Questa notte, notte della cena del Signore Gesù, la tradizione della nostra Chiesa, fa memoria del tredicesimo capitolo del Vangelo di Giovanni. Popolarmente, in questo capitolo, ricordiamo l’ultima cena di Gesù strettamente legata alla lavanda dei piedi. Solo il vangelo di Giovanni rievoca questo ricordo, qualcosa di fondante e fondamentale, per ravvivare sempre il desiderio del regno nella sequela di Gesù. Quando Gesù aveva ‘tutto il potere’, così ci fa percepire la comunità di Giovanni, la comunità del discepolato delle persone care, quando Gesù aveva ‘tutto il potere’, sapeva Gesù che veniva da Dio e a Dio tornava, si alzò da tavola. Nel giorno di ‘ogni potere’ Gesù si spoglia, si toglie il mantello, simbolo di piena autonomia, e indossa un panno, un grembiule e comincia a lavare i piedi delle persone che sono a tavola. Il giorno di ‘ogni potere’, Gesù esercita l’unico potere che è il servizio. L’unico potere che è ‘diaconia e grembiule’. C’è chi resiste a questa pratica di Gesù, una resistenza che non è di una persona, ma di un ordine simbolico, di un modo di essere Chiesa: questo è ciò che Pietro rappresenta. La Chiesa petrina nel quarto Vangelo, deve entrare nell’unico potere che è diaconia, che è servizio: una Chiesa con il grembiule. Da quale profonda esperienza Gesù, nel quarto vangelo, riprende la lavanda dei piedi? Questa è una domanda fondamentale. Nel capitolo precedente, una donna, Maria, nella casa dei poveri di Betania, probabilmente colei che aveva pianto, sorella di Marta, per la morte di Lazzaro, lava i piedi di Gesù, con le sue lacrime. Un’unzione d’amore, la lavanda dei piedi che poi asciuga con i suoi capelli, un ‘grembiule’ femminile, considerato impuro dai potenti. Maria prepara il corpo di Gesù per il martirio. Con amore, con questo modo di essere Chiesa. Facciamo sempre questa memoria. Amen e continuiamo amando.
Maria Soave Buscemi