Dal 3 al 6 novembre 2022 Papa Francesco si è recato in Bahrain, un viaggio che ha permesso al pontefice di ribadire molti temi che gli sono cari: dall’invito al dialogo interreligioso agli appelli per la pace in particolare in Ucraina.
“Fraternità” è la via che il santo padre ha indicato a tutti: dal re del Bahrain alle autorità civili, dai partecipanti al forum per il dialogo Oriente-Occidente, ai leaders musulmani del Consiglio dei saggi fino alla Chiesa Cattolica.
Nell’ultimo incontro prima di ripartire per Roma, avvenuto nella chiesa del Sacro Cuore, a Manama, una delle due chiese cattoliche romane in Bahrain e, davanti a Vescovi, religiosi e fedeli, il Papa ha chiesto “per essere credibili nel dialogo sperimentate la fraternità fra voi”, aggiungendo l’invito all’unità, alla condivisione, alla gioia. “Non ci si limiti a ripetere gesti per abitudine senza creatività e non ci siano solo parole, ma azioni come già avviene in ambito educativo e nelle carceri”, ha aggiunto il pontefice.
E ancora ha continuato sottolineando che: “Anche noi abbiamo questa vocazione profetica: tutti i battezzati hanno ricevuto lo Spirito e tutti sono profeti. E in quanto tali non possiamo far finta di non vedere le opere del male, restare nel “quieto vivere” per non sporcarci le mani. Un cristiano prima o poi deve sporcarsi le mani per vivere la sua vita cristiana e dare testimonianza. Al contrario, abbiamo ricevuto uno Spirito di profezia per portare alla luce, con la nostra testimonianza di vita, il Vangelo. (…) La profezia ci rende capaci di praticare le beatitudini evangeliche nelle situazioni di ogni giorno, cioè di edificare con ferma mitezza quel Regno di Dio nel quale l’amore, la giustizia e la pace si oppongono a ogni forma di egoismo, di violenza e di degrado“.
Parole coraggiose quelle pronunciate da Francesco, che già il 5 novembre nel discorso di chiusura del forum per il dialogo aveva indicato alcune priorità, cominciando dalla libertà religiosa a tutti gli effetti. Tre le urgenze educative consegnate dal Papa: “in primo luogo, il riconoscimento della donna in ambito pubblico: “nell’istruzione, nel lavoro, nell’esercizio dei propri diritti sociali e politici”. In questo, come in altri ambiti, l’educazione è la via per emanciparsi da retaggi storici e sociali contrari a quello spirito di solidarietà fraterna che deve caratterizzare chi adora Dio e ama il prossimo. In secondo luogo, «la tutela dei diritti fondamentali dei bambini», perché essi crescano istruiti, assistiti, accompagnati, non destinati a vivere nei morsi della fame e nei rimorsi della violenza. Educhiamo, ed educhiamoci, a guardare le crisi, i problemi, le guerre, con gli occhi dei bambini: non è ingenuo buonismo, ma lungimirante sapienza, perché solo pensando a loro il progresso si specchierà nell’innocenza anziché nel profitto, e contribuirà a costruire un futuro a misura d’uomo. L’educazione, che inizia nell’alveo della famiglia, prosegue nel contesto della comunità, del villaggio o della città. Per questo mi preme sottolineare, in terzo luogo, l’educazione alla cittadinanza, al vivere insieme, nel rispetto e nella legalità. E, in particolare, l’importanza stessa del «concetto di cittadinanza», che «si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri». Occorre impegnarsi in questo, affinché si possa «stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli».
Appare chiaro il lavorìo incessante del pontefice affinché il dialogo diventi “la via” da percorrere costantemente nella vita quotidiana, ma anche per la risoluzione della guerra ucraina.
Anche nella conferenza stampa sul volo di rientro (che riportiamo qui sotto) il Papa ha ribadito le sue posizioni.