I miei Genitori erano POVERI pastori
Seconda ed ultima parte della proposta sulla povertà in madre Giovanna che sr. Maria Coccia ha curato per le giornate della famiglia carismatica di luglio 2023.
UNA COMUNITÀ SORTA DAL NIENTE
Dio crea dal nulla, le sue opere nascono in sordina. Nella povertà di Giovanna il sogno impossibile di Dio trova gradualmente accoglienza fino a far sorgere una Comunità, origine della nostra Famiglia religiosa.
Nella ricorrenza delle Sante feste Natalizie [1885] scrissi una lettera al mio confessore, dicendo che la vita che conducevo era un vero sacrificio, ma che davanti agli occhi avevo una nuvola che mi consolava… Mi pareva fosse una fondazione Religiosa; “ma – soggiunsi – R. Padre, io sono povera”, ed egli con la solita sua bontà mi rispose che non aveva niente anche S. Teresa, che pregassi tanto il Signore perché a Lui niente è impossibile.
La casa della prima comunità era di tre stanze poverissime ma pulite, alle quali si accedeva salendo una sconnessa scala di legno. La povertà di Giovanna provoca una collaborazione commovente soprattutto da parte delle Orsoline esterne che con le loro rinunce raccolgono una somma per contribuire alla fondazione.
Giovanna nella sua umiltà non esita a favorire l’intervento di Dio chiedendo aiuto a chi poteva sostenere anche materialmente la sua opera. Affronta le spese necessarie, come lei stessa dice: “Con le tasche vuote, però, evviva la santa povertà!” Per obbedire alla volontà di Dio bisogna fidarsi di Lui.
UN DONO CARISMATICO
La nascita povera, l’allontanamento dai genitori, le difficoltà economiche e sociali aiutano Giovanna ad avere un umile concetto di sé e delle proprie attitudini. Al tempo stesso, l’azione della grazia divina, cercata e accolta, matura in lei una fiducia incondizionata in Dio.
Dio […] fingendo di non vedere la mia indegnità e miseria mi ha trattata sempre con tali finezze d’amore d’aspettarmi dal suo cuore Divino ogni grazia necessaria per condurre secondo i suoi santissimi desideri l’opera che si va iniziando in suo onore.
Il dono carismatico che Giovanna riceve e che deve modellare la vita sua e delle “novelle serve del Signore”, è “Abnegazione perfetta di sé stesse e zelo indefesso per la salvezza delle anime”. Accoglierlo è scegliere la povertà più radicale.
Giovanna ha compreso che il cammino spirituale non dipende anzitutto dalla volontà e dalla capacità umana, ma dalla gratuità del dono di Dio. Le difficoltà e prove fortificano la sua fede.
Chi lascia ricchezze, onori e piaceri, trova Gesù, e in Gesù si rinviene ogni ricchezza, ogni gloria, ogni gaudio.
Fa parte del carisma lo spirito di semplicità e povertà per essere lievito del vangelo nella classe popolare femminile.
ALLEGRIA, GIOIA E SANTA LETIZIA
Giovanna accetta di vivere in pienezza e con pace la povertà. Sa godere di ogni piccola cosa che riceve e ne fa oggetto di lode. Lo stile povero e gioioso della Comunità, anche nelle prove, sorprendeva ed edificava allora come oggi.
Il 22 [gennaio 1907] giorno di S. Vincenzo si fece un pranzetto invitando tutte quelle Orsoline che si adoperarono in un modo o nell’altro per il bene di questa opera, e non è possibile fare a meno di ricordare con animo giulivo e commosso quelle ore passate in santa letizia, e come poteva essere diversamente, se per la povertà della casa a chi mancava il bicchiere, a chi il cucchiaio il piatto ecc.
La povertà evangelica non è una mortificazione, ma testimonia la lieta scoperta di un bene più grande.
ATTENZIONE AI POVERI
La povertà si traduce in carità. Giovanna è attenta verso le persone che si trovano in qualsiasi necessità, sempre disposta all’abnegazione di sé, a fare qualsiasi sacrificio per gli altri. Tutti ricevevano da Giovanna consigli, conforto e aiuto sia materiale che spirituale.
Una povera giovane, orfana e inferma da cinque anni e mezzo, viveva amorosamente assistita dalla vecchia nonna. Venutale a mancare questa quasi improvvisamente la mattina del 23 ottobre 1908, la meschina si trovò quaggiù sola, inferma e povera. Il suo misero stato moveva veramente a pietà, e quando la lasciai dopo averla visitata, non potevo non pensare continuamente a Lei. Verso le otto il nostro R.mo Padre mi mandò a chiamare e quando mi ebbe dinanzi: “Dunque – mi disse – cosa se ne fa di questa povera Gemma?” “Monsignore – risposi – se si potesse prenderla con noi…!”
Solo la povertà evangelica ci fa accostare i poveri come sorelle e fratelli.
sr. Maria Coccia