Viviamo a Boa Vista, capitale dello Stato di Roraima, situata nella regione settentrionale del Brasile all’interno dell’Amazzonia Legale. Questa città ha una popolazione di circa quattrocentomila abitanti, secondo il censimento IBGE del 2022. La principale attività economica è il commercio. L’industria è costituita da alcune segherie e fabbriche di legname, fabbriche di ceramiche e terracotta, impianti di lavorazione del riso e una fabbrica di sapone, fornendo quindi pochi posti di lavoro. La maggior fonte di occupazione la possiamo incontrare nel settore pubblico, “l’economia dello stipendio statale”. Chi non è laureato o diplomato, è costretto a lavorare in modo informale, molte volte con lavori stagionali, o giornalieri, creando una realtà di instabilità economica. L’immigrazione di massa di venezuelani ha peggiorato notevolmente questa situazione negli ultimi anni, provocando nel territorio una svalutazione della manodopera: questi lavoratori vengono sottopagati e aumenta il numero di disoccupati e di persone in situazioni estremamente vulnerabili.
Noi suore Orsoline scm operiamo nella diocesi di Roraima e agiamo in modo sinodale con il gruppo Kar.In, con due sacerdoti della diocesi di Vicenza e i responsabili laici di dieci comunità ecclesiali, nella nostra zona apostolica denominata area missionaria Santa Rosa de Lima, regione di periferia della capitale, che concentra la maggior parte dei disoccupati e delle persone in situazione di rischio e vulnerabilità. Molti giovani vivono nell’emarginazione a causa della mancanza di una struttura familiare, della violenza domestica e della mancanza di incoraggiamento e prospettiva di vita; difficoltà che aumentano significativamente il tasso di suicidio giovanile. Molte donne sono capofamiglia e hanno la responsabilità di crescere i figli da sole, sperimentando grande solitudine e angoscia, arrivando spesso a soffrire di depressione.
Di fronte a questa realtà fragile che grida per la vita, identifichiamo la necessità di uno spazio alternativo dove siano possibili incontri fraterni e solidali, dove le persone possano esser accolte e ascoltate; uno spazio per un gruppo in cui poter vivere, condividere e lavorare; uno spazio dove si può trovare sostegno per mantenere viva la speranza e dare senso alla propria vita. Abbiamo quindi iniziato a sognare e generare un progetto sociale che rispondesse a questo bisogno.
Dopo vari incontri di riflessione e momenti di preghiera con il consiglio pastorale dell’area missionaria, è stato scelto il nome del progetto: “Il pozzo della Samaritana”. Il brano evangelico che ha dato spunto e fondamento al nostro progetto, fin dall’inizio, è tratto dal Vangelo di Giovanni 4,5-42, dove viene narrato l’incontro tra Gesù e la donna di Samaria. È uno degli episodi più belli descritti dall’evangelista Giovanni, dove si incontrano il Maestro e una donna con la sua umanità ferita, con la sua sete di vita vera.
Gesù è di Nazareth, viene dalla Galilea, è straniero in Samaria ed è lui che ha bisogno di accoglienza, è lui che per primo chiede da bere, ponendosi al livello del concreto bisogno umano, della nostra vulnerabilità e fragilità, iniziando il dialogo a partire dalla sua sete di amore:
“Dio aspetta come un mendicante” (Simone Weil).
La donna samaritana lo accoglie, con le sue domande e la sua attenzione: nell’ascolto reciproco lei si pone in un modo più profondo e nuovo. Si sente valorizzata come persona, come donna, nonostante le ferite che porta con sé dal passato.
Nella sua esperienza di Gesù quella donna riscopre sé stessa e dà senso al suo quotidiano, riprende il suo cammino di fede, e guarda avanti con una speranza ritrovata, risveglia le sue possibilità e i suoi doni. Tanto da diventare missionaria per le altre persone del suo popolo, invitandole a fare la stessa esperienza di incontro con il Signore.
Nel tempo di ascolto che si dedicano l’uno all’altra, sperimentano una relazione di intimità che li sazia, li fa risollevare e ripartire fiduciosi, con una nuova energia e un futuro promettente davanti.
Tutto questo avviene vicino ad un pozzo, che nella Bibbia è il punto d’incontro per eccellenza, dove ogni giorno le persone passavano, si incontravano, parlavano, condividevano la vita, e a volte incontravano moglie o marito.
Il progetto sociale “Il pozzo della Samaritana” ci ricorda l’immagine del pozzo biblico, dove possono incontrarsi bisogni e desideri. Un luogo dove si può sempre tornare, procurandosi la vera fonte di acqua viva. Questa casa è, per tutti coloro che vengono a bere, uno spazio di accoglienza, di ascolto e di dialogo, per curare le ferite e ripartire. Oggi, dopo due anni dall’inizio del progetto, contiamo trenta volontari, a dimostrazione che chi beve l’acqua viva si mette a servizio, a disposizione, in missione! Desideriamo che tutti possano avere l’esperienza di incontrare Dio in questo pozzo che scende nel profondo della nostra umanità e ci fa ripartire come missionari della compassione di Dio Padre-Madre.
Il progetto accompagna annualmente cento famiglie in stato di vulnerabilità. La sua metodologia prevede un accompagnamento integrale che dura un anno: ascolto, cura, formazione, condivisione di competenze e abilità, semplicità e bellezza in uno stato permanente. È organizzato in laboratori. “Mani & arte”: pittura, taglio e cucito, macramé, uncinetto, ricamo, artigianato, serigrafia; “Giocando e apprendendo”: rinforzo scolastico, lingue, musica e canto; “Seminando e raccogliendo con amore”: coltivazione e cura di orti; “Ben-essere”: terapie integrative (biomagnetismo, auricoloterapia, agopuntura, ventosa, riflessologia); assistenza psicologica. Tutto questo lascia il segno della spiritualità dell’incontro quotidiano con la propria umanità, e in essa si fa esperienza del divino che ci spinge al servizio fraterno.
sr Monica Cestari Nascimento