Qualche input di approfondimento a partire dall’ultimo libro di Stefano Allievi, presentato per la Giornata mondiale del rifugiato
In occasione della Giornata mondiale del rifugiato dello scorso giugno, Presenza Donna, in collaborazione con molte altre associazioni vicentine, ha organizzato due incontri significativi accomunati dal titolo Rifugiati: artigiani di pace. La veglia ecumenica di preghiera Morire di speranza (alcune foto a pagina seguente) per ricordare coloro che hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa, e una conferenza-spettacolo in cui Stefano Allievi ha presentato il suo ultimo interessante libro: Immigrazione. Cambiare tutto (Laterza). Allievi, professore di sociologia e direttore del Master sull’islam in Europa presso l’Università di Padova, si occupa di migrazioni e analisi del cambiamento culturale e del pluralismo religioso, temi sui quali ha condotto numerose ricerche in Italia e all’estero.
“In questo libro ho sentito l’esigenza personale di fare questo lavoro: cercare e possibilmente trovare le risposte alle domande più scomode”, scrive. “Le migrazioni possono essere dettate dal desiderio o dal bisogno, dalla speranza o dalla disperazione, da fattori di spinta o di attrazione: e sempre più spesso da diverse di queste ragioni messe insieme. Ma ci sono. Sono sempre di più. E saranno ancora di più in futuro. È un fenomeno di dimensioni sempre più ampie, sempre più diffuso, sempre più frequente […]. Che, dunque, va governato. E per farlo, come tutti i fenomeni complessi, presuppone uno sforzo di analisi e di riflessione altrettanto complesso. E complessa ne è la gestione. Ma questo la rende solo più necessaria, urgente, ineludibile”.
Quello di Allievi è un libro ricchissimo di dati, ricerche aggiornate, approfondimenti sul tema e su tutte le questioni che porta con sé. Come invito alla lettura (è disponibile al prestito presso la biblioteca di Presenza Donna) ne riportiamo qualche brano.
A proposito di risposte da dare, Allievi afferma: “sull’immigrazione è necessario cambiare paradigma interpretativo e, dal punto di vista pratico, molto, o quasi tutto, dell’approccio emergenziale attuale”. È urgente “produrre altre politiche di immigrazione, che implichino l’esistenza di flussi regolari, controllati, ovviamente limitati ma anche ragionevoli, tenendo presenti gli effettivi bisogni economici e demografici dell’Europa”.
“Sono tre i mutamenti fondamentali – che hanno a che fare con le migrazioni – che stanno cambiando non solo il paesaggio migratorio, ma la struttura stessa delle nostre società: tre cambiamenti strutturali e irreversibili, che, semmai, radicalizzeranno ulteriormente i loro effetti nei prossimi anni. Sono interrelati, e si sostengono mutuamente. Tre parole chiave, da tenere in mente per il futuro: mobilità, pluralità e mixité (o meticciato, o semplicemente incontro)”.
La svolta necessaria rispetto al modo di pensare, gestire, vivere le migrazioni, richiede fra le altre cose di cambiare sguardo e cambiare scala. “Giunti al termine di questo percorso, almeno alcune cose saranno chiare. La prima è che l’immigrazione c’è, ci sarà, è inevitabile che ci sia, nello scenario di mobilità che abbiamo descritto aumenterà ulteriormente, in ingresso e in uscita (il che non significa affatto che non possa essere normata e regolamentata – al contrario, abbiamo dato delle indicazioni su come farlo). Non è dunque un problema di se. È un problema di quanto. E di come.
Di quanto: […] quanta immigrazione è non solo conveniente, ma sopportabile, senza che i costi superino i vantaggi, e i rischi di implosione non divengano troppo alti. Siamo ancora lontani da questo scenario: ma la riflessione va fatto con congruo anticipo, se vuole essere utile. Di come: spingendo, ed è possibile, verso una immigrazione legale, regolamentata, cercando di diminuire drasticamente, ed è possibile, quella illegale e non regolamentata.
I flussi migratori sono flussi, appunto. Possiamo paragonarli a un rubinetto aperto, o a un fiume. Di fronte a un rubinetto aperto, pretendere di fermarne il flusso a metà della caduta è illusorio […]. Ma non si può neanche lasciare il rubinetto aperto e il fiume al suo corso, come pretenderebbero i fautori dell’imperativo etico dell’accoglienza di tutti, dei salvataggi in mare senza porsi il problema di fermare le partenze.
Ma tra limitarsi a cercare di contenere il flusso, deviandolo dove si può, e lasciarlo scorrere aiutandone solo il deflusso, per quel che si riesce, esiste una terza opzione possibile. […]
Restano solo altre due cose da fare, e da fare insieme. Da un lato fare in modo che il flusso diminuisca, con un fortissimo investimento per creare sviluppo all’origine (senza affrontare le diseguaglianze globali, il flusso, semplicemente, non si arresterà mai, e anzi il rubinetto si aprirà sempre di più). E dall’altro regolamentarlo, in modo che l’immigrazione da irregolare diventi (come era in passato, peraltro), regolare, gestibile, oltre tutto utile a compensare flussi in uscita”.
a cura del CDS