Come allargare la giustizia oltre il calcolo, facendola diventare misericordia?
Tutto si tiene. C’è una trama profonda e capillare che ci connette, noi con tutte le cose. È talmente vero. Il tema dell’ambiente malato è un modello di questa interconnessione fra realtà apparentemente lontanissime. Quarant’anni fa Konrad Lorenz scriveva che “l’oro e il denaro sono soltanto dei simboli e le materie prime necessarie alla vita, come l’aria pura e l’acqua non inquinata, presto non si potranno più acquistare neppure per tutto l’oro del mondo” (Il declino dell’uomo, edizioni Piano B, p. 229). Lorenz era uno scienziato, premio Nobel e padre dell’etologia, la scienza che studia il comportamento animale. Ma sempre i suoi lavori hanno avuto un’attenzione filosofica e in particolare etica, e soprattutto gli ultimi sono accorate riflessioni sulla cecità dell’età moderna, che non vede il suo male, il male di rapinare la terra in nome del potere e del denaro.
Il denaro non compra l’acqua se non c’è, né il grano se non viene coltivato, o l’aria se è tossica. Il denaro illude che il mondo esista al di là del mondo. È potenzialmente illimitato, si moltiplica, si stampa, adesso è anche virtuale e può sembrare che questo sia green e leggero e invece i bitcoin, la criptovaluta puramente virtuale, nessun supporto cartaceo o metallico, solo rete di scambi, è costosissima sul piano ambientale perché per produrla servono calcolatori che realizzano calcoli sempre più complessi con il crescere della domanda, e consumano energia e sono responsabili di enormi emissioni di CO2 (per chi vuole tutti i dati, qui un articolo estremamente interessante https://www.nature.com/articles/s41598-022-18686-8). Un bel paradosso. Il nostro immateriale ha bisogno di un mare di materia per esistere e se distruggiamo la terra niente resta, niente.
Per questo non si può servire Dio e mammona insieme. O la vita o il possesso. O la vita o il potere. È un po’ una vertigine. La vita è sempre terra, acqua, aria, luce, cura, persone da amare, curare, attenzione, camminar leggeri, incontrare, riconoscere parte di sé, più simili che diversi. Non è né facile né obbligatorio vedere un fratello in tutti; ma una persona come noi, di uguale valore, nata in luoghi meno fortunati, meno felici, questo lo si può fare. Il potere invece è una droga. Va sempre oltre il bisogno, perché non esiste un bisogno primario di potere. Vede l’altro come nemico, pericolo, lui mi prende, lui mi ruba, lui mi invidia, mi sottrae. Veleno dei rapporti, sospetto invece di fiducia.
È così come dice il Vangelo. Se si ama il denaro-potere-apparire-sfolgorare in faccia al mondo, è finita. Scatta una dipendenza, sarò sempre in cerca di altro, di più rispetto a quello che ho, non ci sarà successo che sia sufficiente. È la cattiva infinità. Dio che è vita e ama la vita è la buona infinità che ci vede, riconosce e ama. È il confine che ci riconosce e ci permette di non disperderci in tutto, di volere tutto. Non è facile fermarsi. Si deve andare controcorrente rispetto a un mondo che vive del suo allontanarsi dal mondo e dalla concretezza della terra, l’acqua, l’aria.
Gli economisti della felicità (Amartya Sen, Daniel Kahneman, Ed Diener, solo alcuni) da più di vent’anni denunciano il paradosso per cui accumuliamo ricchezze dissipando ambiente e relazioni sociali per poi pagare per trovare, a costo di andare lontano, in paradisi sempre più residuali, l’ambiente e i silenzi di cui abbiamo bisogno. Come si fa a non cadere nella trappola dell’arraffare e dissipare il mondo? “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre… Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si occupano i pagani; il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 7). In queste frasi, lette spesso in modo devoto, nella chiave del fidarsi e affidarsi, c’è molto di più. C’è il mondo intatto, c’è la natura con le sue leggi, ci sono gli uccelli che non accumulano e anche gli ebrei non accumulavano la manna nel deserto, ma non si tratta di non fare, di affidarsi e basta. Qui c’è il comandamento della giustizia. Agli uomini è affidato il comandamento della giustizia, con tutto quello che l’antico testamento ha insegnato, per allargare la giustizia e farla scendere dalla bilancia, dal calcolo dell’occhio per occhio e farla viaggiare per il mondo come misericordia. La giustizia di Dio è la sua misericordia, un amore che non fa più i conti, ma straborda, tracima e ama senza chiedere in cambio.
Perché questo è l’amore di Dio e questo è tutto l’annuncio del Vangelo. La lettura estetica e irenica di questo bellissimo discorso di Gesù possono coccolare la coscienza delle persone di fede e invece si tratta di “affliggere i consolati”, come diceva Tonino Bello. Oggi dobbiamo cercare tutte le moderne forme di giustizia, forme nemmeno immaginabili al tempo di Gesù.
La giustizia ambientale è una di queste. Un concetto nato ancora negli anni Ottanta del secolo scorso e fatto proprio dall’Organizzazione mondiale della sanità. È figlio dell’iniquo possesso dei beni naturali e del processo di accaparramento delle ricchezze che ha generato e genera povertà e inquinamento che ricade sui poveri e alimenta altra ingiustizia. C’è un rischio globale, vuol dire di tutti, ma i primi a cadere sono sempre i poveri. Anche qui, si tratta di lavorare in prima persona, studiare, capire, non delegare niente, guardarsi dal meccanismo perverso delle compensazioni economiche. A marzo l’Istituto affari internazionali di Roma ha organizzato un grande convegno sul nesso fra clima, migrazione, sicurezza e povertà nel Sahel. Bisogna trovare soluzioni internazionali condivise, è stato detto, e trovare strade con le persone coinvolte che possono suggerire interventi intermedi più vicini alla loro cultura. Non si può nemmeno pensare di scambiare la possibilità di inquinare con il denaro. Ci vuole una creatività politica nuova, bisogna a scuola insegnare un’economia nuova, portare al governo politici nuovi con un pensiero meravigliosamente difforme e creativo. Dio o mammona. È così vera l’affermazione di Gesù.
Maria Pia Veladiano