La passione in madre Giovanna/2

13
Set

Seconda parte della riflessione offerta da sr. Maria Coccia sul tema della passione nella vita di madre Giovanna.

LA KENOSI DI GIOVANNA

Giovanna segue Gesù nel suo cammino di abbassamento, assumendo gli ostacoli e i limiti reali che incontra nella sua vita. A questi aggiunge piccole rinunce e privazioni, per esercitare la volontà e liberarsi da quegli attaccamenti vincolanti che la ostacolerebbero nell’unirsi a Dio.

“Il Signore a poco a poco faceva conoscere all’anima mia la miserabilità delle cose terrene”.

“La passione che mi predomina è a parer mio qualche impazienza, mi sono proposta di tacere e di nascondere ciò che provo nel momento del caldo; ma purtroppo la mia grande superbia unita al suo amato figliuolo, l’amor proprio, dà prova di sé; non Le dico poi quanto resto confusa, da perdere la pace del cuore, quando mi succede tale mancanza”.

“Le mortificazioni che mi sentirei di fare sarebbero piccole – fossero di corpo o di spirito, pure (…)  regolate dall’ obbedienza, e fossero tali, da farle veramente di nascosto. Io infatti cercherei quelle piccole cose, che mi facessero vivere da morta nel mondo, e mi concedessero d’essere più unita con Dio (finora ho cercato troppo i miei comodi) e mi sono sacrificata poco, nel rinnegare la mia volontà”.

Giovanna approfitta di tutte le circostanze per crescere nella fede, nell’umiltà, nella carità, nel dominio di sé, e giungere al sacrificio della propria volontà e alla piena disponibilità alla volontà di Dio.

Nell’autunno 1906, durante gli ultimi preparativi per avviare la comunità, affrontò una vera notte del Getsemani:

“Verso la fine di questo ottobre 1906 il freddo si faceva sentire abbastanza, mentre (nella casetta) mancavano ancora i letti con tutto il necessario. Vedendomi priva di mezzi e, per la condizione in cui mi trovavo, costretta a far tutto con le mani legate, confesso che una sera provai una tristezza così profonda da sentirmi venir meno le forze. In tale stato mi rivolsi a Gesù, unii l’amarezza che provavo a quella ch’Egli sofferse nell’orto degli Ulivi e così, fra il dolore e la rassegnazione, passai tutta la notte. Alla mattina mi sentii scossa da una voce interna che, mentre rimproverava la mia debolezza, mi animava a continuare la via con coraggio”.

Nel cammino di abnegazione, le sofferenze fisiche, le offese, le mortificazioni diventano sentiero preferenziale. La salute è causa di sofferenze e umiliazioni che Giovanna, tuttavia, vive con pace.

Luigia Viero scrive in data 10 maggio 1914: “La nostra Madre fa proprio compassione, niente vi è che possa un poco sollevarla, solo una grazia dall’alto.”

Così si esprime Giovanna: “Davanti alla volontà di Dio non si può andare. E così si pronuncerà il grande fiat: Signore sia fatta la tua volontà”.

È la coscienza di essere radicalmente amati che ci consente di abbracciare il cammino esigente dell’amore.

LA COMUNITÀ: ABNEGAZIONE E ZELO

Giovanna, chiamata da Dio a fondare una comunità religiosa, si dedica con tutta sé stessa a questa impresa impossibile.

“Questa nuova famiglia verginale, sorta dal niente… da trent’anni forma l’unico sospiro del mio cuore”.

“Abnegazione e zelo” è la passione che unisce la comunità di Giovanna nel seguire insieme il Signore.

“Lo spirito doveva essere abnegazione perfetta di sé stesse e zelo indefesso della salute delle anime”.

“Dal Cuore trafitto di Gesù la comunità potrà sempre attingere la comunione che la rende unita”.

“Vi prego specialmente per le gocce che scorrono dalla ferita del Cuore dolcissimo di Gesù, di volervi bene, di trattarvi con grandissima Carità, di considerarvi tutte come Spose di Gesù, di compatirvi, d’aiutarvi a correggere i vostri difetti scambievolmente, onde essere forti e costanti nella via incominciata. Ci sovvenga sempre che ciò che ci guadagnerà la bella grazia alla quale aspiriamo non saranno le gioie, né le soddisfazioni, ma bensì le croci e le amarezze”. (Alle sorelle della comunità)

“È un monte alto da salire, ma il cammino sarà leggero e soave se saremo unite al nostro diletto Sposo, Gesù.” (A Orsola Balasso, gennaio 1907)

Giovanna persegue una santità comunitaria – un monte alto da salire – che l’amore di Cristo rende non solo possibile, ma addirittura soave.

sr Maria Coccia

Seconda parte della riflessione offerta da sr. Maria Coccia sul tema della passione nella vita di madre Giovanna.

LA KENOSI DI GIOVANNA

Giovanna segue Gesù nel suo cammino di abbassamento, assumendo gli ostacoli e i limiti reali che incontra nella sua vita. A questi aggiunge piccole rinunce e privazioni, per esercitare la volontà e liberarsi da quegli attaccamenti vincolanti che la ostacolerebbero nell’unirsi a Dio.

“Il Signore a poco a poco faceva conoscere all’anima mia la miserabilità delle cose terrene”.

“La passione che mi predomina è a parer mio qualche impazienza, mi sono proposta di tacere e di nascondere ciò che provo nel momento del caldo; ma purtroppo la mia grande superbia unita al suo amato figliuolo, l’amor proprio, dà prova di sé; non Le dico poi quanto resto confusa, da perdere la pace del cuore, quando mi succede tale mancanza”.

“Le mortificazioni che mi sentirei di fare sarebbero piccole – fossero di corpo o di spirito, pure (…)  regolate dall’ obbedienza, e fossero tali, da farle veramente di nascosto. Io infatti cercherei quelle piccole cose, che mi facessero vivere da morta nel mondo, e mi concedessero d’essere più unita con Dio (finora ho cercato troppo i miei comodi) e mi sono sacrificata poco, nel rinnegare la mia volontà”.

Giovanna approfitta di tutte le circostanze per crescere nella fede, nell’umiltà, nella carità, nel dominio di sé, e giungere al sacrificio della propria volontà e alla piena disponibilità alla volontà di Dio.

Nell’autunno 1906, durante gli ultimi preparativi per avviare la comunità, affrontò una vera notte del Getsemani:

“Verso la fine di questo ottobre 1906 il freddo si faceva sentire abbastanza, mentre (nella casetta) mancavano ancora i letti con tutto il necessario. Vedendomi priva di mezzi e, per la condizione in cui mi trovavo, costretta a far tutto con le mani legate, confesso che una sera provai una tristezza così profonda da sentirmi venir meno le forze. In tale stato mi rivolsi a Gesù, unii l’amarezza che provavo a quella ch’Egli sofferse nell’orto degli Ulivi e così, fra il dolore e la rassegnazione, passai tutta la notte. Alla mattina mi sentii scossa da una voce interna che, mentre rimproverava la mia debolezza, mi animava a continuare la via con coraggio”.

Nel cammino di abnegazione, le sofferenze fisiche, le offese, le mortificazioni diventano sentiero preferenziale. La salute è causa di sofferenze e umiliazioni che Giovanna, tuttavia, vive con pace.

Luigia Viero scrive in data 10 maggio 1914: “La nostra Madre fa proprio compassione, niente vi è che possa un poco sollevarla, solo una grazia dall’alto.”

Così si esprime Giovanna: “Davanti alla volontà di Dio non si può andare. E così si pronuncerà il grande fiat: Signore sia fatta la tua volontà”.

È la coscienza di essere radicalmente amati che ci consente di abbracciare il cammino esigente dell’amore.

LA COMUNITÀ: ABNEGAZIONE E ZELO

Giovanna, chiamata da Dio a fondare una comunità religiosa, si dedica con tutta sé stessa a questa impresa impossibile.

“Questa nuova famiglia verginale, sorta dal niente… da trent’anni forma l’unico sospiro del mio cuore”.

“Abnegazione e zelo” è la passione che unisce la comunità di Giovanna nel seguire insieme il Signore.

“Lo spirito doveva essere abnegazione perfetta di sé stesse e zelo indefesso della salute delle anime”.

“Dal Cuore trafitto di Gesù la comunità potrà sempre attingere la comunione che la rende unita”.

“Vi prego specialmente per le gocce che scorrono dalla ferita del Cuore dolcissimo di Gesù, di volervi bene, di trattarvi con grandissima Carità, di considerarvi tutte come Spose di Gesù, di compatirvi, d’aiutarvi a correggere i vostri difetti scambievolmente, onde essere forti e costanti nella via incominciata. Ci sovvenga sempre che ciò che ci guadagnerà la bella grazia alla quale aspiriamo non saranno le gioie, né le soddisfazioni, ma bensì le croci e le amarezze”. (Alle sorelle della comunità)

“È un monte alto da salire, ma il cammino sarà leggero e soave se saremo unite al nostro diletto Sposo, Gesù.” (A Orsola Balasso, gennaio 1907)

Giovanna persegue una santità comunitaria – un monte alto da salire – che l’amore di Cristo rende non solo possibile, ma addirittura soave.

sr Maria Coccia