La primavera di Giovanna

22
Mag

Gli inizi

Giovanna nasce a Bolzano Vicentino il 23 maggio 1868 da mamma Luigia Teresa Francescato e papà Stefano. I suoi erano pastori e Giovanna viene alla luce in una stalla mentre stavano per raggiungere i pascoli alti. A tre anni, vista la gracile costituzione, i suoi genitori pensano di affidarla ad alcuni parenti che abitano a Breganze, perché nella stabilità di una casa e nella possibilità di cure adeguate, possa crescere serena. Giovanna trascorre la sua infanzia e la sua giovinezza con Maria, sorella della mamma e il suo sposo Antonio Baggio, che già aveva avuto la gioia di farle da padrino “il giorno felice del suo battesimo” (Mem I, 1). Giovanna è quella figlia che mancava al loro matrimonio.

Breganze è un bel paese disteso sui colli a Nord Est di Vicenza. Ricco di viti e frutteti, è fornito di una serie di botteghe artigianali e di piccole fabbriche che lo rendono un centro di commerci e di scambi molto frequentato. Possiede un Duomo e gode della presenza di numerose associazioni religiose e civili. Giovanna è pienamente inserita in questo ambiente, frequenta la Chiesa con assiduità ma arriva il momento della crisi quando, a dodici anni, comincia a sentire “distrazione e indifferenza per le cose di religione” (Mem I, 2).

I sogni

Proprio in piena crisi esistenziale il Signore si fa vicino in modo imprevedibile attraverso due sogni degni di nota: nel primo le appare un’amica, deceduta da poco, che con un piccolo gesto della mano fa crollare una grande torre dicendo: “Così sono le cose del mondo!” Quel sogno la scuote profondamente e la spinge a cercare l’essenziale, ciò che non passa e a “cominciare una vita nuova” (Mem I, 2).

Il secondo sogno, avvenuto a quindici anni ha i suoni e i colori di una festa nuziale: “Mi sembrava di essere in una casa nella quale il padrone aveva imbandito un banchetto di soli uomini: destinata io al servizio della tavola, entrai e vidi, fra tutti, uno seduto più in alto, bello, splendente, somigliante tutto ad una immagine del Sacro Cuore [di Gesù]…Lui guardandomi con occhio di compiacenza, mi pose una mano sul capo e mi disse: “Se vorrai essere una vera mia figlia, dovrai consacrarmi il giglio della tua verginità”. (Mem I, 3). Al risveglio, questa volta, la gioia è grande! E un desiderio preciso prende, da quel giorno, dimora in lei: consacrarsi interamente a Dio.

I passi

Poco tempo dopo, nel 1885, Giovanna decide di bussare alla porta delle Suore Maestre di Santa Dorotea. Qui avvennero due fatti che le rivelarono una singolare chiamata da parte di Dio. Il primo fu l’aver percepito chiaramente che il Signore non la voleva lì ma “a Breganze, unita ad altre figliuole” (Mem I, 4). L’altro fatto è il ricorso all’intercessione di San Giuseppe che le Suore Dorotee fecero per discernere se tenere Giovanna con loro: “Tutte le Suore pregavano per me perché si doveva decidere se rimanere ancora, giacchè causa la poca salute non credevano di tenermi presso di loro. Il giorno di san Giuseppe infatti ho fatto ritorno in casa degli zii a Breganze” (Mem I, 4). Da questi due avvenimenti si coglie con chiarezza una singolare vocazione a cui Giovanna corrisponde accogliendo con docilità gli appelli dello Spirito a percorre una “via che mai avrebbe immaginato”.

sr. Lucia Antonioli

|News