Al Festival biblico con Presenza Donna: un interessante seminario di studio a partire dall’esegesi di giovani bibliste
A Vicenza, nell’ambito del Festival biblico 2018, dedicato al tema del futuro, il Centro Documentazione e Studi Presenza Donna ha organizzato un seminario dal titolo “Il futuro della Bibbia è anche… donna. I vostri figli e le vostre figlie profeteranno”. Relatrici del seminario, moderato da Davide Viadarin, le bibliste Lena Residori e Rosalba Manes.
Residori, partendo dal versetto che dava il titolo all’incontro, ha messo in tensione e a confronto Gioele 3,1-5 e Atti 2,16-21. L’affermazione “i vostri figli e le vostre figlie profeteranno” è infatti parte sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, e il libro di Gioele fa da ponte tra i due Testamenti.
Nella prima parte del libro, vengono enunciate varie situazioni problematiche naturali, sociali e politiche (che, opportunamente attualizzate, potrebbero essere vissute anche oggi), e il profeta richiama al pentimento e alla conversione. La scena centrale mostra il Signore che si mostra “geloso” della sua terra e si muove a compassione.
Così, nella seconda parte, la terra desolata comincia a germogliare e i popoli avversi a Israele vengono chiamati a giudizio. In questo secondo contesto si colloca l’effusione dello Spirito su ogni essere vivente, inteso nella sua realtà e fragilità, che inaugura un tempo nuovo. Ogni condizione è coinvolta: figli, figlie, anziani, giovani, schiavi, schiave. La sottolineatura di genere risalta particolarmente se rapportata alla regola dove il maschile plurale era valido come universale, e questa differenziazione rimarca la vastità del dono. L’effusione dello Spirito ha come effetto il carisma profetico: sogni e visioni, infatti, appartengono a una immagine dinamica della profezia e sarà possibile, per chiunque invocherà il nome di Dio, trovare scampo sul monte di Sion.
Il testo di Atti che riprende Gioele, come realizzazione di una promessa, presenta alcune piccole differenze che risultano però dense di significato. Luca, infatti, togliendo il riferimento a Sion, sottolinea la visione universalistica del carisma profetico, rammentando come, in esso, risulti superata ogni barriera: di genere, di età e di ceto sociale. La Scrittura attesta che la profezia non è istituzionale o per la crescita interiore, ma dono libero e gratuito dato per il bene della comunità. Nel percorso storico, questo dono ha sicuramente aperto alle donne spazi per esercitare una parola autorevole, anche se rimane urgente interrogarsi su quale esercizio profetico sia possibile oggi per le donne, e fino a che punto venga loro riconosciuto uno spazio autorevole.
Alla biblista Manes è stata invece affidata la lettura dei due testi di Giudici 11,29-40 e Esodo 2,1-10, con una particolare attenzione al rapporto presente nei due testi con la vita umana.
Il libro dei Giudici racconta il periodo intermedio tra l’entrata degli ebrei nella terra di Canaan dopo l’Esodo e il successivo periodo della monarchia. È libro di conquiste, di guerrieri e capi carismatici trattati, a volte, anche in modo caricaturale per spingere i lettori a sviluppare un senso critico sugli avvenimenti storici. Viene seguito uno schema abbastanza fisso: il popolo si allontana da Dio, viene meno all’Alleanza; subisce attacchi e devastazioni; si rivolge a Dio pentito e Dio interviene mandando un salvatore. Nello stesso tempo, però, il libro invita a una riflessione sulle potenzialità ma anche sui limiti e pericoli del potere militare, politico e religioso. Il brano commentato racconta la storia di Jefte, chiamato a combattere contro i soprusi degli Ammoniti. Jefte è un giudice particolare: figlio di una prostituta, allontanato dalla famiglia del padre e inizialmente a capo di un gruppo di briganti. Al versetto 29 viene affermato che “lo Spirito scese su Jefte”, ma già al versetto successivo, si parla di un voto che egli fa a Dio in cambio della vittoria sugli Ammoniti: il sacrificio della prima persona che uscirà dalla porta della sua casa al momento del ritorno. Jefte non solo non può ignorare che sono le donne ad uscire per celebrare, con musica e danze, la vittoria e che nel Levitico sono proibiti i sacrifici umani; ma anche quando ad andargli incontro sarà la sua unica figlia, egli non si appellerà alla misericordia di Dio per essere sciolto dal voto, e sacrificherà la figlia per mantenere, orgogliosamente, la parola data. Il ruolo di responsabilità esercitato da Jefte non riesce ad essere anche custode della vita.
Completamente diverso il contenuto del secondo brano che si colloca all’inizio del libro dell’Esodo. Dopo anni trascorsi pacificamente in Egitto, gli ebrei diventando sempre più numerosi, cominciano a essere considerati un pericolo dal faraone che condanna il popolo prima ai lavori forzati e poi elabora una soluzione che intercetta il futuro: l’uccisione dei figli maschi ebrei. Cerca a tale scopo la complicità delle levatrici, che però non abdicano al loro compito di garanti della vita e fanno sì che i piccoli ebrei possano venire al mondo. Questo però porta all’ordine di uccisione dei bimbi ebrei ed è in questo annuncio di genocidio che si innesta la storia di Mosè. Dopo essere stato nascosto per un certo tempo dalla madre, ella lo mette in una cesta e lo affida alle acque del Nilo sperando che possa essere salvato. Entra in scena la sorella Miriam che, in questa carrellata di donne straordinarie, agendo autonomamente veglia sul viaggio del fratello che viene raccolto dalle ancelle della figlia del faraone. Ella, vedendo il bambino che piange e riconoscendolo come ebreo, ne ha compassione e, disobbedendo all’ordine del padre, si fa custode di quella vita.
Più che un racconto di nascita, quella di Mosè è una storia di resistenza alla categoria del potere fatta da donne.
Se nel racconto di Jefte la figlia era passiva e non custodita, la sorella di Mosè è tenace e custodisce. Senza custodia non c’è futuro! Resta, a noi, la domanda su come oggi le donne possano, nella Chiesa, essere custodi di vita in un tempo che pare dominato dalla paura di tutto ciò che è diverso, innestando processi e facendo germogliare semi di un futuro di speranza.
Donatella Mottin