Intervista a madre Yvonne Reungoat
Madre Yvonne Reungoat, Superiora generale emerita dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, il 13 luglio 2022 è stata nominata da papa Francesco membro del Dicastero per i vescovi, e nel mese di ottobre 2023 ha partecipato al sinodo sulla sinodalità. Donna molto affabile e acuta, sempre cordiale e profondamente convinta che la chiesa possa essere cambiata dall’interno, accogliendo anche quelle richieste che paiono fuori dalla linea consueta, proprio lì ritrova le spinte innovative dello Spirito Santo.
Racconta con onesta semplicità che la sorpresa davanti alla richiesta di partecipare al sinodo, “nomina giunta nello scorso mese di luglio per essere facilitatrice”, precisa quando la raggiungiamo al telefono.
“Più passava il tempo e più mi preoccupavo mentre mi chiedevo che cosa avrei potuto fare in mezzo a vescovi e cardinali e non so la motivazione per cui sono stata scelta, ma al sinodo tutto era nuovo”, spiega madre Yvonne.
Che tipo di esperienza è stata allora questo sinodo?
È stata un’esperienza nuova. Per la prima volta erano presenti laici e laiche, religiosi e religiose, sacerdoti. Io ero stata presente al sinodo per la nuova evangelizzazione, ma come uditrice. Tutti gli uditori potevano fare un solo intervento, già presentato alla segreteria, durante tutto il Sinodo di massimo tre minuti. Questa volta invece tutti i membri lo erano a pieno titolo, cioè non solo con possibilità di intervenire, ma anche di votare. Tutti si sono sentiti a proprio agio perché la metodologia della conversazione nello Spirito attorno a tavoli di dodici persone dava la possibilità a ciascuno di esprimersi e di essere ascoltato. Qualcuno ha sottolineato che la presenza di donne e di laici ha fatto sì che le condivisioni avessero un tono differente. L’ambiente era di ascolto e rispetto reciproco. Si respirava un clima di scoperta continua.
È stata un’esperienza di chiesa cattolica?
Sì, perché nella sala c’era il mondo! Era davvero una chiesa universale: tutte le appartenenze erano state coinvolte! L’apertura ha permesso di situare i problemi per passare dall’esperienza locale a quella universale, per esempio.
La sua esperienza di madre generale di un istituto presente in 95 paesi del mondo l’ha aiutata?
Certamente! Da una parte l’esperienza congregazionale è diventata l’abbraccio al mondo intero, ma dall’altra mi ha aiutata anche il fatto di conoscere già alcuni vescovi come membro del Dicastero per i vescovi. È stata una grande esperienza di fraternità, piena di gioia, ed è questo che mi ha maggiormente colpita! Abbiamo vissuto un mese nella stessa aula Paolo VI, insieme, e abbiamo sentito la presenza del Signore che ci ha convocati e fatti vivere in comunione! L’orizzonte comune e la presenza del Signore ci hanno condotti insieme nel sinodo!
Come avete proceduto nei lavori?
Dopo la santa Messa, ricevevamo uno stimolo biblico e teologico e, dopo un lavoro personale, in ogni tavolo ciascuno, a turno, si esprimeva. In questo modo, tutti erano coinvolti e, nel secondo giro, potevamo riprendere qualcosa che ci aveva colpiti di quanto detto dagli altri. Arrivavamo così al passaggio “dall’io al noi”, cioè quale/i elemento/i portiamo all’assemblea perché considerato rilevante? Poi dall’assemblea c’era un ulteriore passaggio ai tavoli. Non era necessario arrivare all’unanimità completa su tutte le idee, ma abbiamo potuto ritenerci d’accordo e discordi su alcuni temi, considerare alcuni punti di convergenza. Al contempo però dovevamo individuare ciò che doveva essere rilevante anche per l’assemblea riconoscendo che, pur non essendo unanimi, lo Spirito ci stava portando a considerare quell’elemento.
La tessitura del documento finale è stata rispettosa dei lavori dei gruppi?
Sì e tutti ci siamo riconosciuti; è stato un lavoro accuratissimo e molto rispettoso dei contributi che arrivavano dai gruppi. Per esempio, è stato detto che alcune categorie sono state escluse dal documento finale, in realtà alcune scelte hanno voluto essere meno precise per poter comprendere più categorie.
Quali elementi sono importanti perché la chiesa continui a crescere?
Era preoccupazione diffusa quella di trasmettere l’esperienza che noi abbiamo vissuto e poterlo trasmettere bene, ma anche coinvolgere chi non era entrato nel processo sinodale (talvolta sacerdoti e laici che hanno fatto resistenza, ma anche altri che non hanno avuto la possibilità per diversi motivi di sentirsi coinvolti). In questo cammino la chiesa si è guardata con grande sincerità, non è stato autoreferenziale. La chiesa sinodale è missionaria! Ho visto vescovi rimettersi in discussione e cambiare la loro idea iniziale. Secondo me è importante proporre esperienze di questo tipo perché la chiesa possa continuare a crescere, ma con le diverse vocazioni insieme. Poi si tratta di un cammino di conversione e quindi bisogna pregare il Signore. Camminare insieme vuol dire aprirsi gli uni agli altri, ma anche mettere in sinergia le diverse vocazioni perché insieme ci arricchiamo mutuamente, senza lottare, ma cercando insieme ciò che il Signore vuole per la sua missione… perché la missione è sua!
Cosa serve?
Servono le strutture che permettano alle diverse vocazioni di confrontarsi e poi tutto il popolo di Dio deve prendere coscienza di una responsabilità e corresponsabilità che il battesimo gli riconosce. Il clericalismo è uno dei temi discussi a lungo perché anche il sacerdote deve essere a servizio, come ogni realtà, del popolo di Dio. Lo stile del servizio, tuttavia, non è solo una sottolineatura per i preti, ma per tutti.
E per le questioni irrisolte (diaconato femminile, poligamia in Africa…) cosa possiamo aspettarci?
Non c’è stato un tema su cui non è stato possibile esprimersi. È mancato il tempo di andare a fondo perché alcune questioni sono delicate e richiedono approfondimento. Questa sessione era solo una tappa nel processo sinodale che continuerà fino alla seconda sessione di ottobre 2024.
Il prossimo anno sinodale continuerà la riflessione?
Sì, assolutamente: servono alcune riflessioni teologiche, antropologiche… ma è stata chiesta anche la revisione del Codice di diritto canonico, perché le situazioni cambiano e le norme devono poter rispondere alle situazioni attuali, non a quelle passate! C’è stata una tensione all’ascolto di tutto il mondo.
sr Naike Monique Borgo