Donna chiama donna, questo è il nome dell’associazione con la quale il 17 giugno 2020 noi operatori volontari di servizio civile del progetto Con-Tatto 2020, a fianco di minori e donne, senza confini” abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci.
Donna chiama donna non è soltanto il titolo di copertina di questa realtà, ma ci aiuta a definire il suo operato nonché la sua mission. Donne che chiamano e che cercano altre donne, per proteggerle e supportarle in quanto vittime di innumerevoli e indicibili violenze, per dire basta a quelle malsane logiche di una società patriarcale che vuole renderci nemiche anziché sorelle.
L’associazione opera nel territorio vicentino da oltre 30 anni offrendo uno sportello d’ascolto ed altre diverse iniziative che coinvolgono una trentina di volontarie. Tra le attività svolte ricordiamo il gruppo di auto mutuo aiuto per donne che presentano dipendenze affettive, il gruppo scuola che attua percorsi di prevenzione all’interno degli istituti scolastici, lo sportello di ascolto telefonico per genitori e minori, il gruppo di psicoterapia.
Dalle esigenze del territorio e della comunità è inoltre emersa negli anni l’esigenza di superare la frammentarietà dei servizi rivolti alle donne vittime di violenza al fine di attuare prese in carico più complesse e durature, tanto che l’associazione Donna chiama donna ha iniziato a gestire il Centro Antiviolenza (Ceav) di Vicenza. Il centro è aperto cinque giorni su sette ed accoglie qualsiasi donna in cerca di aiuto bussi alla sua porta. Solitamente le donne arrivano al centro per loro iniziativa, cercando un contatto telefonico per trovare una via di fuga dalla loro situazione, o per segnalazione dei Carabinieri o dei servizi sociali, a volte dopo aver sporto denuncia per le violenze subite. Le operatrici del Ceav durante il primo colloquio con la donna vittima di violenza, un momento di fondamentale importanza, cercano di capire chi si trovano davanti: che cosa ha spinto la donna a chiedere aiuto? Che situazione sta vivendo? Qual è la gravità di tale situazione? E soprattutto, che tipo di violenza sta subendo o ha subito. Perché le forme di violenza che si possono vivere sono ahimè molte, alcune più subdole e difficilmente debellabili di altre. Tra queste ricordiamo:
- la violenza fisica: le percosse, i pugni, i calci, o qualsiasi atto guidato dall’intenzione di fare del male fisico;
- la violenza psicologica: tra le peggiori poiché non lascia segni visibili sulla pelle, sono molte le sue forme tra cui le minacce e le umiliazioni;
- la violenza assistita: si verifica nel momento in cui i figli della coppia assistono alla violenza agita sulla propria madre;
- la violenza economica: il controllo dei conti correnti e del denaro, che mira ad impedire una qualsiasi autonomia e indipendenza economica della donna;
- la violenza sessuale: che contrariamente a quanti molti ancora pensano, può verificarsi anche all’interno di un matrimonio, in quanto il consenso al momento dell’atto sessuale è un qualcosa di imprescindibile e che non può essere dato per scontato solamente per via del legame affettivo o giuridico con il proprio partner.
Insomma il Centro Antiviolenza ha molte lotte da combattere in favore delle sue utenti e per farlo non utilizza coltelli o pistole, bensì progetti: armi molto più efficaci quando si parla di ricominciare a vivere una vita serena e riacquisire la stima di sé.
L’incontro e la possibilità di conoscere più a fondo questa realtà del nostro territorio è stata non solo un’esperienza altamente arricchente e formativa, ma anche uno spunto ed una motivazione in più per supportare le iniziative proposte dall’associazione e contribuire a diffondere un messaggio di speranza per tutte le donne che ogni giorno sono vittime di violenza. A tutte loro noi diciamo: “Si può uscire da questa situazione, si può cambiare… e non sarete lasciate sole”.
Ilaria Giaretta