La storia di coraggio evangelico della coppia che contribuì alla missione di Paolo
A parte le grandi figure di Pietro e Paolo, sono poche le persone che, nel Nuovo Testamento, sono nominate più volte della coppia formata da Aquila e Priscilla, e risulta quindi ancora più evidente l’importanza che i due rivestivano per la chiesa del primo secolo e, in particolare, per la missione di Paolo. I nomi di Aquila e Priscilla appaiono ben tre volte in situazioni diverse nel capitolo 18, e una quarta nella parte finale, destinata ai saluti della Lettera di Paolo ai Romani. Due brevi accenni a questa coppia, evidentemente molto conosciuta, li troviamo anche sotto forma di saluti nella Prima lettera ai Corinti (16,19) e nella Seconda lettera a Timoteo (4,19).
È significativo che venga sempre indicato anche il nome della donna, Priscilla, diminutivo di Prisca, e che per due volte sia nominata prima di Aquila a sottolineare come la posizione e il ruolo che lei aveva nella chiesa fossero del tutto paritari rispetto a quelli del marito.
Il primo incontro tra questa coppia e Paolo avviene a Corinto dove quest’ultimo si era recato dopo aver vissuto la difficile esperienza di Atene: lì, nell’areopago, era stato zittito e allontanato quando aveva parlato di risurrezione. Aquila, giudeo del Ponto (l’attuale Turchia) e la moglie Priscilla avevano vissuto a Roma fino a quando l’imperatore Claudio aveva emanato un ordine che prevedeva l’allontanamento di tutti i giudei e dei giudeo-cristiani in seguito a disordini e confusioni che venivano loro imputati. I due coniugi, già cristiani, si stabiliscono a Corinto e da loro si recherà Paolo. Verrà accolto nella loro casa e, svolgendo il medesimo mestiere, lavorerà con loro come fabbricante di tende.
Nella quotidianità del lavoro, in quell’intreccio di fili che era la tessitura di tende ma anche la tessitura delle loro vite, Priscilla e Aquila avranno sicuramente dialogato, discusso, condiviso con Paolo i pensieri, i dubbi e le certezze di fede e, nello stesso tempo, gli avranno insegnato anche la vita familiare e concreta di ogni giorno, l’affetto, l’esserci per l’altro nei momenti di gioia come in quelli di difficoltà.
Quando Paolo riprende il suo viaggio missionario, Aquila e Priscilla vanno con lui, migranti disposti a mettersi nuovamente in viaggio, ad abbandonare quello che avevano costruito a Corinto e a ricominciare in un altro luogo, se questo era quello che lo Spirito chiedeva di fare. Approderanno a Efeso, dove resteranno anche quando Paolo proseguirà il suo viaggio; qui i due coniugi avranno un altro incontro significativo con Apollo.
Non si dice, nei testi, se Aquila e Priscilla avessero figli, probabilmente no visto che non vengono mai nominati, ma non si può certo parlare di sterilità per loro, perché hanno saputo vivere rapporti fecondi e generanti con tutte le persone che hanno incontrato. Anche con Apollo, un giudeo molto colto, esperto nelle Scritture, ma che aveva ricevuto solo il battesimo di Giovanni, hanno un atteggiamento di attenzione e rispetto, quello che si dovrebbe avere con i figli, con gli amici, con chiunque: prima lo ascoltano, poi gli parlano e lo interpellano e solo alla fine, prendendolo con loro, gli esprimono con chiarezza e maggior completezza quello che il testo di Atti definisce essere la strada, il cammino di Dio. Lo incoraggiarono a partire e a essere annunciatore della via di Dio in altri luoghi.
Li troviamo di nuovo nominati da Paolo, assieme ad altre e altri, nell’ultima parte della Lettera ai Romani destinata ai saluti: “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa” (16,3-5). Queste parole di Paolo ci dicono che tanti altri fatti e avvenimenti hanno coinvolto questa coppia e non sono stati raccontati. Uno in particolare è ricordato da Paolo, quando per salvare la sua vita non hanno esitato a mettere a rischio la loro. Egli sottolinea, inoltre, che sono tutte le chiese del mondo pagano a dover essere grate per le azioni di questa coppia, che continua a riunire nella loro casa una comunità di Roma dove, evidentemente, in un ennesimo viaggio erano tornati.
Certamente Priscilla e Aquila hanno dovuto manifestare la fede in Dio in tante occasioni più o meno difficili o particolari, ma il loro vero coraggio è stato quello che hanno vissuto nella quotidianità delle scelte, nel porre fiducia nella vita, nel credere che è nell’agire di ogni giorno che si realizza la costruzione del Regno. Hanno creduto che ogni persona incontrata, ogni avvenimento vissuto, anche se difficile o doloroso potesse essere una nuova possibilità di luce e vita, dono dello Spirito per scoprire loro stessi, sempre più in profondità, la via di Dio.
Donatella Mottin