Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Il 26 luglio ricorre la memoria dei santi Gioacchino e Anna. È stato san Papa Paolo VI a riunire i due coniugi nella medesima festività, nel 1969, in occasione della riforma del nuovo calendario liturgico. Prima, infatti, erano ricordati in giorni separati: per Anna la ricorrenza era uguale all’odierna, mentre quella di Gioacchino cadeva il 16 agosto. È indubbio che in questa scelta di unione si sia voluta porre l’attenzione sul loro essere coniugi e quindi famiglia. Genitori di Maria e nonni di Gesù.
Nelle Scritture, Anna e Gioacchino non appaiono mai ma, secondo i Padri orientali della Chiesa, la loro storia è simile a quella di Elkanà e Anna del Primo libro di Samuele (1-28), dove le preghiere di lei, sterile, vengono ascoltate dal Signore che le concede un figlio. Le storie dei genitori di Maria sono invece raccontate diffusamente nei Vangeli apocrifi, per la prima volta nel Protovangelo di Giacomo, risalente alla metà del II secolo d.C. e quindi nel Vangelo dello Pseudo-Matteo e nell’Evangelium de nativitate Mariae, poi penetrati nella medioevale Legenda Aurea di Iacopo da Varazze. Nei racconti ci si sofferma a ricostruire la loro genealogia e il loro stato sociale perché diventi chiaro il filo del tempo che, dalla tribù di Levi per Anna e la stirpe di Davide per Gioacchino, conduce alla nascita di Gesù Cristo, Dio venuto sulla terra ma anche Uomo della storia.
Le origini della devozione nell’arte
In alcune figurazioni artistiche vediamo la presenza di Gioacchino e Anna accanto a Maria che tiene tra le braccia il Figlio divino, come nella Madonna Baglioni, opera di Andrea Previtali e databile tra il 1512 e il 1513 o l’olio di Luca Giordano che pone al centro dei genitori la Vergine Bambina (XVII secolo). Ciò che si prova di fronte a queste opere è commozione e tenerezza, sia per l’età avanzata dei due sposi sia per la giovanissima Maria da loro accudita, ma si comprende bene anche il significato più profondo che è l’unione e l’amore familiare. Tuttavia, la presenza di Gioacchino è meno frequente rispetto ad Anna, la cui devozione appare più intensa e affonda nel tempo con radici profonde. Un po’ come con la Vergine e san Giuseppe, a lei è riservata una maggiore importanza, dimostrando come la maternità sia stata sempre fondamentale e tenuta in gran conto, anche nei contesti storici e sociali patriarcali.
Nel VI secolo, Giustiniano fece costruire una chiesa dedicata alla madre di Maria, mentre a Roma troviamo le sue reliquie e alcuni dipinti nella chiesa di Santa Maria Antiqua, nel Foro Romano, risalente al VI secolo. Si tratta dell’affresco con le sante Madri: la Vergine con il Bambino, Sant’Anna con Maria Bambina ed Elisabetta con san Giovannino. Infine, Papa Leone III, nell’VIII secolo, avrebbe donato una tovaglia d’altare alla basilica di Santa Maria Maggiore, ricamata con scene dell’Annunciazione e i santi Gioacchino e Anna.
Nonna, Madre e Figlio
L’iconografia che appare più spesso è quella della sola Maria affiancata dalla madre Anna e il Figlio. Talvolta appare anche san Giovannino, cugino di Gesù, e quindi è proprio l’ambiente domestico trasognato e felice dell’infanzia ad essere evocato. Le donne sono protagoniste. Nelle natività di Maria non manca la scena abituale del primo bagno del neonato, come appare in molte immagini della nascita di Cristo. Le levatrici sono un simbolo chiaro, che sanciscono ufficialmente la nascita e se ne fanno testimoni.
In una delle immagini più diffuse di sant’Anna, la cosiddetta Metterza ovvero “me terza” tra Maria e il Bambino, lei è raffigurata alle spalle di Maria, leggermente in ombra, e il Bambino al centro in basso, delineando una piramide temporale oltre che gerarchica.
Da Agnolo Gaddi a Masaccio e Masolino alle opere del Leonardo, al Caravaggio e a Dürer, per citarne alcuni, è noto il gesto del tenero protendersi della Vergine verso il Bambino che ancora sgambetta e il silenzioso sguardo di protezione di Anna.
Le storie dei due sposi
Nel medioevo, si diffondono le vicende della coppia di sposi narrate dagli apocrifi: la cacciata di Gioacchino dal tempio perché senza prole, il suo ritiro tra i pastori, il sacrificio di un agnello, il suo sogno e la visione dell’angelo che gli preannuncia la nascita di Maria. Ancora, l’angelo che appare ad Anna ci riporta all’Annunciazione di Maria. Momento finale e culminante della narrazione è l’incontro dei due coniugi presso la Porta Aurea di Gerusalemme: gli anziani coniugi si riuniscono nella gioia perché nascerà loro una figlia. Il ciclo delle Storie di Gioacchino e Anna, affrescate da Giotto tra il 1303 e il 1305 nella Cappella degli Scrovegni a Padova, è il più celebre. Figurazioni “esatte”, che sembrano dare vita alle parole della Legenda Aurea traducendole perfettamente, momento dopo momento, alla lettera. Certamente l’artista è stato ispirato da iconografie bizantine precedenti, ma la sua è una traduzione innovativa, capace di mescolare in modo armonico simboli e intendimenti, sentimento e spiritualità.
Colpisce anche come le alcune figurazioni di Gioacchino e Anna siano specchio delle narrazioni di Giuseppe e Maria, sempre – ma non solo – negli Scrovegni. Gioacchino, che accoglie nel sogno la visione dell’angelo, è dipinto nell’identica posizione accovacciata di Giuseppe che sogna a sua volta e sant’Anna appare simile a Maria nell’annuncio dell’angelo, immersa in una simile ambientazione, in una stanza.
Mirabili sono anche gli affreschi del Ghirlandaio nella Cappella Tornabuoni della basilica di Santa Maria Novella a Firenze con la cacciata di Gioacchino dal tempio e la Natività di Maria, databile tra il 1485 al 1490.