L’esperienza di Madre Giovanna mostra bene la dinamica vocazionale che innerva la vita di ciascuno
Carissima Madre Giovanna,
com’è bello comunicare, mettersi in ascolto, porre domande! La vita si arricchisce attraverso un confronto che supera le parole, coinvolgendo l’intera persona. Io, dopo averti conosciuta grazie alla testimonianza di alcune consorelle, credo di averti incontrata “personalmente” solo quando ho iniziato a dialogare con te, interrogando i tuoi scritti, la tua storia, il tuo percorso.
In un tempo di forte individualismo, mi sembra straordinario scoprire che la vita è intrinsecamente relazionale, fin dalla sua origine: nel concepimento – scaturito da un incontro – e poi nella nascita, Qualcuno ci invita a vivere. Con dolore riscontro l’amarezza, la solitudine, la mancanza di senso di chi conduce la propria vita come un monologo. Io sono grata a Dio di aver trascorso l’infanzia insieme a un fratellino di poco più piccolo, imparando subito che vivere è condividere, confrontarsi, aiutarsi reciprocamente, litigare e fare pace.
“Piacque al Signore che io venissi al mondo”: se arriviamo, come te, a intuire questa verità, la vita cambia acquistando un significato e un sapore diversi: l’esistenza non è frutto del caso, ma dell’amore di Dio. Io ci ho messo un po’ a comprenderlo, ma oggi mi sento desiderata, interpellata con benevolenza, invitata ad abitare la terra; mi sento parte di un disegno più vasto che spalanca gli orizzonti di ogni vita. Arricchisco la mia identità rispondendo alle situazioni che si presentano e accogliendo positivamente le sfide.
Tu hai avuto il dono di sentirti “chiamata fin dall’infanzia”, chiamata da Dio a una missione, senza forzature, libera di maturare la tua risposta. Dio – sempre rispettoso della nostra fragilità creaturale – ha accettato le tue “resistenze timorose” ed ha atteso che assecondare il suo progetto divenisse per te un’esigenza insopprimibile, che tu “giungessi al punto di non trovare pace se non aderivi alla Sua chiamata”. Tu stessa racconti: “Mi sono imposta più volte di non pensarci più, di lasciar fare a Dio, come a cosa che non mi riguarda, ma invece è proprio allora che questo desiderio si fa più ardente”.
Il desiderio di “servire il Signore con maggior perfezione e corrispondere, almeno in parte, alla bontà del suo cuore”, ti motivavano ad affrontare con lucido coraggio le difficoltà. A dispetto della tua fragilità fisica, l’amore sprigionava in te una forza morale inaudita. Così incoraggiavi la tua compagna Orsola: “per raggiungere la meta dobbiamo passarne di grosse, ma tutto sarà niente se ci sarà dato d’arrivare là, dove il nostro cuore desidera”.
La coscienza di essere “chiamata” – non una volta per tutte, ma giorno per giorno – ti poneva in atteggiamento costante di ascolto e di dialogo interiore con Gesù, per comprendere e assumere la sua volontà, senza opporle la tua. Gli appelli di Dio raramente sono chiari e immediati; sono piuttosto frutto di un cammino: quella “via oscura” che tu hai accettato di percorrere per “trovare la luce”. Sentivi “sempre più vivo il bisogno di conoscere e spiegare il mistero che tenevi in cuore e che continuamente” ti “faceva desiderare e talvolta sospirare”. Tale discernimento illuminava la tua strada e le tue scelte, ma anche i consigli spirituali che ti venivano richiesti. Lo dicevi apertamente: “ho domandato a Gesù che cosa devo dirti. Sai cosa parvemi rispondesse il buon Gesù?”.
Così le tue frequenti espressioni di lode, di benedizione, di offerta, di supplica rivelano quel dialogo intimo che creava una corrispondenza tra il tuo cuore e il suo. L’attitudine a un colloquio incessante con Gesù è tipica dei santi, di chi ama Dio; è un’esperienza vitale: suscita un dialogo con la Parola, con gli eventi, con le sorelle e i fratelli. Nel dialogo sperimentiamo che la verità è dinamica, che va interrogata e ascoltata, che chiede un’adesione libera; nel dialogo incontriamo un volto inedito di Dio e ci lasciamo interpellare profondamente da lui.
Come ogni discepolo, hai vissuto il paradosso di sentirti sempre più libera quanto più rinunciavi a te stessa – al senso di inadeguatezza, al timore di sbagliare, alla consapevolezza degli ostacoli – per rispondere all’amore che misteriosamente ti attirava. Gesù chiede “di rinnegare se stessi e di caricarsi della sua croce”; seguire Gesù comporta fidarsi della sua promessa: “chi tutto lascia, tutto trova”. Una volta un signore appassionato di danza mi ha convinta a ballare con lui: mettendo da parte le mie perplessità, mi sono lasciata guidare ed è stato bellissimo. Quali egoismi, rigidità, pregiudizi, “mi piace” e “non mi piace”, Gesù mi invita ad abbandonare per danzare con lui?
Tra tante voci altisonanti che ci abbagliano con false promesse di realizzazione, è difficile distinguere i sussurri di Dio, e rispondere agli appelli esigenti dell’amore sembra una perdita incolmabile. In realtà “chi lascia ricchezze, onori e piaceri (gli idoli che si impossessano del cuore) trova Gesù, e in Gesù si rinviene ogni ricchezza, ogni gloria, ogni gaudio”; solo a chi percorre questa via è dato di comprenderlo. Mi metto in ascolto, come te, per rispondere a colui che “mi ha chiamata non posso dire con quali inviti amorosi, mi ha si può dire accarezzata affinché lo amassi”.
Tua aff.ma figlia, Maria Coccia