La memoria del segno di Giona come via per cogliere i segni dei tempi
Sono vari i brani del Vangelo che fanno riferimento al tema del discernimento, e tutti gli evangelisti ne inseriscono alcuni nei loro racconti. Particolarmente significativo è quello che si legge in Matteo, nei primi versetti del sedicesimo capitolo, perché non solo parla di discernimento, ma sottolinea come ciascuno dei credenti sia in grado di leggere i segni che ci permettono di discernere la realtà.
Il testo presenta un gruppo di farisei e sadducei che si avvicinano a Gesù con l’intenzione di metterlo alla prova: gli chiedono un segno che provenga dal cielo, per poter credere in lui.
Sembra paradossale che questa richiesta venga inserita nel Vangelo dopo i racconti in cui Gesù aveva guarito molte persone ed aveva condiviso, con chi lo seguiva, la seconda moltiplicazione del pane e dei pesci; come se non bastasse la persona di Gesù con le sue opere come segno per eccellenza dell’opera di Dio nel mondo.
Eppure chiedono un segno diverso rispetto a quanto hanno potuto vedere, come spesso facciamo anche noi, non osservando ciò che Dio già ci ha donato, ma chiedendo altro.
Quello che si desidera, in fondo, sono segni a nostra misura, che confermino i nostri pensieri e facciano sparire le nostre paure. Così è per i farisei e i sadducei che vogliono un segno dal cielo che confermi la loro idea di Dio senza far nascere dubbi, domande e/o cambiamenti.
Il dono della guarigione a chi è in difficoltà, il condividere un pane che sazia ogni fame moltiplicandolo per tutti coloro che sono raggiungibili, non vengono considerati segni sufficienti: quelli che mancano sono segni di forza, di potenza, che facciano comprendere che siamo dalla parte giusta. La risposta di Gesù è un rimando a quello che già chi lo interpella sa fare, se guarda alla sua vita quotidiana. Addirittura sono in grado di interpretare la realtà anche se si presenta in modo simile, ma in situazioni e con risultati diversi e opposti: il rosso del cielo a sera che fa pensare a una giornata positiva, o quello nella mattinata che potrebbe invece annunciare pioggia.
Le domande/affermazioni di Gesù, che suonano come un rimprovero, sono rivolte ai farisei e ai sadducei lì presenti, ma anche a ciascuno di noi: sappiamo interpretare l’aspetto del cielo e non sappiamo leggere i segni dei tempi! Certo il fatto che come credenti non siamo mai stati considerati adulti nella fede, ma dipendenti dal clero, non ha aiutato a maturare la consapevolezza di poter capire e discernere. Rimane comunque la difficoltà di individuare i segni dei tempi nelle varie epoche e soprattutto di discernere, in tutto ciò che accade, quello che è davvero segno del tempo da accogliere, far germogliare e crescere.
Per i farisei il segno più importante da riconoscere era proprio Gesù, per noi oggi è forse più difficile discernere perché segni dei tempi possono essere anche eventi storici particolari, sia positivi che negativi, e diventa quindi complicato discernere. È necessario confidare con ancora più costanza e attenzione in ciò che lo Spirito ci dice.
La risposta di Gesù, a chi più di altri dovrebbe mantenere una costante relazione con Dio, è un rimprovero molto duro: “perversi e adulteri”, che rivolge a una generazione che non è limitata a quella del suo tempo, ma a tutti coloro che tendono a comportarsi nello stesso modo, deviando e volgendosi altrove (per-versi) cercando altri idoli in cui porre le proprie attese e i propri desideri (adulteri).
Per queste persone, Gesù richiama come unica risposta la memoria del segno di Giona, e con questa indicazione ci invita a chiedere il dono dello Spirito attraverso la preghiera che è l’ascolto e la continua rilettura delle Scritture.
Il riferimento all’esperienza di Giona ci pone davanti molti segni ricchi di significato: dall’accettare di vivere l’annuncio anche nei confronti di chi si considera lontano o nemico (Giona deve andare a Ninive, popolazione che aveva oppresso gli ebrei), all’accogliere con stupore e gratitudine, invece che con disappunto e rabbia, la misericordia di Dio nei confronti di chi non è dei “nostri” (Dio non distrugge Ninive, ma perdona i suoi abitanti).
Soprattutto il segno che la maggioranza degli studiosi riconosce come quello di cui parlava Gesù: Giona salvato dopo tre giorni passati nella pancia del grande pesce. Mentre ogni essere umano cerca segni che gli permettano di uscire dal buio, dalla notte, dall’ingiustizia e soprattutto dal dolore, il Signore è colui che, con la sua morte, entra nella notte di ogni essere umano e rimane con lui. Questo è l’unico segno che il Signore dà: stare accanto nel buio, per accompagnare verso la luce. Questo è l’avvenimento che permette di guardare quanto accade e poter discernere ciò che può aiutare il Regno ad emergere, come luce, dal buio.
Donatella Mottin