La vicenda di alcune donne nigeriane del nostro tempo trova echi e radici nella vicenda biblica delle figlie di Selofcàd
Deserto del Sinai, 1200 circa a.C. Gli anni nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto, sono stati per il popolo ebreo lunghi e difficili: discussioni tra le tribù, mormorazioni contro Mosè, lunghissime soste, mancanza di fiducia nei confronti di Dio, passi in avanti e altri indietro nel lungo cammino per diventare un vero e proprio popolo. Praticamente nessuno di coloro che erano usciti dall’Egitto riusciranno ad entrare nella terra di Canaan, troppe le lotte interne, le rappresaglie con le tribù diverse incontrate e soprattutto l’infedeltà a Dio. Nemmeno Mosè riuscirà ad entrare nella terra della promessa, limitandosi a poterla vedere solo da lontano.
Prima ancora di conquistare Canaan e prenderne possesso con accordi e lotte con chi già abitava quei territori, il popolo discute su come dividersi la terra.
Nigeria, 2017. È difficile essere donne in Nigeria. Molto spesso le donne non hanno diritti: né a ricevere un’educazione adeguata; né a possedere la terra in cui lavorano; né a decidere cosa fare delle proprie vite.
Fanno dal 60 all’80% del lavoro nel settore agricolo, dalla semina alla raccolta. Si occupano di tutto, oltre a sostenere il peso della vita della famiglia accudendo casa e figli, ma al momento della distribuzione delle risorse da parte del governo, le donne non vengono prese in considerazione.
Nel deserto del Sinai, vicini ormai alla terra e prima ancora di aver potuto camminare in essa, Mosè decide come dividerla tra i capifamiglia che vi entreranno: viene così affrontata la questione dell’eredità, così come racconta il libro dei Numeri al capitolo 27.
Si presenta una questione particolare: cosa accade ai beni di un capofamiglia che non ha avuto figli maschi, dal momento che solo questi hanno – secondo la legge – il diritto di ereditare?
Sono cinque donne a sollevare la questione, le figlie di Selofcàd: cinque sorelle, Macla, Noa, Cogla, Milca e Tirsa che trovano il coraggio di presentarsi non solo davanti a Mosè, ma anche al sacerdote Eleazaro, davanti ai principi e a tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno. Donne che prendono la parola, che riescono a raccontare la storia dal loro punto di vista: “Nostro padre è morto nel deserto… senza figli maschi. Perché dovrebbe il nome di nostro padre scomparire dalla sua famiglia, per il fatto che non ha avuto figli maschi? Dacci una proprietà in mezzo ai fratelli di nostro padre” (v. 4).
Mary Afan vive in Nigeria. Pur coltivando la terra, contribuendo così ogni giorno a portare da mangiare ai suoi due figli, non aveva nessun diritto su quella stessa terra. Con altre donne, incoraggiate dall’associazione Action Aid, Mary ha cominciato a formarsi; ha imparato a leggere, a scrivere e ha iniziato a studiare per difendere i diritti delle donne, dichiarando l’opposizione al consueto possesso della terra da parte degli uomini perché di stampo patriarcale e discriminatorio.
Le giovani sorelle ebree si rivelano determinate a far valere i loro diritti e prospettano una soluzione diversa da ciò che avviene da secoli. Osano pensare a qualcosa che stravolga la realtà fino a quel momento accettata, immaginano di poter acquisire un privilegio da secoli riconosciuto solo agli uomini. Non è detto che una legge interpretata dagli uomini sia sempre giusta e che, come tale, non si possa cambiare. Si appellano a tutti coloro che detengono il potere, ma è a Dio che principalmente rivolgono la loro richiesta. Mosè accoglie la parola di quelle donne e la sottopone a Dio.
Nelle parole di Dio: “Le figlie di Selofcad dicono bene. Darai loro in eredità una proprietà tra i fratelli del loro padre e farai passare a esse l’eredità del loro padre. Parlerai inoltre agli Israeliti e dirai: – Quando un uomo morirà senza lasciare un figlio maschio, farete passare la sua eredità alla figlia […] Questa sarà per gli Israeliti una norma di diritto, secondo quanto ha ordinato a Mosè”. La volontà del Signore è chiara: non escludere nessuno dalla corresponsabilità e dai doni della terra che è Dio a dare. Così come era presente nel compito assegnato fin dal principio all’uomo e alla donna.
Ora Mary Afan è presidente della Small Scale Women Farmers Organization, che rappresenta le donne agricoltrici e lotta affinché i loro diritti vengano rispettati. “La mia più grande speranza per il futuro – dice Mary – è di vedere una donna che è proprietaria della sua terra e che gode dei propri diritti”.
Gli Israeliti hanno lasciato dissolversi le parole di Dio in pochissimi anni. È facile dimenticare quando si tratta di rinunciare a qualcosa a favore di altri, soprattutto se essi, esse, sono più deboli.
Sono inutili i grandi discorsi, i se, i ma, i però; possiamo ammantare le nostre decisioni di convenienza e di adeguamento alla società ma le parole delle Scritture non lasciano dubbi e ci dicono chiaramente da che parte sta Dio.
Donatella Mottin