Intervista a Emanuela Buccioni, biblista e ingegnere, a partire dal suo ultimo libro
Sono mesi che parliamo di ri-partenza e di ri-presa, di nuove progettualità post Covid. Forse nell’illusione di lasciare alle spalle un periodo così difficile per tutto il mondo, da non trovare quasi parole per esprimerlo? Un tempo da dimenticare, nella speranza ancora non certa di averlo superato? Non tratta specificamente di questo il libro di Emanuela Buccioni: ma parte dalle esperienze esistenziali che molte e molti di noi fanno lungo la vita, e abbiamo fatto particolarmente nel tempo del Covid, ritrovandole nelle storie di vita narrate dalla Bibbia. Un accostamento millenario, un intreccio esistenziale e sapiente, che può far guardare “oltre”.
Ricominciare: per sé, per gli altri, per un bene comune, è possibile sempre?
Secondo la Bibbia l’esperienza che accomuna piccoli e grandi, re e pastorelli, donne e uomini, profeti noti e personaggi marginali, è quella del trovarsi prima o poi a terra, in difficoltà. Per alcuni è la frustrazione di un progetto o di un sogno, per altri è una malattia, una sconfitta militare oppure l’incomprensione sempre in agguato in famiglia o nel gruppo a cui ci si rivolge. Tuttavia se c’è una lezione che possiamo trarre dalle tante storie di vita narrate nella Bibbia è che è sempre possibile ricominciare. A due condizioni. La prima è che si sappia entrare nel problema che ha causato la situazione che si vuole superare per operarne un distacco: guardare oltre, ascoltare altro. Noi siamo molto di più del male che ci ha colpiti, gli altri sono altro rispetto agli errori che hanno fatto, la vita è più vasta degli orizzonti nei quali siamo abituati a muoverci. La seconda condizione è che si accetti che la prova è una porta stretta: negarla o non volerla attraversare è la vera minaccia perché diminuisce la nostra chiamata di esseri umani, ci cambia in peggio, ma andare oltre, in qualche modo verso una dimensione di ignoto, significa lasciarsi trasformare, cambiare qualcosa di sé e del proprio rapporto con gli altri e le cose.
Parlare di consolazione dà l’idea di un addolcimento di situazioni difficili, quasi una fuga irenica dalla realtà. È così, nella Bibbia?
C’è anche una consolazione falsa e molesta: è quella degli amici di Giobbe che viene smascherata come tale. Mi sembra invece che il concetto di “fuga dalla realtà” sia assente nei racconti biblici, così intrisi di polvere e sangue, di case affollate e di strade percorse, di bene e di male per nulla astratti, ma concreti come chi impasta di nuovo l’argilla di un vaso rovinato o come chi carica sulla sua cavalcatura uno trovato a terra mezzo morto. Non per nulla nel quarto vangelo lo stesso Spirito è detto “paraclito”, come Gesù, il “chiamato accanto” per difendere e consolare. Per una vera consolazione nella Bibbia si intreccia la propria vita con quella degli altri fino a toccare, a “sentire” direi con tutti i sensi, esteriori ed interiori, il dolore dell’altro: è la strada percorsa da Gesù stesso. Questo è l’effetto delle parole bibliche che prima di tutto aiutano a fare verità sul proprio vissuto. Infatti nelle situazioni difficili risuona piuttosto l’invito ad una piena consapevolezza di sé: “cosa ci fai qui?”, rivolta proprio a chi è tentato di fuggire. L’apertura di consolazione deriva anche dallo smettere di negare il male a volte frutto di scelte sbagliate e discuterne in tutta sincerità con Colui che può davvero sollevare e liberare da ogni forma di angoscia: “Su, venite e discutiamo…” (cfr. Is 1,18).
Quale testo biblico di donne ti ha ispirato di più?
Forse è un testo che non ho citato: quello in cui si descrive la Sapienza come una donna che accompagna l’opera creatrice di Dio, ne conosce la logica e la mèta (Pr 8,22-36). È una donna che tesse e ritesse l’armonia di tutte le cose e gioca sul globo terrestre provando gioia per gli esseri umani e dando gioia al Creatore. Proprio Donna-Sapienza prende i volti storici delle tante che lottano per la propria dignità, che si fanno accanto a chi è fragile, che resistono come possono ai progetti mortiferi degli uomini di potere, che sanno cogliere ogni occasione buona per superare divisioni e mettersi a servizio del proprio popolo.
Ricominciare “dopo”: quale espressione biblica accosti con maggior significatività a questa che accompagna il tuo libro?
Direi che è quella che troviamo in un libro che descrive un tremendo tempo per il popolo d’Israele, in Lamentazioni 5,21: “Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo, rinnova i nostri giorni”. Ogni male fatto o subìto è uno sbandamento, una caduta o una battuta d’arresto nel nostro cammino, personale e condiviso con tanti compagni di strada. Quando l’essere umano si apre con fiducia alla Parola creatrice di Dio, può rialzarsi e trasfigurare la propria esperienza negativa in un nuovo inizio fino a un inaspettato compimento.
a cura di sr Federica Cacciavillani