Nel mese di febbraio, la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita riporta all’attenzione di tutti la piaga della prostituzione e, più in generale, del traffico umano. Ecco la seconda parte della storia di Mauge, una giovane donna finita nel giro della prostituzione brasiliana. Il racconto è molto forte, ma vale la pena d’essere letta e meditata. Qui la seconda parte in versione originale, in portoghese. Qui la prima parte in italiano.

Andavamo con i mezzi pubblici, in pulmini che fanno questa traiettoria. Fatima ci ha fatto pagare in anticipo il biglietto di andata e ritorno. Nel primo viaggio ci ha addebitato 400 reais a testa e io sono riuscita a guadagnarne solo 250 perché c’era poca clientela. Ma nonostante questo, ho continuato ad andare usando questi mezzi di trasporto. Andavamo giovedì pomeriggio e tornavamo lunedì mattina. C’era un intero schema per noi per arrivare e lavorare senza avere problemi a entrare e uscire. Abbiamo finto di essere venditori ambulanti per non attirare l’attenzione. Ma penso che tutti sapessero che stavamo lavorando nel giro della prostituzione.
In uno dei viaggi in queste aree minerarie nella Zona 9 della Guiana, sempre nelle aree indigene, Fátima mi ha chiesto se volevo continuare il viaggio a Paramaribo, nello stato Suriname. Io e la mia amica abbiamo accettato più per avventura e per conoscere altri posti che per altri motivi. Fu un viaggio molto difficile. C’erano tratti che erano percorsi via terra e altri com piccole imbarcazioni. Fatima aveva un preciso schema con questi viaggi. Abbiamo attraversato molti garimpos per lasciare provviste e parti meccaniche che Fátima vendeva e consegnava ‘por encomenda[1]’ (su ordinazione). abbiamo viaggiato per 14 giorni prima di arrivare in una località mineraria nel comune di Albina, vicino a Paramaribo. In questo luogo i garimpeiros erano praticamente tutti brasiliani. Fatima aveva molti affari con loro e ci presentava come i sue “segretarie” e gli uomini sapevano già cosa significava questo codice.
Appena arrivate abbiamo capito che eravamo per lei come una sorta di “regalo” che portava ai minatori che con lei contrattavano per ricevere pezzi meccanici e altra mercadoria. Quando gli incaricati venivano a ricevere la merce e a pagare, lei ci offriva a loro. Il secondo giorno, alla fine del pomeriggio, sono arrivati 15 incaricati per contrattare con Fátima, e dopo aver concluso gli affari sono entrati nella stanza dove eravamo noi due e abbiamo dovuto ‘servire’ i 15 uomini in una volta. È stata una delle notti peggiori della mia vita. Il giorno dopo non riuscivo nemmeno ad alzarmi. Mi faceva male tutto il corpo. La mia amica aveva la febbre tanto era rimasta ferita. Dopo questo secondo giorno, ogni notte era uguale. Il sabato i minatori arrivavano nel villaggio e Fatima ci offriva ai diversi gruppi. Lo chiamava ‘sesso collettivo’, ma quello era stupro collettivo in quanto ero sola a ‘servire’ più di 20 uomini in una notte. Abbiamo trascorso circa 15 giorni in questo posto e non è passato un solo giorno in cui non fossi stuprata dagli amici di Fatima. Alla fine siamo arrivate a Paramaribo per le ultime consegne di Fatima, ma lì non ci ha offerto ai suoi amici. Da lì siamo ritornate per altri sentieri. Abbiamo impiegato meno tempo per raggiungere la Zona 9 in Guyana e trascorrendo ancora circa 5 giorni nei luoghi di prostituzione prima di arrivare a Lethen. Tutti questi posti sono localizzati in aree indigene. Alcuni garimpos sono amministrati da indigeni. Altri da brasiliani. Di questi ultimi molti provengono dal Maranhão e dal Pará. Fatima si è fermata in 5 miniere brasiliane per offrirci ai supervisori. Questi ci hanno fatto dei “doni” che erano pochi grammi d’oro che dovevamo consegnare a Fatima. Arrivate a Boa Vista, ha detto che avrebbe venduto l’oro e i ricavato l’avrebbe diviso tra noi. Alla fine ci ha pagato meno di millecinquecento reais ciascuna. Non sono bastati nemmeno per pagare le medicine di cui avevamo bisogno per riprenderci dalle infezioni che abbiamo contratto durante il viaggio.
Mio fratello non si vedeva da tempo. Un fine settimana ha chiamato al mio cellulare e ha detto che era in un villaggio chiamato “fofoca do cavalo” (pettegolezzo di cavallo) dove i cellulari avevano copertura. Mi disse che sarebbe venuto a Boa Vista per portarmi a una festa in una di queste miniere sul fiume Uraricoera. Così è venuto e gli ho raccontato tutto quello che era successo in Guyana e Suriname e lui mi ha chiesto di non fare più affari con Fatima perché è una persona pericolosa. Quindi ha detto che era meglio per noi (io e la mia amica) andare a vivere in Alto Alegre e quando avesse avuto qualche possibilitá nella Vila do Taiano o in Paredão, avrebbe trovato lavoro per entrambe. Ma la mia amica non voleva venire con noi.
Così, all’inizio del 2018, mi sono trasferito ad Alto Alegre con mio fratello. Ma lui viveva nel garimpo (miniere) dando assistenza meccanica alle macchine e tornava a casa solo ogni 2 o 3 mesi. Egli mi portava alle feste che i garimpeiros organizzano in certe occasioni. Non so se fosse per celebrare qualcosa o se fosse solo per distrarre gli uomini. Non l’ho mai capito. Quando viaggiavo con lui a queste feste, di solito mi diceva che avrei cucinato o aiutato a preparare il locale dove lavoravano. Ma, arrivato lì, mi presentava al responsabile come sua amica, non ha mai detto che ero sua sorella. Alla fine ho capito il codice. Lui scompariva per i vari garimpos e ritornava a prendermi solo il lunedì o martedì, a festa era finita. Immagino che non volesse vedermi con gli uomini. Penso che sia stato difficile per lui ammettere di aver coinvolto sua sorella in questo genere di cose.
Alla fine del 2018 ho iniziato a soffrire di molte infezioni urinarie. Sono passata per moti trattamenti. Fu in questo periodo che conobbi lo staff della Pastorale della Salute della parrocchia Santo Isidoro. Le suore della comunitá iniziarono ad aiutarmi con le cure. Erano davvero persone simpatiche e per la prima volta mi sono sentita accolta e rispettata. Non ho mai raccontato loro della mia vita nella prostituzione. Ma, in fondo, credo sapessero che quando dicevo che avrei viaggiato nei villaggi, lo facevo per quel tipo di lavoro. Anche così, non mi hanno mai negato cure e accompagnamento. Loro mi hanno insegnato a prepararmi rimedi casalinghi e tisane per alleviare le infezioni.
Un giorno mio fratello mi ha chiamato di nuovo dalla “Fofoca do cavalo” e mi ha detto che ci sarebbe stata una grande festa in un ranch di proprietà di persone che conosceva e mi ha chiesto se volevo andare. Ero in buona salute e ho finito per accettarlo. Alcuni amici di mio fratello passavano dall’Alto Alegre e mi portavano lì perché era un posto molto lontano e molto difficile da raggiungere. Siamo partiti all’alba e abbiamo percorso alcune strade secondarie tutto il giorno fino ad arrivare ad una fattoria. Era la sede di una fazenda, dove si faceva una festa per persone che lavoravano nella politica. C’erano molte persone importanti che arrivavano in aereo. C’erano altre ragazze arrivate per la festa. Girava molto alcol e molta droga. Hanno messo qualcosa nel mio drink e quando mi sono svegliata c’erano 10 uomini sopra di me. È stata una notte molto difficile e non pensavo che ne sarei uscita viva perché erano tutti molto drogati. E non erano minatori. Erano uomini politici che partecipavano della festa. Ma non conosco il nome di nessuno di loro. Volevo solo che terminasse. E mi sono disperata quando ho percepito che non stavano usando preservativi. Ho cercato di reagire, ma non ci sono riuscita. Mi hanno dato altro da bere e sono svenuta di nuovo. Era quasi mezzogiorno quando apparve l’amico di mio fratello che mi aiutò ad alzarmi, fare la doccia e vestirmi. La mia testa sembrava sul punto di esplodere. Allora ho percepito una perdita e ho sentito molti crampi. Mi hanno riportato a casa e mi hanno pagato 500 reais. Ho pensato che fosse una grande umiliazione, ma non ero nella posizione di rifiutarla e sapevo che era così o niente.
[1] [Oltre alla prostituzione, questa chefe lavorava come ‘encomendeira’ (venditrice) ossia come persona che riceve denaro o oro come pagamento per portare la mercadoria ai gestori o agli incaricati dei lavoratori delle miniere di oro, generalmente illegali]