Tre P per la vita: preghiera, povertà e passione

28
Set

Il XIV capitolo generale trova una sintesi ispirante in quello che viene definito il passaggio vitale: lì confluiscono quegli elementi di futuro che lo Spirito ha suggerito, e tra questi il desiderio di condividere la nostra spiritualità e missione con laiche e laici, per crescere con loro come famiglia carismatica. Questo desiderio si è tradotto in obiettivo e l’obiettivo in occasione concreta per vivere un momento di spiritualità pensato, realizzato e vissuto insieme.

Il primo passo è stata la costituzione di una commissione che avesse al suo interno suore e laici per poter pensare insieme formazione e spiritualità e dare così spazio e voce ad una pluralità di idee e di esigenze che raccogliessero la sfida di un “con i laici” capace di sostituire il consueto “per i laici”. Nasce così un weekend di spiritualità che si realizza nei giorni 14-17 luglio a Villa Giovanna- Gallio. Il desiderio era quello di regalarci un tempo in cui la vita e la Parola potessero illuminarsi a vicenda, l’ascolto dell’altro e il riposo avessero uno spazio di sacralità, la preghiera e il silenzio potessero impreziosire la condivisione e il confronto. Tutto questo arricchito dall’esperienza e dalle intuizioni di Madre Giovanna che offre anche oggi la possibilità di attingere ad un carisma che cresce con le persone che lo abbracciano e lo vivono.

“Tre P per la vita: preghiera, povertà, passione” diventano più di uno slogan, diventano tre strade percorse da Giovanna ma che possono essere percorse anche oggi da chiunque voglia vivere la propria fede in modo profondo e concreto, libero e liberante.

Ad accogliere l’invito è stato un sostanzioso gruppo di laiche e laici, anche alcune coppie, provenienti da tutta Italia: alcune persone fanno parte del gruppo Kar.in, altre fanno parte dei gruppi Am.or, Amici di Villa Savardo e del gruppo missionario, altre ancora sono dipendenti della congregazione… tutti accomunati da un unico intento: quello di fermarsi, in disparte, lontano da una quotidianità spesso frenetica, per riposarsi un po’, proprio come suggeriva il Vangelo di quei giorni (cfr Mc 6,31). In fondo l’invito veniva proprio da lì, da una Parola che propone cammini nuovi e inediti per rispondere alle domande più intime, quelle che abitano il cuore e che trovano spazio nel coraggio di aderire ad un tempo diverso, un tempo dello spirito che sempre ridona il centuplo.

È stato davvero un tempo di stupore, non solo per la Parola spezzata che come un pozzo offre la possibilità di scavare e di trovare un’acqua fresca che disseta per la vita, ma anche per la convivialità delle persone: provenienze, storie, esperienze diverse che si sono incontrate e che subito hanno gustato il sapore della compagnia, della famigliarità, della condivisione, della confidenza e della consegna della vita attraverso l’ascolto e l’accoglienza reciproci. Questo è stato possibile grazie ai laboratori pomeridiani che hanno permesso a tutti di avere un ruolo attivo, di mettersi in gioco con la propria vita e la propria spiritualità favorendo la conoscenza reciproca e sperimentando la ricchezza che ciascuno è per l’altro. È lo stupore dell’incontro tra persone che condividono lo stesso dono e che in maniera diversa già sono famiglia carismatica.

Le giornate erano scandite, oltre che dalla preghiera, da un percorso biblico animato da Donatella Mottin, sr Annamaria Confente e sr Lucia Antonioli che hanno lasciato parlare la Scrittura proponendo alcuni passi biblici che illuminassero il tema della preghiera, della povertà e della passione, ma anche da una ricca presentazione della figura di Madre Giovanna che sr Maria Coccia ha saputo rendere particolarmente vicina. Un intreccio di voci femminili che hanno dato spazio alla Parola ma anche ad alcune suggestioni carismatiche che hanno regalato unità al percorso.

 

“Si ritirò in un luogo deserto e lì pregava” (Mc 1,35)

È questo il filo conduttore della giornata sulla preghiera che inizia con la straordinaria figura di Gesù e la sua esperienza di preghiera narrata nei Vangeli. Donatella sceglie tre aspetti per entrare nel tema: la preghiera per il discernimento, la preghiera esaudita e la preghiera nelle difficoltà e nell’angoscia in cui si può sperimentare il silenzio di Dio. Un viaggio che parte dal monte delle tentazioni (Mt 4,1-2) in cui Gesù arriva “spinto” dallo Spirito per capire-discernere che messia vuole essere e si trova ad affrontare le inevitabili tentazioni, per passare poi su un altro monte in cui Gesù si ritira in preghiera per scegliere i dodici (Lc 6,12-13). Il viaggio continua con la preghiera di Gesù esaudita dal Padre per la resurrezione di Lazzaro: “Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Lo sapevo che mi dai sempre ascolto…” (Gv 11,41-42), per concludersi poi al Getzemani in cui Gesù … pregava dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo del cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente e il sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra (Lc 22,39-42). La preghiera è presente in tutta la vita di Gesù e accompagna i momenti più delicati mostrando non le soluzioni ma la modalità con cui abitare le situazioni: Gesù sceglie di abbandonarsi al Padre. E anche l’esperienza di assenza diventa luogo in cui la fede si radica in modo più solido. Luca, solo lui, narra la presenza di un angelo che consola: è un frammento di cielo che cade sulla terra per rincuorare, è la carezza di Dio che raggiunge l’uomo nel buio e nel silenzio. A queste sollecitazione di grande respiro spirituale fa da eco l’esperienza di Madre Giovanna che alla precarietà della vita risponde con la profondità della preghiera: “la preghiera andava innaffiando l’anima mia” (Mem. I,3). Anche Madre Giovanna trova nella preghiera quella fonte d’acqua viva capace di render feconda la sua vita. Più cresce l’amore verso Dio più cresce la volontà di aderire alla sua volontà. E l’abbandono all’amore di Dio fa crescere Giovanna verso la libertà. Nella preghiera vive questa straordinaria esperienza di libertà mentre cresce in Giovanna il desiderio di santità.

“Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do”

Con lo storpio alla porta del tempio (At 3,1-10) si apre la seconda giornata: insolito testo per parlare di povertà ma decisamente incisiva l’esperienza di quest’uomo che porta direttamente dentro le povertà di ciascuno perché non sono solo povertà materiali, di cui qualcuno potrebbe essere esente, ci sono povertà nello spirito che diventano necessità efficaci. Tale povertà è data dalla consapevolezza di essere limitati fin dalla nascita, bisognosi di tante cure, di presenze, di cose. La povertà di spirito intesa come capacità recettiva e apertura che è il contrario dell’autosufficienza; la povertà appartiene a chi sa che la sua vita cresce, sia per l’impegno e la determinazione personale, sia per la disponibilità ad aprirsi per lasciarsi riempire dall’amore, dall’aiuto, dalla presenza, dalla misericordia degli altri e di Dio. Così la vita fluisce, scorre dagli uni agli altri; così si cresce, si acquista solidità e stabilità: in un certo senso si “diventa ricchi” e si apprende la disponibilità ad essere dono per gli altri.

Così intesa la povertà è occasione di grazia, come direbbe papa Francesco. Salvati dall’amore si sperimenta la bellezza dell’amore: il miracolo è credere di essere amati. È la forza di Madre Giovanna che trasforma la povertà in provvidenza, la trasforma in spazio da riempire con l’amore provvidente di Dio. Per Giovanna la provvidenza è possibilità concreta di procurarsi quanto necessario: “la provvidenza divina mi aprì una via, cioè un lavoro migliore, dove trovai non solo vantaggio per il corpo, ma quello che più importa per l’anima” (Mem. I,9). Giovanna lega indissolubilmente il tema della povertà e della provvidenza con l’esperienza fondamentale del lavoro che diventa così riscatto perché non è solo fonte di guadagno ma occasione per mettersi a servizio del bene, occasione per vivere la virtù dell’umiltà, realizzazione di quella abnegazione di sé che vede i piccoli innalzati da Dio. Se la povertà è assunta e scelta può trasformarsi in gioia: la gioia del Vangelo.

 

“Lo zelo per la tua gloria o Dio mi divora!” (1Re18)

Con il profeta Elia si apre l’affascinante tema della passione nella sua duplice accezione: da una parte la passione accende dall’altra consuma, da una parte divampa dall’altra distrugge, da una parte riscalda dall’altra brucia, da una parte dà vita, dall’altra consuma. Elia è il profeta rapito dal carro di fuoco: termina la sua vita in modo infuocato, come tutta la sua vita! Un profeta associato al fuoco che trova la sua massima espressione ripresa anche da Gesù al tempio: “lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,17). Ritorna spesso nei vangeli in riferimento al Messia e allo zelo che anima il Signore.

La passione anima, dà forza, mette in movimento e rende disponibili al sacrificio: cosa non si fa per le proprie passioni, sia materiali che spirituali. La passione che Madre Giovanna chiama zelo è quell’attitudine che fa trovare modi sempre nuovi di agire, cercare linguaggi e immagini attuali, strategie di avvicinamento e di appassionamento… per attirare altri in quella passione che si vive ardentemente. È ricerca incessante di far conoscere, se possibile a tutto il mondo, ciò che appassiona ciò per cui la vita vibra. Per Giovanna la vera passione è Gesù: “La mia vita sia consumata in olocausto al vostro amore, o dolce, o amabile sposo Gesù” (Lettera 74) e la consumazione nell’amore non è distruzione ma disponibilità a perdersi nell’altro, nell’amore, ed è lì che si ritrova se stessi in pienezza. Allora proprio Giovanna sembra lasciarci un monito delicato e allo stesso tempo fermo e rincuorante: “Fa tutto con Gesù e per Gesù ed Egli saprà numerare i tuoi passi i tuoi sospiri le tue azioni e ti darà in compenso di tutto l’amor Suo” (Lettera 54). Eh sì, “è un monte alto da salire, ma il cammino sarà leggero e soave se saremo unite al nostro diletto Sposo, Gesù” (Lettera 23): un invito che risuona nel nostro desiderio di camminare come famiglia carismatica per seguire insieme il Signore e trovare sempre nuove strade di condivisione ma anche di fecondità di un carisma che è dono per tutti.

sr Michela Vaccari

Il XIV capitolo generale trova una sintesi ispirante in quello che viene definito il passaggio vitale: lì confluiscono quegli elementi di futuro che lo Spirito ha suggerito, e tra questi il desiderio di condividere la nostra spiritualità e missione con laiche e laici, per crescere con loro come famiglia carismatica. Questo desiderio si è tradotto in obiettivo e l’obiettivo in occasione concreta per vivere un momento di spiritualità pensato, realizzato e vissuto insieme.

Il primo passo è stata la costituzione di una commissione che avesse al suo interno suore e laici per poter pensare insieme formazione e spiritualità e dare così spazio e voce ad una pluralità di idee e di esigenze che raccogliessero la sfida di un “con i laici” capace di sostituire il consueto “per i laici”. Nasce così un weekend di spiritualità che si realizza nei giorni 14-17 luglio a Villa Giovanna- Gallio. Il desiderio era quello di regalarci un tempo in cui la vita e la Parola potessero illuminarsi a vicenda, l’ascolto dell’altro e il riposo avessero uno spazio di sacralità, la preghiera e il silenzio potessero impreziosire la condivisione e il confronto. Tutto questo arricchito dall’esperienza e dalle intuizioni di Madre Giovanna che offre anche oggi la possibilità di attingere ad un carisma che cresce con le persone che lo abbracciano e lo vivono.

“Tre P per la vita: preghiera, povertà, passione” diventano più di uno slogan, diventano tre strade percorse da Giovanna ma che possono essere percorse anche oggi da chiunque voglia vivere la propria fede in modo profondo e concreto, libero e liberante.

Ad accogliere l’invito è stato un sostanzioso gruppo di laiche e laici, anche alcune coppie, provenienti da tutta Italia: alcune persone fanno parte del gruppo Kar.in, altre fanno parte dei gruppi Am.or, Amici di Villa Savardo e del gruppo missionario, altre ancora sono dipendenti della congregazione… tutti accomunati da un unico intento: quello di fermarsi, in disparte, lontano da una quotidianità spesso frenetica, per riposarsi un po’, proprio come suggeriva il Vangelo di quei giorni (cfr Mc 6,31). In fondo l’invito veniva proprio da lì, da una Parola che propone cammini nuovi e inediti per rispondere alle domande più intime, quelle che abitano il cuore e che trovano spazio nel coraggio di aderire ad un tempo diverso, un tempo dello spirito che sempre ridona il centuplo.

È stato davvero un tempo di stupore, non solo per la Parola spezzata che come un pozzo offre la possibilità di scavare e di trovare un’acqua fresca che disseta per la vita, ma anche per la convivialità delle persone: provenienze, storie, esperienze diverse che si sono incontrate e che subito hanno gustato il sapore della compagnia, della famigliarità, della condivisione, della confidenza e della consegna della vita attraverso l’ascolto e l’accoglienza reciproci. Questo è stato possibile grazie ai laboratori pomeridiani che hanno permesso a tutti di avere un ruolo attivo, di mettersi in gioco con la propria vita e la propria spiritualità favorendo la conoscenza reciproca e sperimentando la ricchezza che ciascuno è per l’altro. È lo stupore dell’incontro tra persone che condividono lo stesso dono e che in maniera diversa già sono famiglia carismatica.

Le giornate erano scandite, oltre che dalla preghiera, da un percorso biblico animato da Donatella Mottin, sr Annamaria Confente e sr Lucia Antonioli che hanno lasciato parlare la Scrittura proponendo alcuni passi biblici che illuminassero il tema della preghiera, della povertà e della passione, ma anche da una ricca presentazione della figura di Madre Giovanna che sr Maria Coccia ha saputo rendere particolarmente vicina. Un intreccio di voci femminili che hanno dato spazio alla Parola ma anche ad alcune suggestioni carismatiche che hanno regalato unità al percorso.

 

“Si ritirò in un luogo deserto e lì pregava” (Mc 1,35)

È questo il filo conduttore della giornata sulla preghiera che inizia con la straordinaria figura di Gesù e la sua esperienza di preghiera narrata nei Vangeli. Donatella sceglie tre aspetti per entrare nel tema: la preghiera per il discernimento, la preghiera esaudita e la preghiera nelle difficoltà e nell’angoscia in cui si può sperimentare il silenzio di Dio. Un viaggio che parte dal monte delle tentazioni (Mt 4,1-2) in cui Gesù arriva “spinto” dallo Spirito per capire-discernere che messia vuole essere e si trova ad affrontare le inevitabili tentazioni, per passare poi su un altro monte in cui Gesù si ritira in preghiera per scegliere i dodici (Lc 6,12-13). Il viaggio continua con la preghiera di Gesù esaudita dal Padre per la resurrezione di Lazzaro: “Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Lo sapevo che mi dai sempre ascolto…” (Gv 11,41-42), per concludersi poi al Getzemani in cui Gesù … pregava dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo del cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente e il sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra (Lc 22,39-42). La preghiera è presente in tutta la vita di Gesù e accompagna i momenti più delicati mostrando non le soluzioni ma la modalità con cui abitare le situazioni: Gesù sceglie di abbandonarsi al Padre. E anche l’esperienza di assenza diventa luogo in cui la fede si radica in modo più solido. Luca, solo lui, narra la presenza di un angelo che consola: è un frammento di cielo che cade sulla terra per rincuorare, è la carezza di Dio che raggiunge l’uomo nel buio e nel silenzio. A queste sollecitazione di grande respiro spirituale fa da eco l’esperienza di Madre Giovanna che alla precarietà della vita risponde con la profondità della preghiera: “la preghiera andava innaffiando l’anima mia” (Mem. I,3). Anche Madre Giovanna trova nella preghiera quella fonte d’acqua viva capace di render feconda la sua vita. Più cresce l’amore verso Dio più cresce la volontà di aderire alla sua volontà. E l’abbandono all’amore di Dio fa crescere Giovanna verso la libertà. Nella preghiera vive questa straordinaria esperienza di libertà mentre cresce in Giovanna il desiderio di santità.

“Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do”

Con lo storpio alla porta del tempio (At 3,1-10) si apre la seconda giornata: insolito testo per parlare di povertà ma decisamente incisiva l’esperienza di quest’uomo che porta direttamente dentro le povertà di ciascuno perché non sono solo povertà materiali, di cui qualcuno potrebbe essere esente, ci sono povertà nello spirito che diventano necessità efficaci. Tale povertà è data dalla consapevolezza di essere limitati fin dalla nascita, bisognosi di tante cure, di presenze, di cose. La povertà di spirito intesa come capacità recettiva e apertura che è il contrario dell’autosufficienza; la povertà appartiene a chi sa che la sua vita cresce, sia per l’impegno e la determinazione personale, sia per la disponibilità ad aprirsi per lasciarsi riempire dall’amore, dall’aiuto, dalla presenza, dalla misericordia degli altri e di Dio. Così la vita fluisce, scorre dagli uni agli altri; così si cresce, si acquista solidità e stabilità: in un certo senso si “diventa ricchi” e si apprende la disponibilità ad essere dono per gli altri.

Così intesa la povertà è occasione di grazia, come direbbe papa Francesco. Salvati dall’amore si sperimenta la bellezza dell’amore: il miracolo è credere di essere amati. È la forza di Madre Giovanna che trasforma la povertà in provvidenza, la trasforma in spazio da riempire con l’amore provvidente di Dio. Per Giovanna la provvidenza è possibilità concreta di procurarsi quanto necessario: “la provvidenza divina mi aprì una via, cioè un lavoro migliore, dove trovai non solo vantaggio per il corpo, ma quello che più importa per l’anima” (Mem. I,9). Giovanna lega indissolubilmente il tema della povertà e della provvidenza con l’esperienza fondamentale del lavoro che diventa così riscatto perché non è solo fonte di guadagno ma occasione per mettersi a servizio del bene, occasione per vivere la virtù dell’umiltà, realizzazione di quella abnegazione di sé che vede i piccoli innalzati da Dio. Se la povertà è assunta e scelta può trasformarsi in gioia: la gioia del Vangelo.

 

“Lo zelo per la tua gloria o Dio mi divora!” (1Re18)

Con il profeta Elia si apre l’affascinante tema della passione nella sua duplice accezione: da una parte la passione accende dall’altra consuma, da una parte divampa dall’altra distrugge, da una parte riscalda dall’altra brucia, da una parte dà vita, dall’altra consuma. Elia è il profeta rapito dal carro di fuoco: termina la sua vita in modo infuocato, come tutta la sua vita! Un profeta associato al fuoco che trova la sua massima espressione ripresa anche da Gesù al tempio: “lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,17). Ritorna spesso nei vangeli in riferimento al Messia e allo zelo che anima il Signore.

La passione anima, dà forza, mette in movimento e rende disponibili al sacrificio: cosa non si fa per le proprie passioni, sia materiali che spirituali. La passione che Madre Giovanna chiama zelo è quell’attitudine che fa trovare modi sempre nuovi di agire, cercare linguaggi e immagini attuali, strategie di avvicinamento e di appassionamento… per attirare altri in quella passione che si vive ardentemente. È ricerca incessante di far conoscere, se possibile a tutto il mondo, ciò che appassiona ciò per cui la vita vibra. Per Giovanna la vera passione è Gesù: “La mia vita sia consumata in olocausto al vostro amore, o dolce, o amabile sposo Gesù” (Lettera 74) e la consumazione nell’amore non è distruzione ma disponibilità a perdersi nell’altro, nell’amore, ed è lì che si ritrova se stessi in pienezza. Allora proprio Giovanna sembra lasciarci un monito delicato e allo stesso tempo fermo e rincuorante: “Fa tutto con Gesù e per Gesù ed Egli saprà numerare i tuoi passi i tuoi sospiri le tue azioni e ti darà in compenso di tutto l’amor Suo” (Lettera 54). Eh sì, “è un monte alto da salire, ma il cammino sarà leggero e soave se saremo unite al nostro diletto Sposo, Gesù” (Lettera 23): un invito che risuona nel nostro desiderio di camminare come famiglia carismatica per seguire insieme il Signore e trovare sempre nuove strade di condivisione ma anche di fecondità di un carisma che è dono per tutti.

sr Michela Vaccari