I lavori del Sinodo sulla Sinodalità servono non tanto per aumentare le opere ma per far crescere la consapevolezza di “essere Sinodo”. Attorno a questa direttrice, si è tenuta nel pomeriggio di oggi, 26 giugno, presso la sede dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), il webinar “Per una Chiesa in cammino sinodale: Presentazione dell’Instrumentum Laboris del Sinodo”.
Il Sinodo non è anarchia, né dittatura: è collegialità
Suor Nathalie Becquart, sottosegretaria della Segreteria Generale del Sinodo, si è alternata con il teologo Rafael Luciani, esperto presso la Commissione Teologica della Segreteria Generale del Sinodo, nell’evidenziare anche in questa sede come l’obiettivo del Sinodo non è redigere documenti ma impiantare il sogno di una Chiesa in cui si rafforzino comunione, partecipazione e corresponsabilità. Ciò presuppone il rinnovare anche il linguaggio e i carismi in una prospettiva sinodale. “Dobbiamo sconfiggere il colonialismo”, è stato ribadito. La questione della forza profetica delle donne, oltre i limiti del clericalismo, è stato un altro aspetto centrale, su cui peraltro convergono molte aspettative, così come il problema degli scandali e degli abusi nella Chiesa. “Dobbiamo abbracciare la sacralità della collegialità”, ha detto suor Nathalie, che ha sintetizzato: ragionare in termini sinodali non significa cedere all’anarchia, ma nemmeno alla dittatura. Rafforzare la trasparenza nella Chiesa e ripensare alla redistribuzione del potere, sono altri cardini rilanciati in questo incontro.
Con il Sinodo è in gioco la riforma più importante dal Vaticano II
Abbiamo a che fare con “il processo di riforma più importante che la Chiesa ha intrapreso dopo il Concilio Vaticano II”, ha affermato Luciani, che ha insistito molto sulla necessità di “camminare al fianco degli esclusi, in un viaggio corale e congiunto, nel quale i poveri sono protagonisti. Molti si sentono discriminati – ha precisato – pensiamo ai divorziati e risposati, ai poligami, alle persone lgbtqi+. Pensiamo anche ai rifugiati, ai migranti, ai senzatetto, ai bambini di strada… Vogliamo essere attenti al contesto in cui viviamo, per proclamare un Vangelo da articolare meglio nei contesti locali, senza trascurare l’evangelizzazione del continente digitale. Stiamo costruendo una Chiesa delle Chiese e bisogna dare vita ad una serie di connessioni, in una ottica fondata sulla sussidiarietà”.
Bisogno di comunità sempre più generative
“Il Sinodo è un cammino aperto che si tesse grazie all’incontro, al dialogo e alla condivisione, perché ci sia una trasformazione interiore che ci porti al coraggio profetico”, così suor Nadia Coppa, presidente dell’UISG – superiora generale delle Adoratrici del Sangue di Cristo, che ha parlato del desiderio di “comunità sempre più generative”. In un tempo segnato da esclusione e perdita della speranza nel futuro, le donne consacrate avvertono che si profilano chiamate “forti” per loro. La religiosa ha invitato altresì a non confondere la missione con le opere. “La missione – ha detto – è coltivare la comunione. E allora bisogna chiedersi: perché la vita religiosa ha perso di incidenza? Forse perché abbiamo perso proprio la comunione, che è un dono, un impegno, un processo. Quali trincee sono infeconde? Quali ripari e protezioni dobbiamo costruire? Le nostre strutture sono libere e liberanti? Perché è questo ciò che davvero attrae”. Suor Coppa si è soffermata inoltre sul termine ‘autorità’ che indica il far crescere gli altri. Da qui si è posta ancora una domanda: “Che tipo di servizio offriamo? Un laccio che blocca oppure no?”. Come priorità c’è il bisogno di una formazione al servizio proprio in modalità partecipativa, e in vista di questo obiettivo sarà suor Maria Cimperman, rscj, docente di Etica teologica e Vita consacrata presso la Catholic Theological Union (Chicago, USA) – che da settembre prossimo entrerà a far parte dello staff della UISG – a coordinare il sostegno per le circa 1900 superiore generali nel vivere questo impegno sinodale.
Fare Sinodo vs essere Sinodo
Richiamando l’appello di Papa Francesco per cui “non dobbiamo fare un sinodo ma essere sinodo”, suor Coppa ha sottolineato anche il fatto, non marginale, che all’assemblea generale del Sinodo, in Aula Paolo VI, i delegati (la UISG ne avrà cinque) lavoreranno in piccoli gruppi riuniti attorno a tavoli tondi, tavoli misti, con vescovi, religiosi, laici: una piccola indicazione di metodo che “aiuterà a superare divisioni e polarizzazioni, che cambierà la dinamica del confronto. Uno stile che possiamo applicare nei nostri capitoli e nelle nostre riunioni”, ha aggiunto. Secondo suor María Rita Calvo Sanz, odn, del Consiglio Direttivo dell’UISG – superiora generale dell’Ordine della Compagnia di Maria Nostra Signora, “bisogna evitare che il mondo attorno a noi ci sia estraneo”, nella convinzione che la mistica dell’incontro aiuta a conoscere e la conoscenza promuove a sua volta accoglienza. “Le relazioni sono la base di tutto”, ha scandito. Le conclusioni sono state affidate a fratel Emili Turú, fms – segretario dell’Unione dei Superiori Generali: “Viviamo in un momento appassionante della storia della Chiesa. Le tensioni non mancano ma bisogna viverle e gestirle come impulso per costruire assieme”.