L’esperienza di Gallio
Raggiungo le mie consorelle di Villa Giovanna a Gallio (Altopiano di Asiago), in una mattinata ottobrina di sole; hanno appena finito di lavare a fondo il pavimento del salone con un elettrodomestico nuovo, che il parroco ha acquistato per pulire i vari ambienti dell’unità pastorale (UP). Questo dettaglio mi dimostra quanto la comunità religiosa sia integrata nel contesto pastorale. Mi faccio raccontare dalle suore la situazione della parrocchia di Gallio (diocesi di Padova). Dall’anno scorso fa parte dell’UP Gallio-Foza-Sasso-Stoccareddo. È stato costituito un consiglio pastorale unitario composto dai sacerdoti (don Federico e don Enrico), i rappresentanti delle parrocchie, il comitato affari economici e sr. Flora, responsabile della comunità orsolina.
Sarà creato in ogni parrocchia un piccolo gruppo che rilevi i problemi della singola realtà, per poi riportarli nel consiglio dell’unità pastorale. Tale modalità è stata caldeggiata dal vescovo quando, in una recente visita pastorale, ha preannunciato che nel giro di pochi anni rimarranno solo tre sacerdoti a servizio dell’intero vicariato di Asiago (dodici parrocchie). Mons. Cipolla ha esortato le comunità a crescere in corresponsabilità, perché la Chiesa è formata da tutti i fedeli, in virtù della vocazione battesimale. Già nel prossimo anno pastorale l’UP di Gallio non avrà più il cappellano. Ogni cristiano deve sentirsi membro attivo della famiglia di Dio, della comunità parrocchiale, dell’UP e dell’intero vicariato. Questo discorso ha scosso la gente: alcuni temono un impegno troppo gravoso rispetto alle proprie capacità, alla propria timidezza, all’età avanzata… Le suore riscontrano, però, una certa disponibilità delle persone a coinvolgersi, unita all’esigenza di essere formate.
Nel cammino di costituzione dell’unità pastorale, ci sono fatiche?
Sasso e Stoccareddo sono ancora un po’ isolate rispetto all’UP; le suore si propongono di creare un collegamento, visitando le persone e partecipando alle celebrazioni.
Cosa fate concretamente? Cosa vorreste fare di meglio o di più?
Sr. Letizia è inserita nella catechesi parrocchiale dei cresimandi e porta l’Eucarestia agli ammalati di Sasso e Stoccareddo; sr. Flora portava l’Eucarestia a Foza, ma poi ha trasmesso questo impegno ai ministri. A Villa Giovanna si tengono varie iniziative parrocchiali, tra le quali la lectio divina nei tempi forti. L’anno scorso la “nostra” sr. Giampaola ha svolto un percorso formativo sul ministero della consolazione. Tra i partecipanti, il parroco ha scelto un gruppo di ministri dell’Eucarestia che sono seguiti da sr. Flora. Cogliamo come una grazia alla quale corrispondere la forte richiesta di formazione spirituale e di preghiera.
Che contributo potete offrire alla comunione ecclesiale?
Cerchiamo anzitutto di essere presenza semplice in mezzo alla gente e di collaborare con i sacerdoti alla catechesi, alla formazione (abbiamo appena avviato anche l’esperienza del Gruppo Am.Or.).
Come siete percepite?
Riceviamo molteplici riscontri positivi dalle persone che frequentiamo o accogliamo. Apprezzano lo stile semplice, ma bello, della comunità, perché (dicono) è umano e parla al cuore. Amiamo la gente e ci sentiamo amate.
L’essere inserite in una unità pastorale ha in qualche modo cambiato la comunità?
Stiamo crescendo nell’appartenenza battesimale al popolo di Dio, non ponendoci più da religiose come una realtà a parte, ma pienamente dentro il cammino della comunità cristiana.
Quali provocazioni avete ricevuto?
La gente ci chiede anzitutto di essere presenti, indipendentemente da quello che facciamo. Quando abbiamo ospiti in casa non possiamo dedicarci alla pastorale, però sia il parroco che le persone lo hanno capito. Trovano in noi un sostegno e un incoraggiamento. Siamo provocate ad essere disponibili e partecipare.
Esprimete un desiderio sulla presenza della vostra comunità religiosa all’interno della comunità cristiana.
Il desiderio si sta già realizzando: è far conoscere Villa Giovanna, casa di spiritualità, come una comunità che accoglie e offre un contesto dove stare bene insieme. Desideriamo tutte che la comunità sia a servizio dei bisogni dell’UP, nella misura delle possibilità e dei doni di ciascuna e sempre a nome della comunità, come corpo unico e unito.
A sr. Flora una signora ha detto: “Noi guardiamo voi suore e ci accorgiamo di tante cose… se state bene, se state male…”. “E lei come ci vede?” le ha chiesto Flora. “Vi vedo unite. Immagino che ci siano delle fatiche, come ne abbiamo noi in famiglia, però vi vedo unite”. Questi riscontri confermano la comunità e ci dicono che con la grazia del Signore si può camminare. Se ci succede di avere discussioni tra sorelle, le superiamo e riprendiamo il cammino serenamente. Speriamo di essere segno semplice e umile della presenza del Signore e gli chiediamo di poter abbracciare tutto il mondo con il suo amore e con misericordia. Altrimenti, che senso ha la vita religiosa?!
Qualcuno afferma che mettersi a servizio di una parrocchia può far perdere a una comunità religiosa il proprio specifico. Voi cosa ne pensate?
Stando in mezzo alla gente recuperiamo lo stile di madre Giovanna, che condivideva la vita e le difficoltà delle persone. Senza rinunciare ai nostri momenti comunitari, nel contatto con le famiglie impariamo a focalizzarci sull’essenziale, a non disperderci in cose superflue, a capire di più gli altri, a non cercare false sicurezze. Condividere con i laici la spiritualità che viviamo ci aiuta ad esprimere la nostra identità carismatica secondo il progetto del Signore. Stare insieme, offrire quello che si è, trasmettere la presenza del Signore, va desiderato e coltivato. Villa Giovanna ospita momenti di riposo, ritiro, formazione, con uno stile familiare che fa sentire come a casa propria; vengono accolte persone e realtà diverse: consorelle, sacerdoti, laici, un gruppo di biodanza, gruppi di preghiera, il capitolo generale di una congregazione religiosa… Il parroco, don Federico, vede Villa Giovanna come una risorsa spirituale per l’intero Altopiano: ci sprona ad allargare lo sguardo.
sr. Maria Coccia