“Donne che avete intelletto d’Amore”, a 700 anni dalla morte di Dante Alighieri
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio / umile e alta più che creatura / termine fisso d’etterno consiglio. / Tu sei colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che il suo Fattore / non disdegnò di farsi sua fattura”.
È bionda, esile, vestita di un semplice abito bianco, i capelli raccolti, sola sul palcoscenico, eppure è subito capace di riempire la scena. E quando recita, o meglio, fa suo Dante, è capace di accompagnare lo spettatore nel viaggio dentro e intorno al Poema dantesco, dall’oggi fino all’eternità. E finalmente, dopo secoli di monopolio maschile, Dante ha una voce di donna. Donna… come femminile è la nuova lingua-madre di tutti gli Italiani, come femminile è la parola “anima”, com’è la poesia. “Da piccola sognavo di diventare santa. Ma non santa martire, che il martirio non mi convinceva del tutto. Semplicemente santa. Non sono diventata santa: sono diventata attrice. Per diventare santi bisogna pregare, ma anche recitare è un po’ pregare”. Diventa quasi una missione il lungo percorso dantesco di Lucilla Giagnoni, il racconto di un’anima in cerca di salvezza. E non è un caso che inizi da uno spettacolo innovativo e potente: partendo da un’alta meditazione sulle violenze (l’idea è nata dopo la tragedia dell’11 settembre), sugli scannamenti di un tempo e di oggi, sul sacrificio senza fine di donne e bambini, sulle tante fini del mondo che ci sono state e sulle apocalissi che ci aspettano, ecco il pellegrinaggio dantesco di Lucilla, che dal Male di ieri e di oggi, si incammina dall’Inferno al Purgatorio al Paradiso, distillandosi con coraggio e speranza verso l’assoluto, che ha nella Vergine Madre il volto finalmente femminile, misericordioso e tenero del divino. Ma il cammino è proseguito: Lucilla ha proposto in televisione per la Rai, proprio nei recenti mesi oscuri del confinamento, la lettura integrale dei cento canti della Divina Commedia, uno per ogni sera e ha voluto intitolare significativamente la sua affascinante fatica Vespri danteschi. Un teatro di Novara, vicinissimo a casa sua, la tecnologia e le luci curate dal marito, le musiche scritte dal figlio: un piccolo familiare mondo dantesco. Ha dichiarato, con sorridente e ironico tocco femminile: “Si vede che ero confinata: basta guardare lo stato dei miei capelli!”.
Forse una delle eredità più durature del settimo centenario della morte del poeta sta nel superamento di un tabù secolare, nell’ aver dato vita, sensibilità, voce femminili ai versi di Dante. E il primo a esserne soddisfatto sarà proprio lui, che ha cantato le donne che hanno “intelletto d’amore”.
Chiara Magaraggia