I miei Genitori erano POVERI pastori
sr. Maria Coccia ha curato la proposta della povertà in madre Giovanna per le giornate della famiglia carismatica di luglio 2023 e che riproponiamo in due parti. Qui sotto la prima.
NATI POVERI
I miei Genitori erano poveri pastori che si recavano nel tempo d’inverno in un paese o nell’altro con le loro pecore. Nel Novembre del 1867 trovarono da collocarsi a Toara… e fecero ritorno alla volta di Enego loro patria la mattina del 23 maggio ‘68: arrivati alla sera a Bolzano Vicentino si rifugiarono con i loro armenti in una stalla, ove piacque al Signore che io venissi al mondo.
Le origini segnano la storia e l’identità. Giovanna nel 1906 rilegge come provvidenziale la sua nascita in una stalla, dichiarando subito la sua povertà, non solo economica. Affidata a soli tre anni agli zii di Breganze, è in una situazione più stabile, ma lontana dai genitori.
Il Signore a poco a poco faceva conoscere all’anima mia la miserabilità delle cose terrene.
Giovanna crescendo impara ad accettare la povertà creaturale e riconoscere le proprie povertà personali: un cammino di verità che tutti siamo chiamati compiere.
LA VIRTÙ DELLA POVERTÀ
Il nostro adorabilissimo Redentore… si elesse per patria la più oscura Cittadella della Galilea e per Custode un povero artigiano ignorato da tutti, onde farci amare la santa umiltà…. perché l’umiltà è la madre feconda d’ogni virtù.
Giovanna, desiderando essere figlia e sposa di Gesù, ne assume l’umiltà e la povertà, come spazio di accoglienza dell’amore divino che la chiama a pienezza.
Quanto più sono povera tanto più piaccio al mio Gesù. Sei mesta, perché non hai virtù? Ti risponde Gesù: Esse sono tutte nel mio cuore, chiedile con fiducia e te le darò.
Chi conosceva Giovanna ha testimoniato: “Viveva in modo semplice e povero, senza ostentare i disagi suoi e della comunità. Nonostante le difficoltà, ho sempre trovato madre Giovanna sorridente. Nutriva fiducia nella Divina Provvidenza.”
La povertà materiale, oltre a sollecitare l’impegno di Giovanna, era motivo per pregare il Signore e confidare nel suo intervento. Abbracciare la virtù della povertà evangelica comporta un atteggiamento di fede, uno stile di speranza e scelte concrete di carità.
LAVORARE E SERVIRE
Fin da molto giovane Giovanna ha dovuto lavorare a servizio di qualche famiglia, senza orari, diritti e tutele. Passai quattro anni in una Famiglia dove ero costretta a prestare servizio e fu questo un tempo di vera prova. Priva delle cose più care giacché di rado mi era concesso di fare la Santa Comunione, e poi parevano tutti d’accordo nel far guerra ad ogni benché piccola cosa di Religione.
Non rivendicava diritti, ma pregava il Signore di concederle un lavoro che le consentisse di coltivare la fede e compiere la volontà divina.
La provvidenza divina mi aprì una via, cioè un lavoro migliore, dove trovai non solo vantaggio per il corpo, ma quello che più importa per l’anima.
Giovanna e le prime sorelle si mantenevano con il lavoro di maglieria e facendo rammendi. Andavano anche ad assistere gli ammalati, ma gratuitamente: non chiedevano niente e si limitavano ad accettare quello che veniva loro dato. Nelle famiglie povere, durante l’assistenza rammendavano biancheria e sistemavano la casa.
Il lavoro non era mai fine a sé stesso o solo per il sostentamento, ma doveva essere vissuto per amore di Dio.
In quella casa siete andate per pregare, per patire, per farvi sante amando il Signore e non per lavorare solo…
Le ristrettezze economiche non fanno perdere a Giovanna il senso del lavoro e di ogni attività come servizio svolto per amore di Dio e dei fratelli. Una sapienza che anche oggi dovremmo ricercare.
sr. Maria Coccia