Il percorso di fondazione come cammino sinodale

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Dic

All’origine della Congregazione, un cammino condiviso arricchito dalle diverse componenti del popolo di Dio, ciascuna a suo modo

Spesso i santi, condotti dallo Spirito, anticipano con la vita valori e prassi evangeliche che la Chiesa riesce ad acquisire in seguito, dopo un lungo percorso di conversione. Oggi la Chiesa si impegna ad assumere la sinodalità, come stile e metodo di comunione; nella seconda metà dell’Ottocento Giovanna Meneghini maturava già una prospettiva ecclesiale simile, attraverso le esperienze che le erano date da vivere.

Iniziata alla religiosità e ai sacramenti attraverso la frequenza parrocchiale, Giovanna nel 1880, a dodici anni, si rende conto che la vita e le cose del mondo sono precarie e decide di prendere sul serio il suo cammino spirituale. La fede di Giovanna si alimenta nella preghiera e fiorisce anzitutto nelle realtà pastorali di Breganze. Inizialmente Giovanna, quattordicenne, entra a far parte delle Figlie di Maria (un’aggregazione giovanile femminile); tre anni dopo, nel 1885, parte per entrare in una congregazione religiosa a Vicenza, ma lì intuisce che “il Signore” la “voleva a Breganze unita ad altre figliole”. La condivisione spirituale e la dimensione comunitaria caratterizzeranno il percorso vocazionale di Giovanna e della sua Comunità fin dai primi passi.

Giovanna ricerca sempre un confronto sulle ispirazioni che affiorano nella preghiera; il suo parroco e confessore, don Andrea, la incoraggia, ma non la supporta nel comprendere la volontà di Dio, “costringendola” a consultare altri sacerdoti, soprattutto padri Gesuiti – esperti di discernimento e di vita religiosa – che la aiuteranno nel delineare la nuova fondazione religiosa.

La nascita di una comunità religiosa, impensabile per l’umilissima condizione sociale di Giovanna, è stata possibile grazie alla sinergia che lei ha saputo suscitare intorno a quella che sentiva essere un’opera di Dio. Confermata ripetutamente da un’interiore chiarezza divina, Giovanna non esitava a chiedere aiuto, consiglio e collaborazione a chi poteva darglieli – sacerdoti, persone facoltose, le amiche e sorelle Orsoline… Le Orsoline “esterne” (consacrate che rimanevano in famiglia) breganzesi, delle quali Giovanna era la responsabile, sono state tra le prime ad essere rese partecipi del progetto e ad impegnarsi nella sua realizzazione, agendo di nascosto per non provocare le opposizioni di chi avrebbe giudicato azzardata l’impresa. Queste giovani donne, ricche di fede e prive di mezzi, con il frutto dei loro sacrifici contribuirono in maniera decisiva alla fondazione e continuarono a sostenerla spiritualmente e materialmente. Giovanna manteneva anche i contatti con i referenti nazionali e diocesani della Compagnia di Sant’Orsola; la nuova comunità attingeva al loro stesso carisma e riferimento alla Regola di Sant’Angela Merici, ma con le caratteristiche di una congregazione religiosa.

Giovanna si premurava di invocare i necessari riconoscimenti ecclesiali dalle autorità competenti: il parroco, il vescovo e perfino il papa. Nonostante questo, alla morte di Giovanna nel 1918, la piccola e vitale comunità sorta nel 1907 non aveva ancora l’approvazione ufficiale e dovette rimanerne priva fino al 1941. Non tardò, invece, il riconoscimento da parte della gente, che vedeva nella comunità una testimonianza autentica del Vangelo, per lo stile di povertà, condivisione e servizio alla Chiesa e a chi era nel bisogno; per questo tante persone offrivano spontaneamente il loro contributo alla nascente realtà. Così pure le sorelle erano apprezzate da sacerdoti di altri paesi vicini, che le beneficavano e ne chiedevano la presenza nelle rispettive parrocchie.

Nel 1916, in piena guerra, la comunità rischia di esser espropriata totalmente della casa dai militari; Giovanna, preoccupata, scrive a don Giovanni Calabria – veronese, già noto all’epoca per la sua santità e sapienza – che le risponde rassicurandola sulla sorte della comunità. Il tortuoso percorso di fondazione della nostra congregazione, è stato un “sinodo”, un cammino condiviso, arricchito dalle diverse componenti del popolo di Dio che hanno offerto il proprio contributo, ciascuna secondo il proprio carisma, la propria vocazione, le proprie possibilità.

Giovanna e la prima comunità hanno incarnato, in un tempo nel quale la Chiesa era divisa dall’acceso conflitto tra modernisti e intransigenti, una prospettiva ecclesiale di comunione e di partecipazione; lentamente si sono creati adesione e coinvolgimento verso un progetto che – per quanto molto ardito – risultava corrispondere alla volontà di Dio. È un’indicazione preziosa da continuare a seguire.

sr Maria Coccia

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