La speranza ebraica

20
Set

Radici e immagini della speranza secondo l’ebraismo, in un’intervista a  Galia Catav

La speranza è un elemento importante nelle diverse religioni, ma nell’ebraismo ha un ruolo particolare. Ne parla con noi Galia Catav, ebrea che vive a Verona.

 

Galia, dove possiamo trovare la radice più forte della speranza?

Seguo la vita del Tempio di Gerusalemme per raccontare la grande valenza della speranza nella nostra storia. Il primo Tempio fu costruito dal re Salomone a Gerusalemme nell’ 826 a.C. e fu completamente distrutto dal re babilonese Nabucodonosor II nel 586 a.C. Il simbolo della religione ebraica, desiderato dai nostri padri e madri nella fede, fu completamente distrutto lasciando il nostro popolo nel più totale disorientamento. Dopo la salita al trono del re persiano Ciro, che permise agli Ebrei di lasciare quella terra di Babilonia in cui Nabucodonosor li aveva deportati, fu possibile ricostruire il Tempio a Gerusalemme, il secondo Tempio, edificato dunque da migranti Sionisti tornati da Babilonia. Quattrocento anni dopo il tempio fu profanato dal greco Antioco, in seguito fu riconquistato dagli asmonei, che lo inaugurarono di nuovo, e per questo si celebra la grande festa di Hannukkah, la festa delle candele, della luce che rifulge. Dopo altri cento e quaranta anni il tempio fu rinnovato, ampliato e glorificato da Erode; dopo altri cento anni fu distrutto dai Romani.

È iniziata qui la diaspora ebraica, durata fino al 1948 con la nascita dello stato di Israele.

La storia d’Israele è costellata di lunghi periodi di prova e sofferenza, per questo siamo animati a mantenere sempre dentro di noi la speranza per la ricostruzione del Tempio, il ritorno nella nostra terra… La speranza è parte della nostra storia!

 

C’è un’immagine che può aiutarci a capire meglio?

La Menorah del Tempio divenne il simbolo ufficiale dello Stato di Israele. La Menorah è una lampada ad olio a sette braccia che nell’antichità veniva accesa all’interno del Tempio di Gerusalemme attraverso la combustione di olio consacrato.

È uno dei simboli più antichi della religione ebraica e secondo alcune tradizioni simboleggia il roveto ardente in cui la voce di Dio  si manifestò a Mosè  sul monte Horeb, secondo altre rappresenta il sabato e i sei giorni della creazione.

 

La Bibbia racconta molte vicende umane, anche di molte donne. Ce n’è una che potrebbe esemplificare secondo te la speranza?

Miriam, senz’altro! È stata la più grande profetessa, una donna che ha saputo avere un ruolo e accompagnare il suo popolo in un momento difficile e oscuro. Mi riferisco all’uscita dall’Egitto del popolo d’Israele: non era chiaro dove e come sarebbe stato possibile l’attraversamento del mar Rosso, ma Miriam ha creduto nelle parole ricevute da Mosé! I racconti su Miriam la descrivono come una ragazza molto attenta: lei salva il fratello, è una donna che ama, si prende cura, affronta con fortezza tutto quello che la vita pone davanti al suo popolo. Ed è una donna coraggiosa e intraprendente: se leggiamo Numeri 12,1-9 ci accorgiamo di quanto lei senta che il Signore ha parlato sì attraverso Mosè, ma anche attraverso lei ed Aronne. Ma di questa intraprendenza sarà solo lei a portarne le conseguenze, non il fratello Aronne: Miriam la profetessa è stata la prima ad entrare in isolamento, fuori dall’accampamento. È lei il modello coraggioso di chi sa sostenere l’ira del Signore. E tanta era la fiducia del popolo in Miriam, che i figli di Israele hanno atteso che fosse riammessa nell’accampamento per partire di nuovo: non si continua il cammino senza di lei! Ecco perché fece cantare Israele:

E Miriam, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano il tamburo, e tutte le donne uscirono dietro di lei, con tamburi e danze, e Miriam rispose loro: “Agli uomini; ha dimostrato coraggio e linguaggio di eguaglianza con i suoi fratelli e gli uomini. Cantate al Signore, perché è orgoglioso, un cavallo e il suo cavaliere sono in alto nel mare” (Es 15,20-21). Il desiderio di arrivare alla propria terra è il moto della speranza ebraica, un desiderio attivo e funzionale. Miriam dimostra con le sue azioni una presenza attiva tra la sua gente, di eguaglianza e collaborazione nel cammino di costruzione del popolo.

a cura di sr. Naike Monique Borgo

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