Il ricordo di Nadia De Munari, missionaria laica dell’OMG e “martire della carità”
“Nadia ci ha fatto fare fraternità anche in questi giorni tanto tribolati. Dobbiamo esserle grati anche per questo”. La Nadia citata è Nadia De Munari, la missionaria laica dell’Operazione Mato Grosso (OMG) morta il 24 aprile 2021 per le gravi lesioni riportate in un’aggressione subita nella missione di Nuevo Chimbote (Perù) dove viveva da circa sei anni. L’espressione “fare fraternità” è risuonata sulle labbra e nei cuori di tantissimi volontari dell’OMG, amici e parenti che in quei giorni dolorosi hanno accompagnato la difficile vicenda, tanto che è diventata il saluto nel gruppetto dei coordinatori al termine del funerale celebrato a Schio (VI). Nadia, originaria della frazione di Giavenale di Schio, è cresciuta in una famiglia semplice, contraddistinta da valori molto forti e da una fede genuina. Il legame con la terra e la tradizione contadina l’hanno segnata fin da bambina insegnandole i tempi necessari alla crescita e maturazione di ogni essere vivente. La fede cristiana coltivata nella comunità parrocchiale le ha trasmesso fortemente il valore della fraternità, perché tutto diventa più gustoso e saporito se vissuto insieme. Quando ha incrociato il piccolo nucleo nascente dell’OMG di Giavenale, Nadia si è lasciata interrogare e scalfire il cuore dalla passione che Rosanna, Diego e Anna già vivevano: un’altra piccola fraternità nella quale ha trovato casa in modo diverso e nella quale lei ha portato un contributo di grande spessore umano e spirituale. L’incontro con la Parola di Dio e la guida di padre Ugo De Censi, salesiano fondatore dell’OMG, hanno spalancato il cuore di Nadia ad una fraternità universale: la sua determinazione e la sete di giustizia per i più poveri la portavano a chiedersi continuamente il perché di tante sofferenze e come si potessero alleviare o eliminare definitivamente. “Aiutiamoci ad essere felici in un mondo dove pochi lo sono”, ripeteva insistentemente perché convinta che la felicità non fosse possedere tante cose, ma gustare le più semplici e quotidiane perché la felicità non è ricchezza riservata a pochi, ma una vita possibile per tutti.
Certamente tra le caratteristiche di Nadia vi era anche la capacità di tessere legami e mantenerli a distanza, nel tempo e nello spazio. Era impossibile dimenticarla dopo averla incrociata perché toccava sempre le corde profonde del cuore e muoveva continuamente le domande fondamentali di ogni vita: perché fai questo? O per chi vivi? Mai una volta Nadia è mancata di farsi incontrare dai bambini e dai ragazzi dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e del catechismo nella parrocchia di origine e in altre realtà. Mai una volta ha saltato l’invio di lettere ai tanti sostenitori che la aiutavano nei modi più disparati nella missione peruviana, in particolare negli ultimi anni con la costruzione dei sei asili nel deserto di Nuevo Chimbote. Mai una volta si è rifiutata di esserci con la sua presenza, talvolta scomoda per la sincerità che la caratterizzava. Nadia tesseva incessantemente relazioni franche d’amicizia e chiedeva, più o meno direttamente, d’interrogarsi rispetto allo stile di vita proposto dal mondo. Nadia era una domanda vivente capace non solo di portare all’essenziale della vita con i suoi “perché succede questo?”, ma anche con la schiettezza che non le permetteva più di scendere a compromessi. Sapeva che questo suo modo essenziale poteva essere fonte di discussione, ma sapeva anche che la fraternità si poteva costruire realmente solo dichiarandosi con cuore aperto. Ha scelto di vivere relazioni semplici e oneste, curandole in tutti i modi possibili: i ragazzi più giovani dei gruppi OMG hanno raccontato che anche l’ultimo entrato nel gruppo aveva già fatto in tempo a ricevere una lettera di Nadia, righe che lei indirizzava direttamente a quella persona o realtà, perché mai scriveva formule uguali o generiche. La potenza del suo modo di vivere la fraternità era dentro la personalizzazione delle relazioni, l’aver ben presente a chi si stava scrivendo, parlando… perché, come l’amore, anche la fraternità non può mai diventare universale se non è prima di tutto particolare: se non amo storie, volti, nomi precisi… non amerò davvero. Nadia l’aveva ben capito così come aveva scelto anche di vivere l’amore fino alla fine: che senso può avere spendersi e in nome di quale Dio e quali ideali, se non si comincia da chi ci abita vicino? Dal quartiere scledense di periferia, che sorge ancora tra le molte coltivazioni, Nadia ha scelto quasi trent’anni fa di allargare il cuore e far famiglia con centinaia di bambini, donne sole, poveri… e di spendersi per loro, ben sapendo che anche solo un bicchiere d’acqua offerto a questi piccoli era offerto al Signore della vita che aveva incontrato.
Pur nella sofferenza indescrivibile di quei giorni e nella drammaticità della situazione, la storia di Nadia è riuscita a rendere visibile una comunità eterogenea che lei aveva contribuito a far crescere e maturare. “Solo Dios” erano le parole di p. Ugo che aveva fatte sue perché il vero tesoro del campo che aveva scoperto non aveva un valore quantificabile, ma si moltiplicava condividendolo: un Dio morto per ciascuno che continuava a donarsi attraverso la vita di tanti era tutto il bene che Nadia narrava con la sua vita. È comprensibile allora la risposta coraggiosa che diede a p. Ugo quando propose l’apertura a Nuevo Chimbote, “Se vuoi, padre, vado io”, quasi a ricordarci che la fraternità si costruisce condividendo, sporcandosi le mani, mettendosi dalla parte di chi si sceglie di difendere ed amare… “Vado io” perché mi sta a cuore anche quel pezzo di mondo, perché proprio là sento che il Signore chiama e incrocia la sua vita con la mia, potremmo dire. Nadia era una domanda vivente, ma lo è tutt’ora: questa “martire della carità” attende da ciascuno che venga realizzato il pezzetto di cielo che spetta ad ognuno costruire, perché la parte che mancherà se ci tiriamo indietro, negherà una possibilità ad altri e a noi stessi di diventare davvero fratelli e sorelle.
sr Naike Monique Borgo