è fallimento per il mondo ma è anche «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,24), possibilità di giungere a quella vita piena che Dio aveva pensato per l’uomo e per la donna nell’atto della creazione avendo come immagine proprio il Figlio (cf. Col 1,16). Ma ciò che fa grande la croce è proprio Gesù: la sua morte in croce è l’esito di una vita vissuta nella libertà e nell’amore, Gesù non poteva morire in modo diverso da come è vissuto…per amore, per gli ultimi…e stavolta con gli ultimi. La promessa che grida dentro ogni cuore sarò con te fino alla fine di ogni cosa, non riguarda solo i suoi amici, coloro che l’hanno seguito, Gesù è anche con i malfattori e con loro condivide la tragica sofferenza di chi veniva appeso ad un palo. In quel corpo crocifisso c’è il peccato di tutti, in quella città – fuori da Gerusalemme – ci sono tutte quelle periferie esistenziali in cui anche Dio è percepito lontano. Eppure il Figlio di Dio muore lì, in un modo scandaloso, in un luogo scandaloso, fra due uomini scandalosi…ma da quell’angolo della storia si può arrivare a vedere, si può finalmente capire ciò che vide il Centurione: questi davvero è il Figlio di Dio. Solo di Dio si può dire “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo”, solo un Dio può scendere nella condizione umana, per farsi tutto a tutti, solo l’Amore può umiliare se stesso per il bene dell’altro.
Che questo venerdì santo, giorno di passione, di croce e di amore totale sia per noi un monito ad annunciare soltanto Cristo Gesù, come il Signore; possiamo metterci a servizio come lui di chi ci è prossimo, possiamo mantenere lo sguardo fisso sempre su di Lui come l’unico tesoro. Su questa croce possiamo specchiarci e vedere riflesso il nostro volto, la nostra esistenza che è vaso di creta, debole e fragile, ma che attraverso questa debolezza può manifestarsi la forza di Colui che ci ha amati con tutto se stesso e fino in fondo, donandoci così una vita piena, autentica, divina! Anche qualcosa di noi possa morire insieme al Crocifisso con la certezza di risorgere con Lui. Sotto la croce i nostri occhi possano penetrare il mistero dell’amore donato e dal quel costato trafitto possa ancora sgorgare la potenza dello Spirito che si riversa nei nostri cuori per farci rinascere come creature nuove, come Chiesa che annuncia, genera e accompagna, sui passi del Risorto.