Percorso dedicato alle donne incontrate, raccontate e cantate da Alessandro Manzoni, a 150 anni dalla morte del grande autore
“Oh! Lei che può comandare, dica che mi lascino andare! […] M’hanno portato qui per forza… Perché lei mi fa patire? Mi faccia condurre in una chiesa. Pregherò per lei, tutta la mia vita. Cosa le costa dire una parola? Dica una parola, la dica. Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia!” (I promessi sposi, cap. XXI). Lucia Mondella, la ragazza “dalla modesta bellezza un po’ guerriera delle contadine”. Non l’abbiamo molto amata a scuola: troppo ritrosa, devota, mansueta… lontana dalla nostra visione di donna moderna, autonoma, disinvolta. Effettivamente Manzoni incarna in Lucia il modello femminile della borghesia dell’Ottocento. Lo spazio di Lucia è l’ambiente chiuso: la sua casa, la filanda dove lavora, la chiesa, il monastero di Monza, la casa del nobile don Ferrante che l’ospiterà. Ogni volta che esce all’aperto e si mette per strada, per lei scatta il pericolo: è insidiata da don Rodrigo, è rapita dai bravi dell’Innominato. Ben diverso il modello rappresentato da Renzo, che è sempre in strada. Il suo spazio è la vita sociale. Una netta divisione di ruoli e di ambiti. Eppure, un’analisi più approfondita può illuminare in un’ottica tutt’altro che fragile la figura di Lucia. Una donna ispirata ai versi del Magnificat, scrive mons. Ravasi: “Ha disperso i superbi, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. Di povere origini, orfana di padre, vive con la madre ed è lei che fornisce col suo lavoro in filanda alla famiglia le risorse necessarie. È fidanzata con un ragazzo che ama e da cui è amata… e non succedeva frequentemente nella società del Seicento. In questi tratti la sua figura è molto più moderna di tante eroine della contemporanea letteratura inglese. Nella sua vicenda si può leggere quanto ancora oggi succede a troppe donne: oggetto di stalking, sarà perseguitata dal nobile don Rodrigo, che su di lei vuol far valere l’arroganza e il potere della sua classe sociale. Una volta rapita, però, si definirà meglio il carattere di Lucia, sorretta da un’incrollabile fede in Dio (che non è rassegnazione, ma consapevolezza di essere uno strumento in mano alla Provvidenza) ha la forza di confrontarsi con l’Innominato, il temibile signore che ha ordito il rapimento. E nello sconforto pronuncia poche semplici parole: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”. Parole che sconvolgeranno la vita dell’Innominato e a lei doneranno la quiete del sonno. La stessa forza animerà Lucia durante la peste: ancora una volta sola, travolta dall’epidemia, malata e portata nell’inferno del lazzaretto di Milano, attraverso la fede incrollabile acquisisce nuova maturità e nuova solidità.
La ragazza, che da “promessa sposa” potrà diventare finalmente e felicemente “sposa”, sarà una donna pronta ad affrontare con fiducia le sfide della nuova vita.
Chiara Magaraggia