Trent’anni di pace

17
Apr

I cammini di riconciliazione in Mozambico

Per i mozambicani la pace è più della semplice assenza di guerra. Significa sicurezza umana, giustizia distributiva, dialogo permanente tra gli attori politici, riconciliazione dei diversi interessi nazionali, un sistema politico che consenta la risoluzione dei conflitti interni allo Stato è il governo di un’elite legittimamente eletta dal popolo. Questi sono, tra gli altri, gli elementi cruciali per una pace sostenibile e per la stabilità democratica cercati fin dall’Accordo Generale di Pace firmato a Roma nel 1992 tra il Governo del Mozambico e la Resistenza Nazionale del Mozambico (RENAMO).

Dopo l’indipendenza dal Portogallo nel 1975, la guerra civile durata 16 anni ha portato anche l’introduzione di un regime monopartitico che non ha permesso un dialogo nazionale: e la politica internazionale della guerra fredda ha favorito le guerre per procura. Lo Stato mozambicano deve ancora affrontare grandi sfide della costruzione della fiducia tra le forze politiche e la società, della creazione di istituzioni pubbliche in grado di mediare con successo i conflitti politici e sociali per garantire una pace che non sia solo il silenzio delle armi.

 

L’AGP

L’Accordo Generale di Pace è il risultato di un lungo e articolato processo di ricerca, iniziato con il silenzio delle armi che avevano perversato nel paese dal 1977, opponendo il Governo del Frelimo alla Renamo.

Nei tempi di incertezza alla ricerca della conclusione del conflitto armato e della pace, si inserisce il ministero pastorale del Vescovo di Beira, Jaime Pedro Gonçalves, il vescovo mozambicano più importante nella ricerca della pace e della riconciliazione. Divenne politicamente rilevante per il suo ruolo primario a favore della pace e della difesa degli ultimi durante la guerra civile. Fu un precursore dei diversi contatti con istituzioni e personalità nazionali e straniere, credenti di diverse confessioni cristiane e musulmane, aprendo strade che misero faccia a faccia la Renamo e il Governo del Frelimo.

Seguirono numerosi tentativi di avvicinamento e mediazione, particolarmente nel 1989. L’anno successivo iniziarono colloqui diretti tra le parti con la partecipazione mediatrice della Comunità di Sant’Egidio e del Vescovo di Beira.

I colloqui di Roma per la fine della guerra e l’instaurazione della pace in Mozambico durarono circa due anni, con evidenti difficoltà derivanti dalla reciproca diffidenza. Gli ardui negoziati produssero un accordo accettabile tra le parti che avrebbe guidato l’intero processo per la nuova repubblica che doveva costruirsi sulla base di uno Stato di diritto democratico.

 

 

Una pace effimera

Per molti anni l’AGP (1992-2013) è stato considerato dalle organizzazioni regionali e internazionali un buon accordo e il Mozambico un caso modello da seguire per la pacificazione vissuta dopo una guerra civile, sanguinosa e ideologica. Tuttavia, questa visione ottimistica ignora una serie di segni ed eventi che minacciavano la precaria stabilità e prefiguravano il ritorno a una situazione di violenza. Le minacce alla pace sarebbero il risultato di diversi fattori quali l’assenza di giustizia distributiva, di dialogo permanente tra gli attori politici, di verità e riconciliazione tra i vari interessi nazionali, di un sistema politico che consentisse la risoluzione dei conflitti interni allo Stato, di interpretazione consensuale dell’AGP e di processi elettorali affidabili. Di tutti i fattori elencati, la questione elettorale è quella che più minaccia la pace.

Per spezzare il pericolo della pace armata, nel 2014 fu negoziato e firmato un nuovo accordo di pace per rendere possibili le elezioni generali. Tuttavia, i risultati elettorali furono contestati e l’accordo fu di breve durata, con la recrudescenza della violenza nel 2015. Per consentire la governabilità, all’inizio del 2016 iniziò un nuovo ciclo di colloqui con la mediazione internazionale, compresa la Chiesa cattolica. Alla fine del 2016, e dopo molteplici tentativi di garantire pace e stabilità, il presidente della Repubblica Filipe Nyusi e il leader della Renamo, Afonso Dhlakama, concordarono di avviare negoziati diretti incentrati sugli sforzi nazionali. Dimostrando una dose di buona fede verso la fine delle ostilità, Dhlakama annunciò un cessate il fuoco di una settimana. Sono seguite due successive proroghe, impegnando il governo a ripagare questo gesto con azioni concrete per la pace. Questo aumentò la fiducia e la responsabilità delle parti nel processo e il raggiungimento di una soluzione: fu lanciato ufficialmente il processo di pace il 1° marzo 2017.

Furono istituite la Commissione per il Decentramento e la Commissione per gli Affari Militari, e una Squadra congiunta di monitoraggio e verifica per sorvegliare il rispetto del cessate il fuoco e indagare sulle denunce di conflitti come misura di rafforzamento della fiducia.

Anche con l’improvvisa morte del leader della Renamo il 3 maggio 2018 e la nomina di Ossufo Momade come leader ad interim, i memorandum d’intesa furono perseguiti in modo soddisfacente. L’Accordo per la cessazione definitiva delle ostilità militari e l’Accordo di Maputo per la Pace e Riconciliazione Nazionale nell’agosto 2019 impegnarono entrambe le parti a porre fine a tutte le ostilità politiche e militari e ad attuare pienamente il pacchetto legislativo sul decentramento. È inoltre ribadito il desiderio di un futuro di pace e riconciliazione e il dialogo come mezzo prioritario per risolvere le controversie.

 

Una speranza di pace

Nel 30° anniversario dell’AGP il Mozambico non ha ancora sperimentato la pace che desidera. Ha vissuto per circa vent’anni una relativa sosta dell’eco delle armi, senza essere in pace politica, economica e sociale, riconciliato e poter quindi vivere la felicità di cui ogni popolo dovrebbe godere. I risultati elettorali spesso considerati fraudolenti furono il pretesto per una sequenza di conflitti armati, anche se la questione elettorale non spiega tutto il problema della conflittualità.

L’Accordo di Maputo ha facilitato la fine di anni di conflitto e ha posto l’enfasi sulla necessità di promuovere la riconciliazione nazionale per raggiungere la pace. Per una pace effettiva è necessario rafforzare la democrazia nel paese e creare un ambiente che consenta risultati sostanziali nel dialogo politico tra i principali partiti politici e nel dialogo sociale che coinvolga la società civile nella sua grande diversità; un dialogo permanente che affronti e negozi gli elementi di conflitto in dettaglio.

Molti mozambicani sperano che tra le due principali forze politiche e sociali del Mozambico, Frelimo e Renamo, ci sia l’impegno a non combattersi di nuovo. Tuttavia, c’è bisogno di coraggio nella società mozambicana per creare una Commissione per la Verità e la Riconciliazione. I metodi utilizzati finora, basati sulla democrazia elettorale, i cambiamenti della Costituzione e gli abbracci dopo la firma degli accordi, non sono stati in grado di rompere la mentalità fondata sulla logica di intolleranza, odio e diffidenza. I mozambicani dovrebbero sperimentare una Commissione per la Verità e la Riconciliazione che potesse aiutare a risolvere o minimizzare gli odi reciproci che sono cresciuti da quando il Mozambico è diventato indipendente.

Samuel Simango *

* Coordinatore del Corso di scienze politiche e relazioni internazionali dell’Università Cattolica del Mozambico

(libera traduzione dal portoghese di sr Anna Fontana)