Anche alberi secolari e grandi edifici, come chiese e scuole, non sono stati risparmiati.
La pioggia ha aumentato abbondantemente i danni. Penetrava nelle costruzioni ormai a cielo aperto e si infiltrava nei tetti danneggiati, creando rivoli di acqua. Cibo, vestiti, mobili e quant’altro è stato raggiunto dall’acqua, che ha continuato a cadere anche nei giorni successivi: tutto rovinato o distrutto. In alcune zone periferiche l’acqua ha raggiunto l’altezza di un metro e mezzo.
Le persone hanno tentato di rifugiarsi in posti alti o sugli alberi: alcune hanno resistito finché sono arrivati i soccorsi dopo alcuni giorni, altre sono cadute stremate dalla fame.
All’alba di quella notte da incubo ci siamo trovate immerse nella città di Beira desolata e distrutta, come se fosse stata bombardata. I pali della luce abbattuti, alberi in mezzo alle strade o pesantemente inclinati sopra le case, lamiere di alluminio penzolanti e accartocciate come carta stagnola, persone in cerca di un riparo, con le poche cose che erano riuscite a salvare, cercando di sopravvivere senza acqua e senza rete telefonica per poter comunicare con familiari e amici.
Le prime grida di aiuto si sono fatte sentire immediatamente. Accogliamo una mamma con un bambino infreddoliti per essere rimasti per ore sotto la pioggia. La loro piccola abitazione è stata scoperchiata. Altre mamme arrivano per chiedere qualcosa da mangiare. Raccontano il dramma che hanno vissuto e i danni provocati dal ciclone. Arrivano anche studenti dell’università che hanno perso l’unica stanzetta in cui abitavano e si trovano lontani dalla famiglia, senza possibilità di comunicare con i loro cari.
Il ciclone è stato devastante e i danni sono stati ingenti, senza dimenticare le persone che hanno vissuto questo dramma e che portano con sé conseguenze psicologiche, di perdita di familiari e dei loro beni.
Tutti siamo diventati più poveri e vulnerabili. Chi viveva in condizioni di povertà si è ritrovato in una situazione di estrema povertà. Ha cercato di salvare le poche cose che aveva e a volte solo la propria vita e quella dei famigliari o delle persone più deboli come i bambini e i malati.
Ma nello stesso tempo forse siamo diventati anche più umani, prestando attenzione a chi è nel bisogno, ascoltando con pazienza, condividendo quello che c’è in casa. È forse questa un’opportunità di conversione che il Signore ci offre, collocando le persone e le relazioni al centro e soccorrendo chi è nel bisogno?
Siamo andate a visitare le famiglie che conosciamo, per consolarle, per pregare con loro e sostenerle in questa difficile situazione e renderci conto delle reali necessità per le quali intervenire. Con gli aiuti alimentari della Caritas Diocesana che si è immediatamente attivata insieme alle varie organizzazioni che si sono fatte presenti sul territorio, abbiamo distribuito riso, farina, olio ed altri alimenti di prima necessità. Una famiglia ha danzato per aver ricevuto alcuni quaderni nuovi, asciutti: quelli dei loro figli si erano bagnati ed erano inutilizzabili.
Le venticinque chiese della diocesi sono state danneggiate, come pure le canoniche e altre strutture ecclesiali. La chiesa della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù è la più danneggiata: completamente scoperchiata e senza le due pareti rivolte verso il mare.
Per noi Orsoline è un luogo significativo: ci ha accolto 20 anni fa quando siamo arrivate in Mozambico e sr. Fatima, la prima suora Mozambicana, ha emesso proprio in questa chiesa i suoi voti religiosi. Il Vescovo ha scelto questo luogo per pregare per le vittime del ciclone: la messa è stata celebrata sotto una tenda, per ricordarci che siamo un popolo in cammino e invitati come chiesa locale a prendersi cura delle persone povere e bisognose.
Molti edifici scolastici sono stati fortemente danneggiati. Quelli dell’Università Cattolica, in cui prestiamo servizio da anni, sono stati scoperchiati. Le aule e gli uffici dei piani superiori della facoltà di Economia e Gestione e quella di Scienze della Salute sono completamente inagibili. Anche il Centro di salute San Luca, che era un punto di riferimento per la gente della zona, è stato raso al suolo e quindi inagibile per poter soccorrere le persone che hanno bisogno in questo tempo di estrema necessità.
Eppure in mezzo a questo dramma, le cui conseguenze si rendono sempre più pesanti a causa della mancanza di cibo e dell’epidemia di colera che dilaga, sorgono segnali di vita e di speranza. Le persone non si perdono d’animo e cercano di dare il meglio di sé per andare avanti.
Siamo vivi, Dio è Padre: sono le frasi ricorrenti che abbiamo sentito in questi giorni. La forza della vita e la fiducia in Dio che non abbandona i suoi figli, neppure in quest’ora di grande prova, manifestano la volontà di risorgere. Siamo in cammino verso la Pasqua che quest’anno avrà un sapore completamente diverso.
Cari amici/amiche, sorelle e familiari con questo scritto condividiamo il nostro vissuto e chiediamo il vostro ricordo e la vostra preghiera.
Sr. Anna, sr. Margherita, sr. Rita, sr. Raffaella, Comunitá Jubilar (Beira)
- Alberta. Sr. Lucia, sr. Valentina e Veronica,Comunitá Esperança (Dondo)