Testimonianze da Casa Rut sull’8 febbraio

15
Feb

Arrivano da Casa Rut molte risonanze della giornata dell’8 febbraio. Ne condividiamo alcune da parte della comunità e anche di altri amici ed amiche.

Mercoledì 8 febbraio, memoria di Giuseppina Bakhita, si celebra la Giornata Mondiale di riflessione e preghiera contro la tratta di esseri umani.
Casa Rut, dopo anni di stand-by, dovuto alla pandemia, ha ripreso, come negli anni precedenti, la consueta veglia di preghiera, dal tema “CAMMINARE PER LA DIGNITÀ”, che si è svolta nella Cattedrale di Caserta, con la presenza del nostro Vescovo, Pietro Lagnese.
Nonostante il freddo, la presenza, l’affetto, l’amicizia di molti, i testi e le testimonianze che arrivavano al cuore, il canto che come una dolce melodia ci avvolgeva e portava oltre la notte, oltre l’invisibile, all’incontro con la Parola, hanno riscaldato e ravvivato i cuori di ciascuno di noi, come ai viandanti di Emmaus.
Al termine della veglia ci siamo lasciati portando nel cuore un invito, un impegno: essere stelle, luce che brillano a fianco di donne, uomini, bambini che ancora oggi vivono nell’oscurità della tratta e attendono di “camminare Insieme” “dalle tenebre alla luce” della dignità umana.
Ora vogliamo lasciare spazio, voce a chi ha condiviso con noi l’ebrezza di sentirsi “stella “che unita alle altre stelle, formano una “Costellazione”.

Sr. Agnese, sr. Flora, sr. Dominique

L’incontro di preghiera di ieri è stato molto emozionante, perché mi son sentita parte di una grande famiglia unita in preghiera. Dove ognuno di noi può lasciare un segno, nel nostro piccolo, oltre la preghiera ma con i gesti, con la possibilità concreta di poter aiutare il prossimo. L’importanza di poterci guardare intorno ed andare oltre le nostre singole vite, piccole cose insieme possono creare grandi cose. Spesso veniamo presi dallo sconforto del male e della violenza che ci circonda. Ma possiamo lasciare un segno con l’amore.

Daniela

Ieri sera, come nel canto, ho sentito, forte e inequivocabile, la presenza di Dio anche nel velo d’ombra che a volte mi pesa sul cuore. Era nel silenzio, nel suono delle percussioni, avvolgente e ritmato come battito del cuore del mondo. Era nello sguardo delle persone che si fanno compagne di cammino, nello spezzare la parola come sulla via di Emmaus, nella sete comune di un’acqua pura che risana ferite. Era nella condivisione senza giudizio, nell’esserci senza condizioni. Nel gelo della sera la forza di rialzarsi, di ricominciare, di sfidare la rassegnazione e brillare come stelle per la propria e l’altrui notte.

Benedetta

Mi sono sentita dannatamente fortunata. É ingiusto che ancora oggi possa essere una condanna nascere donna, possa essere una condanna nascere in un Paese in cui i concetti di dignità umana, diritto e libertà siano sconosciuti. È vero, noi possiamo intervenire fornendo aiuto, tendendo una mano a chi scappa da realtà che per fortuna possiamo solo immaginare, ma riflettevo sul fatto che nella maggior parte dei casi interveniamo quando l’anima di un essere umano è stata già calpestata, quando traumi indelebili hanno già scalfito le vite di chi ha “l’unica colpa” di essere nato nel posto sbagliato. Se noi, che viviamo in uno Stato democratico dove il rispetto dell’altro e la solidarietà sono baluardi imprescindibili nella convivenza sociale, ci sentiamo spesso fragili, disillusi da una società che fatichiamo spesso a comprendere, poco fiduciosi verso l’altro, come dovrebbe sentirsi chi agli occhi dell’altro non è nemmeno un essere umano? Quanto è difficile recuperare poi quella fiducia?

Felicia

Per me il momento di ieri sera, è stato un modo per rientrare in pieno in uno dei temi più tristi e dolorosi che ci affligge. Un modo per poter sentire storie per meditare su quello che tutti i giorni succede ai nostri fratelli che hanno avuto la sfortuna di ritrovarsi in questi contesti di violenza, abuso, delegittimazione della propria persona e del proprio io. È stato un modo anche per vedere che insieme a me ed al mio Clan/ gruppo scout c’è altra gente che è intenzionata a muoversi anche se nel proprio piccolo per porre fine o almeno alleviare il dolore che queste persone sono costrette a vivere. Un modo anche per riaccendere una luce di speranza e un modo per informarsi e sapere.

José

Rientrata a casa ho guardato la mia splendida bambina che dormiva beata e ho pensato a quanto fosse fortunata nascendo dalla parte “giusta” del mondo. La serenità ha lasciato il posto al dolore per le migliaia di bambine di 4 anni in tutto il mondo a cui nessuno insegnerà che il proprio corpo non è merce da vendere; che non potranno avere ogni giorno un pasto caldo, una coperta e un bacio della buona notte dalla mamma; che hanno diritto di studiare e diventare ciò che vogliono; che a 4 anni i bimbi devono solo giocare e che in fondo la vita può essere un trionfo di gioia a colori.  Dal dolore è nata la consapevolezza e con essa il senso del dovere: lottare, nel mio piccolo, per educare le generazioni future al rispetto della dignità di tutti!

Rosa

Le storie di quelle persone mi sono entrate dentro e, quando ti rendi conto che la vita è un dono molto fragile, gli ostacoli quotidiani non ti sembrano neanche più degli ostacoli.

Chiara