Fare dell’esperienza di preghiera una trasformazione, che cambia i nostri punti di vista per renderli più evangelici
Per vivere una significativa esperienza di relazione è necessario aprirsi alla possibilità di uscirne cambiati, altrimenti la relazione è avvenuta solamente con se stessi, quindi in realtà non c’è stata. Se pregare è mettersi in relazione, una dimensione fondamentale della preghiera è la conversione. E non si tratta primariamente di un’indicazione di tipo morale, ma di fare dell’esperienza di preghiera una trasformazione, che cambia i nostri punti di vista per renderli più evangelici. In quest’ottica dovremmo verificare il nostro approccio alla preghiera di conversione, dal momento che troppo spesso pensiamo che si tratti di intercedere presso Dio la conversione degli altri: i peccatori (che non siamo noi) il mondo in preda del male (che non è il nostro) chi ha idee sbagliate (che non sono le nostre). Papa Francesco, che chiede di prepararsi al Giubileo del 2025 con una grande sinfonia di preghiera, ha lanciato la sfida di una riforma di noi come chiesa. In questo dare nuova forma, riplasmare il nostro discepolato di Gesù di Nazaret, la preghiera sarà pertanto anzitutto preghiera per la nostra conversione.
Pregare per convertire la preghiera
“Pregando, non sprecate parole” (Mt 6,7)
La prima conversione riguarda proprio la preghiera e il senso che diamo a questa prassi di fede. Preghiamo per dire a Dio quello che sa già, molto prima che glielo diciamo? Preghiamo per affidare a Lui quanto dovremmo fare noi? Preghiamo moltiplicando parole, che in realtà divengono un parlarci addosso? Paolo apostolo ricorda che è lo Spirito a pregare in noi, pertanto l’atto del pregare è sintonizzarsi con ciò che ci abita dentro e anima l’intero creato. Pur nel rispetto delle forme religiose, con le quali ciascuna e ciascuno tenta di pregare, pregando si dovrebbe un po’ alla volta passare dal dire orazioni al consegnarsi intimo e profondo, che ultimamente approda ad un ascolto silenzioso. Come capita al profeta Elia, che viene convertito dalla preghiera gridata fonte di violenza sul monte Carmelo, alla voce di silenzio sottile sul monte Oreb. Entriamo pertanto nella preghiera disponibili ad essere spiazzati e non solo confermati, con l’interrogativo se la nostra sia davvero preghiera, non con l’intento di assolvere un dovere o compiere le nostre devozioni. Preghiamo per convertire la preghiera, quella personale e anche quella che viviamo comunitariamente, in un cammino di purificazione e spoliazione, come faceva Gesù di Nazaret nelle notti passate in solitudine.
Pregare per convertire l’immaginario su Dio
“Non ti farai immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo” (Dt 5,8)
Troppo spesso l’immaginario che abbiamo su Dio somiglia a una pubblicità datata, ma che rende l’idea. Al bambino buono viene presa la merenda dal compagno cattivo, allora lui dice rivolto verso l’alto: “Gigante, pensaci tu!”. E il gigante arriva a riconsegnare la merenda strappata con violenza. Lo vorremmo anche noi, ma molte delle nostre preghiere non ottengono l’esito sperato: perché Dio è sordo o perché non è come noi lo pensiamo? Il pastore Bonhoeffer, grande credente e testimone, parla del Dio tappabuchi al quale ci rivolgiamo non con una fede adulta, ma da eterni bambinetti invocanti il gigante buono. Un’idea magica, smentita dai fatti. Pregare per convertire l’immaginario su Dio diventa più urgente quando si tratta di stravolgimenti devastanti; ci sono state e ancora ci sono preghiere, anche in ambito cristiano, rivolte ad una immagine guerresca di Dio, nel nome del quale si fanno le guerre e si sterminano i nemici. Ma anche pregare un Dio immaginato unicamente al maschile legittima un patriarcato tuttora presente in famiglia, nella società e nella chiesa. Un’indicazione per una preghiera meno ancorata a immagini, che finiscono per essere proiezioni nostre, è: non pregare Dio, ma pregare in Dio.
Pregare per convertire le visioni discriminanti dell’essere umano
“Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina” (Gal 3,28)
Un cambiamento di prospettiva sulla preghiera è di viverla non come un modo per convincere Dio a pensarla come noi, ma convertire noi a vedere persone e cose come le vede Lui. Pregando possiamo progressivamente convertire pregiudizi discriminanti, che giudicano ed escludono, per aprirci all’inclusività. Non è così facile, se all’indicazione di papa Francesco di benedire anche coppie irregolari e omosessuali proprio per il fatto che l’occhio di Dio guarda sempre e comunque con benevolenza, vescovi e cristiani si sono stracciate le vesti. Eppure la testimonianza di Gesù di Nazaret è chiara e il Padre al quale dice di rivolgersi manda sole e pioggia sui buoni e sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti. La preghiera può e deve guarire idee e pratiche, che vanno contro il riconoscimento che siamo sorelle e fratelli tutti, e possiamo farlo trovando il modo di condividere l’esperienza con altri cammini e tradizioni religiose. Insieme per pregare, si era detto già al primo incontro interreligioso di Assisi nel 1986; ma nel frattempo le divisioni si sono addirittura accentuate, i nazionalismi rischiano di avere la meglio e nel mondo si combatte una guerra mondiale a pezzi. Motivo in più per incrementare una preghiera che converta i cuori, per poter abbattere i muri.
Pregare per convertirsi alla conversione ecologica
“Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno” (Gen 8,22)
Nelle Scritture non è unicamente l’essere umano che prega, ma l’intera comunità della creazione; pensiamo ai Salmi, con mari e fiumi che battono le mani, monti e colline che saltano, pesci ed uccelli che benedicono. Si prega in sintonia con il respiro del cosmo, consapevoli tuttavia di come stiamo abusando della custodia del giardino della creazione: manca l’aria, il respiro si fa corto, l’energia creatrice viene stravolta in energia distruttrice. Non si tratta di una moda, come qualcuno dice criticando l’impegno ecologista dei più giovani e di un vecchio che ancora sogna come papa Francesco, bensì di convincerci che o c’è una conversione ecologica oppure non abbiamo futuro né noi né il mondo che ci è affidato. Ecco allora la necessità di una preghiera di conversione, che non solo recuperi speranza, ma attivi scelte ancora possibili per cambiare strada. Si prega infatti non per ritirarsi in disparte, quasi a non sporcarci le mani nei problemi. Se così fosse, avrebbe ragione chi dice, a fronte di troppe situazioni drammatiche: “Non basta più pregare!”. C’è un nesso significativo tra pregare ed agire e la preghiera di conversione lo mette in particolare evidenza. Certo, per dirla in modo sintetico la preghiera non cambia le cose, cambia noi affinché le cambiamo; ma possiamo cambiarle non attingendo unicamente alle nostre forze, aprendoci piuttosto all’energia dello Spirito. Egli soffia dove vuole e quindi ispira le preghiere di credenti di tutti i tipi, anche dei diversamente credenti, chiamati già da papa Giovanni XXIII donne e uomini di buona volontà.
don Dario Vivian