Il Nobel per la Pace all’attivista iraniana Narges Mohammadi

07
Ott

Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato dall’Accademia di Oslo all’attivista iraniana per i diritti delle donne Narges Mohammadi.

Vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016, Mohammadi è ancora in prigione. Il comitato afferma che ha ricevuto il premio per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per i suoi sforzi nella promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.

Il comitato per il Nobel ha affermato che “la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate”. Mohammadi è ancora detenuta nel famigerato carcere di Evin e il comitato ha espresso l’auspicio che l’Iran rilasci l’attivista.

I premi Nobel per la Pace di quest’anno e degli ultimi anni dimostrano che “la democrazia è in declino”: ha spiegato la presidente del comitato Nobel Berit Reiss-Andersen motivando l’assegnazione del premio di quest’anno a Narges Mohammadi, attraverso il quale il comitato spera di inviare un segnale al governo iraniano affinché “ascolti il proprio popolo”.

Reiss-Andersen ha aggiunto che nominare Mohammadi come vincitrice di quest’anno è “prima di tutto un riconoscimento ad un intero movimento in Iran con la sua leader indiscussa Narges Mohammadi”. E ha concluso: “Speriamo che sia un incoraggiamento a continuare il lavoro in qualunque forma questo movimento ritenga opportuno”. Alla domanda su come verrà consegnato fisicamente il premio a dicembre, la presidente del comitato norvegese ha detto che spera che il governo iraniano prenda “la decisione giusta”, autorizzandola a ricevere il Nobel.

“La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane”, è il commento dell’Onu. “Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran”, ha commentato invece la famiglia di Narges Mohammadi.

“La gioia è grande. Sono così felice per Narges”: è la felicità espressa dal fratello Hamidreza all’emittente norvegese NRK per l’assegnazione del premio Nobel per la Pace a sua sorella. L’uomo, come riporta il Guardian, ha detto che non sa se sua sorella riceverà la notizia subito “ma forse qualcuno glielo dirà in prigione”. Carcere dal cui l’attivista iraniana potrebbe non uscire mai: “È difficile dire che possa essere rilasciata, sotto questo regime”, ammette l’uomo. L’auspicio è che il premio renda “più sicuro l’Iran: la situazione lì è molto pericolosa, gli attivisti possono perdere la vita”.

“Il premio Nobel per la Pace a Narges Mohammadi e con essa alle donne dell’Iran dimostra la forza delle donne per la libertà. La voce impavida di Mohammadi non può essere rinchiusa, il futuro dell’Iran sono le sue donne”, scrive o su X la ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock, citando lo slogan iraniano ‘Women, Life, Freedom’.

“Sono molto contenta che per la seconda volta il premio Nobel per la Pace sia arrivato in Iran. Narghis Mohammadi è in carcere da anni per le sue attività in sostegno dei diritti umani. Spero che il regime si renda conto che tutto il mondo ha gli occhi puntati sulle donne iraniane. Spero che cambi l’approccio nei confronti del popolo, in particolare nei confronti delle donne, mi auguro che il regime torni a ragionare in tempi brevi. Chi comanda in Iran deve capire che esistono i diritti umani, e che tutto il mondo tiene sotto osservazione chi governa calpestando i diritti umani”,  ha dichiarato al Giornale Radio Rai delle 13.00 su Rai Radio1 Shirin Ebadi, giurista iraniana in esilio, prima donna musulmana a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 2003 per il suo impegno a favore delle donne.

Mohammadi, stretta collaboratrice proprio di Ebadi, nel 2009 vinse il premio Alexander Langer. fu premiata – si leggeva nelle motivazioni – per il proprio impegno per un ”altro” Iran. L’attivista non partecipò alla cerimonia perché, all’epoca, privata del passaporto e fu rappresentata a Città di Castello da Nargess Tavassolian, figlia della Ebadi.

articolo pubblicato da Ansa

Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato dall’Accademia di Oslo all’attivista iraniana per i diritti delle donne Narges Mohammadi.

Vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016, Mohammadi è ancora in prigione. Il comitato afferma che ha ricevuto il premio per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per i suoi sforzi nella promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.

Il comitato per il Nobel ha affermato che “la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate”. Mohammadi è ancora detenuta nel famigerato carcere di Evin e il comitato ha espresso l’auspicio che l’Iran rilasci l’attivista.

I premi Nobel per la Pace di quest’anno e degli ultimi anni dimostrano che “la democrazia è in declino”: ha spiegato la presidente del comitato Nobel Berit Reiss-Andersen motivando l’assegnazione del premio di quest’anno a Narges Mohammadi, attraverso il quale il comitato spera di inviare un segnale al governo iraniano affinché “ascolti il proprio popolo”.

Reiss-Andersen ha aggiunto che nominare Mohammadi come vincitrice di quest’anno è “prima di tutto un riconoscimento ad un intero movimento in Iran con la sua leader indiscussa Narges Mohammadi”. E ha concluso: “Speriamo che sia un incoraggiamento a continuare il lavoro in qualunque forma questo movimento ritenga opportuno”. Alla domanda su come verrà consegnato fisicamente il premio a dicembre, la presidente del comitato norvegese ha detto che spera che il governo iraniano prenda “la decisione giusta”, autorizzandola a ricevere il Nobel.

“La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane”, è il commento dell’Onu. “Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran”, ha commentato invece la famiglia di Narges Mohammadi.

“La gioia è grande. Sono così felice per Narges”: è la felicità espressa dal fratello Hamidreza all’emittente norvegese NRK per l’assegnazione del premio Nobel per la Pace a sua sorella. L’uomo, come riporta il Guardian, ha detto che non sa se sua sorella riceverà la notizia subito “ma forse qualcuno glielo dirà in prigione”. Carcere dal cui l’attivista iraniana potrebbe non uscire mai: “È difficile dire che possa essere rilasciata, sotto questo regime”, ammette l’uomo. L’auspicio è che il premio renda “più sicuro l’Iran: la situazione lì è molto pericolosa, gli attivisti possono perdere la vita”.

“Il premio Nobel per la Pace a Narges Mohammadi e con essa alle donne dell’Iran dimostra la forza delle donne per la libertà. La voce impavida di Mohammadi non può essere rinchiusa, il futuro dell’Iran sono le sue donne”, scrive o su X la ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock, citando lo slogan iraniano ‘Women, Life, Freedom’.

“Sono molto contenta che per la seconda volta il premio Nobel per la Pace sia arrivato in Iran. Narghis Mohammadi è in carcere da anni per le sue attività in sostegno dei diritti umani. Spero che il regime si renda conto che tutto il mondo ha gli occhi puntati sulle donne iraniane. Spero che cambi l’approccio nei confronti del popolo, in particolare nei confronti delle donne, mi auguro che il regime torni a ragionare in tempi brevi. Chi comanda in Iran deve capire che esistono i diritti umani, e che tutto il mondo tiene sotto osservazione chi governa calpestando i diritti umani”,  ha dichiarato al Giornale Radio Rai delle 13.00 su Rai Radio1 Shirin Ebadi, giurista iraniana in esilio, prima donna musulmana a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 2003 per il suo impegno a favore delle donne.

Mohammadi, stretta collaboratrice proprio di Ebadi, nel 2009 vinse il premio Alexander Langer. fu premiata – si leggeva nelle motivazioni – per il proprio impegno per un ”altro” Iran. L’attivista non partecipò alla cerimonia perché, all’epoca, privata del passaporto e fu rappresentata a Città di Castello da Nargess Tavassolian, figlia della Ebadi.

articolo pubblicato da Ansa

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