Qualche giorno fa leggevo un articolo, apparso su un quotidiano nazionale, che mi ha particolarmente colpito per due motivi: in primo luogo perché parlava della necessità, sempre più avvertita nel nostro tempo, di ricavarsi spazi e momenti per restare in silenzio; il silenzio veniva considerato una terapia, una possibilità per riprendersi dalle difficoltà e dallo stress della vita di ogni giorno. Addirittura, si citava in tale articolo, si stanno per avviare attività turistiche rivolte proprio a questo genere di “vacanzieri”: coloro che alle ferie chiedono “solo” silenzio. Il secondo motivo per cui tale articolo mi aveva colpito era l’autore, Paolo Rodari, già scrittore di un libro dal titolo significativo: La custode del silenzio. Il libro racconta l’esperienza di Antonella Lumini, che da quarant’anni custodisce il silenzio dentro di sé dopo averlo a lungo cercato.
Il 28 maggio scorso ho avuto la fortuna di conoscerla. Con l’associazione Presenza Donna l’avevamo invitata in occasione del Festival biblico che quest’anno ha avuto per tema “Felice chi ha la strada nel cuore”. Nel caso di Antonella si potrebbe anche dire “felice chi fa del cuore una strada”.
Antonella Lumini abita a Firenze, in una via centrale, vicino a una delle piazze più frequentate dai turisti. Lì, nel cuore di una grande città, vive la sua vita solitaria, scandita fino a pochi mesi fa dal lavoro ma soprattutto dal ritmo che il silenzio dà alle sue giornate. Quando, la mattina del 28 maggio scorso, è arrivata alla stazione di Vicenza, la prima impressione che ho avuto è stata quella di una persona “leggera” non solo perché fisicamente minuta, ma perché non ha pesi interiori, nel cuore.
Antonella non ama essere definita “eremita di città”. Di lei e della sua esperienza dice: “È chiaro che faccio una vita di nascondimento, ora meno perché sento che è avvenuto un cambiamento e prevale la testimonianza, quindi mi lascio andare allo Spirito e non metto barriere. Questo lasciarsi portare non può trovare una identificazione, si tratta di rispondere a quello che passa, per cui le fasi della vita possono anche cambiare. Secondo me la vita dello Spirito non si adatta a delle ‘etichette’; lo Spirito non si sa da dove viene né dove va, e quindi bisogna stare nella nudità e rispondere”.
Il suo percorso contempla una giovinezza da non credente, studente di filosofia, vita in comune con amici universitari e il ‘68 che con la sua forza dirompente entra anche nella sua vita. È il tempo delle domande e, con esse, dei viaggi che, sempre più, si caratterizzeranno in ricerca di luoghi della storia, delle radici dell’umanità prima e del cristianesimo poi. Di quel tempo Antonella dice: “era la ricerca di un mistero, di qualcosa che sfuggiva e che però era fortemente pressante dentro di me, come uno struggimento, una nostalgia che mi impediva di fermarmi e il silenzio era proprio lo strumento di questo”.
Da qui, i passi successivi sono l’acquisto di una Bibbia e il ritorno alla Chiesa. Quest’ultimo, però, sarà complicato, richiederà del tempo che verrà colmato da altre esperienze e soprattutto dalla frequentazione di due eremi, quello di Cerbaiolo e quello delle Stinche, entrambi in terra toscana. Questi luoghi diventano sempre più la sua casa, i suoi rifugi, anche per lunghi periodi.
Ma anche dopo gli eremi, le passeggiate sulle colline toscane, il deserto algerino, Antonella non trova il suo posto finché non le viene consegnato un libro molto particolare: parla della pustinia, che nella Russia ortodossa è una realtà molto conosciuta.
Ecco come Antonella la definisce e come inquadra la sua esperienza in questo orizzonte: “pustinia vuol dire deserto in lingua russa, però va oltre il luogo geografico, diciamo che è il luogo in cui si cerca il contatto con Dio. Nella Russia, prima della rivoluzione, si sentiva questo richiamo al silenzio ed era considerata una grande vocazione. La persona che riceve questa vocazione non deve rendere conto a nessuno, basta la benedizione di un prete e poi va. È una vocazione nella libertà dello Spirito, non c’è nessuna istituzionalizzazione. Questa persona si mette in cammino, si mette vicino ad un villaggio a disposizione della comunità. Un custode del silenzio che però ascolta la voce di Dio e in più ascolta le persone; quindi è questa la valenza del pustinik, che non è un eremita isolato dal mondo, ma proprio un custode del silenzio dentro il mondo, a disposizione dell’umanità. Ed era quello che in pratica è successo a me: più desideravo il silenzio e la solitudine, più affinavo l’attitudine ad entrare nei meandri dell’anima, più conoscevo me stessa, diventavo sensibile all’ascolto delle persone; ero sempre più circondata da tante persone, molte delle quali sofferenti. Ho trovato in questo libro molte caratteristiche di quello che stavo vivendo anch’io, che avevo fatto senza sapere di questa tradizione. Quando l’ho scoperta, ho capito che questa era la mia chiamata: vivere nel solo a solo, in un’esperienza diretta con Dio”.
Da quel momento in poi Antonella ricava nella sua casa una stanza che diventerà la sua pustinia, dove ogni giorno si reca per l’incontro personale con quel Dio che ben presto scoprirà come Madre:
“Madre nostra / che sei grembo di vita / lo Spirito Santo si effonde / l’amore fluisce / la bellezza luminosa fiorisce / come in cielo così in terra. / Ogni giorno ci nutri con la tua grazia. / Sciogli le nostre chiusure. / Ci avvolgi nella meraviglia / della tua opera creatrice. / Preservi la memoria della luce /anche quando siamo nel buio / e ci liberi dalla paura” (preghiera tratta dal libro Dio è Madre).
Oggi Antonella ha deciso di uscire allo scoperto, di far conoscere la sua esperienza. Lo fa tenendo un incontro settimanale in parrocchia, ma, soprattutto, ascoltando le tante persone che bussano alla porta della sua casa, alla ricerca di una parola o di un luogo dove trovare il silenzio.
Non avevo mai incontrato un’eremita e temevo un po’ questo momento pensando di incontrare qualcuno di troppo “particolare” per vivere alle nostre latitudini. Antonella, invece, ci insegna che lo Spirito parla a tutti e a ciascuno, che la sua voce è soave e tenace e che seguirla ci può portare a quella serenità del cuore e dell’anima che tutti agogniamo.
Francesca Nardin