Il vaticanista Fabio Colagrande racconta l’importanza della preghiera silenziosa e la nascita di una rete per praticarla insieme
Esistono da tempo in Italia numerose realtà cattoliche che promuovono in modo autonomo la pratica della preghiera silenziosa sotto forma di meditazione, preghiera contemplativa o interiore. A volte sono comunità strutturate, altre volte gruppi più improvvisati che s’incontrano periodicamente sotto la guida di un sacerdote, un religioso o un laico. In ogni caso sono esperienze in cui si pratica e vive la preghiera silenziosa come accesso privilegiato all’incontro con sé stessi e quindi con Dio. Esperienze di vita cristiana fondate sulla certezza che il silenzio, vissuto non come semplice assenza di parola, ma come esperienza mistica di abbandono allo Spirito Santo – decentramento, apertura, ascolto, superamento del proprio ego, affidamento, ricongiungimento con un principio divino – sia via inderogabile per coltivare la propria vita spirituale e in particolare vivere la fede in Cristo.
Eppure, questa pratica silenziosa, che ha in realtà radici profonde nella tradizione monastica e mistica del cristianesimo occidentale e orientale, è ancora spesso considerata nell’ambito ecclesiale una consuetudine spirituale elitaria o eccentrica, guardata con sospetto da chi la giudica frutto di derive sincretistiche, se non apertamente “new age”, o il risultato di un superficiale innamoramento per le filosofie orientali.
C’è soprattutto un paradosso evidente fra la diffusione di queste esperienze nella realtà del territorio ecclesiale e l’assenza di un loro riconoscimento pubblico e istituzionale che permetterebbe un allargamento delle possibilità di accesso a questa forma di preghiera. In sintesi, la sete di silenzio è sempre più diffusa, in Italia sono ormai numerose le comunità cattoliche che praticano questo tipo di preghiera, ma in ambito ecclesiale la via del silenzio è andata formalmente quasi scomparendo e la Chiesa fatica a dare risposte teoriche e possibilità pratiche a chi è in cerca di questa dimensione per ritrovare Dio.
L’assenza di vie d’accesso istituzionali alla preghiera silenziosa appare ancora più sorprendente se si pensa che il recente magistero papale ha sottolineato più volte la necessità di un approccio orante silenzioso, promuovendo in particolare l’adorazione eucaristica. “Tu puoi stare un’ora davanti al tabernacolo, ma senza incontrare il Signore, pregando come un pappagallo. Ma tu perdi tempo così. Se tu preghi, prega e incontra il Signore, rimani in silenzio, lasciati guardare dal Signore”, affermava papa Francesco a Genova, nel maggio 2017. “Solo nel silenzio della preghiera si può imparare la voce di Dio, percepire le tracce del suo linguaggio, accedere alla sua verità”, spiegava ancora il papa a un gruppo di vescovi in Vaticano nel settembre 2017. “Ecco l’adorazione – aggiungeva in un discorso alla Famiglia vincenziana del 14 ottobre 2017 – mettersi davanti al Signore, con rispetto, con calma e nel silenzio, dando a Lui il primo posto, abbandonandosi fiduciosi”. “La preghiera – affermava ancora Francesco in quell’occasione – non è soltanto un dovere e tanto meno un insieme di formule. La preghiera è fermarsi davanti a Dio per stare con Lui, dedicarsi semplicemente a Lui. È questa la preghiera più pura, quella che fa spazio al Signore e alla sua lode, e a nient’altro: l’adorazione”. Il 5 febbraio 2018 poi, nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta il papa invitava i sacerdoti a insegnare al popolo a “adorare in silenzio”. Mentre nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, pubblicata il 9 aprile 2018, si rivolge a chi legge con queste parole: “mi permetto di chiederti: ci sono momenti in cui ti poni alla sua presenza in silenzio, rimani con Lui senza fretta, e ti lasci guardare da Lui?”. “Cerca di rimanere un momento in silenzio lasciandoti amare da Dio. Cerca di mettere a tacere tutte le voci e le grida interiori e rimani un momento nel suo abbraccio d’amore”, scriveva invece Francesco sul suo account twitter nel settembre 2019, riprendendo un passaggio di un discorso pronunciato nel suo viaggio in Mozambico.
Ma sono anche numerose le occasioni in cui papa Francesco ha testimoniato concretamente la necessità del silenzio come pratica spirituale, sin dal gesto compiuto immediatamente dopo la sua elezione, il 13 marzo 2013, affacciandosi alla loggia della Basilica vaticana e chiedendo di pregare – in “silenzio” – per benedirlo. Basti pensare, poi, alla potenza della sua preghiera silente al muro di Gerusalemme o ad Auschwitz o al sacrario delle Fosse ardeatine. Il papa tace per lasciare la parola a Dio. Come fece il suo predecessore Benedetto XVI incoraggiando l’intenso silenzio di un milione di giovani durante l’adorazione eucaristica della Giornata mondiale della gioventù di Colonia, nell’estate del 2005, e poi confinandosi lui stesso al silenzio contemplativo con il gesto rivoluzionario della rinuncia. “Abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola, la Parola redentrice”, affermava nell’ottobre del 2006 proprio Benedetto XVI, il papa che ha dedicato, sorprendentemente, proprio al silenzio il suo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali del 2012.
C’è da chiedersi quanto questo magistero del silenzio sia stato assorbito a livello delle gerarchie e comunità ecclesiali. Sembra esserci un vuoto da colmare, fra l’insegnamento dottrinale e le pratiche pastorali, da una parte, e dall’altra la sete di silenzio espressa con sempre maggiore urgenza dal popolo di Dio.
Proprio con l’intenzione di evidenziare questi paradossi, colmare questi vuoti pastorali e diffondere la conoscenza della preghiera silenziosa, è nata nel febbraio 2018 a Roma la Rete sulla via del silenzio. È un’iniziativa ecclesiale spontanea, creata per aggregare persone e gruppi che già praticano da tempo, anche se con modalità diverse, la preghiera e la meditazione silenziosa. Scopo della Rete non è uniformare queste esperienze diverse, ma favorire la condivisione per accrescere la conoscenza reciproca, sviluppare modalità e occasioni, ma anche approfondire una riflessione spirituale sulla dimensione mistica della fede, che sembra, a chi ne fa parte, sempre più necessaria.
Il gruppo ha dato vita ad alcuni incontri, “a porte chiuse”, in diverse città italiane, a partire dal febbraio 2018. Un primo incontro pubblico della Rete, organizzato con l’obiettivo dichiarato di “rompere il silenzio sul silenzio”, è in programma il 7 dicembre 2019 a Roma, sull’Aventino, grazie all’appoggio della Badia primaziale di Sant’Anselmo. Un’occasione per mettere in luce una realtà ecclesiale frammentata, e dunque spesso invisibile, ma sempre più crescente in Italia. Quasi a conferma di quanto affermava il teologo Karl Rahner: “Nel nuovo millennio il cristiano sarà un mistico o non sarà”.
Fabio Colagrande