Essere “una sua vera amante”

10
Gen

Seguendo la via di sequela tracciata da madre Giovanna, immersa nel paradosso dell’amore

Carissima Madre Giovanna,

c’è una parola che, sebbene mi animi, riesco a pronunciare sempre meno: è la parola “amore”. Un tempo la usavo con disinvoltura, oggi mi fa tremare, nella consapevolezza del mistero che esprime. Mi chiedo e ti chiedo cosa sia questa realtà così necessaria alla vita. Cosa ci spinge ad amare? Come si “incrociano” l’amore di Dio verso di noi e il nostro amore verso Dio? Dove è nato il tuo amore radicale per Gesù?

Tu stessa affermi: “unico mio desiderio servire il Signore con maggior perfezione e corrispondere finalmente, almeno in parte, alla bontà del suo cuore, che fu sempre largo di grazie, oltre la mia ingratitudine e indegnità”. All’origine c’è una sproporzione incolmabile tra la bontà gratuita di Dio e la fragilità della creatura. Non possiamo paragonare l’infinita misericordia che Dio effonde su di noi, con i nostri ripetuti cedimenti al male. La “misura senza misura” dell’Amore ci mette di fronte alla povertà di ogni nostro tentativo, pur sincero, di amare.

Mi risuonano dentro le tue parole: “per quanto sia grande la croce che ti pesa sulle spalle, non sarà mai uguale a quella ch’Egli portò per nostro amore”. Sto imparando sulla mia pelle che l’amore è segnato dalla croce e che seguire Gesù conduce non solo a (sop)portarla, ma addirittura ad abbracciarla. Cerco di mettere in pratica il tuo consiglio: “abituati a soffrire con Lui e per Lui e vedrai che anche le sofferenze diverranno dolci e soavi”. Razionalmente è una follia e talvolta fatico ad accettarlo, ma “tutto è buono e dolce quando lo si prende dalle mani di Dio”: chi ha la grazia di entrare nella logica dell’amore, sperimenta un’indicibile consolazione perfino in mezzo a sofferenze e persecuzioni. Ripercorrendo la tua storia, racconti: “la vita che conducevo era un vero sacrificio, ma davanti agli occhi avevo una “nuvola” che mi consolava”. L’umanamente incomprensibile è la cifra di Dio.

“Il buon Dio mi faceva, così estenuata di forze com’ero, sentire una brama e un desiderio così ardente della sua gloria e della salute delle anime che pareva mi consumasse”: eri immersa nel paradosso dell’amore, un fuoco che fa ardere il cuore e lo consuma. Come sant’Angela sperimentavi il fuoco interiore della presenza di Dio: “a un’anima accesa d’amore divino non manca niente”.

L’amore di Dio ti ha attirata e accesa: “il desiderio d’essere tutta di Gesù è veramente grande, ma quando dico fra me, devo farmi santa, parmi essere una montagna tanto alta, per me quasi impossibile arrivare alla cima, sebbene preghi sempre il mio Gesù a farmi una sua vera amante”. La tua umiltà sembra unita a una sorta di ostinazione appassionata e spregiudicata; l’Amore che ti spinge in altum – ai vertici della santità, tra le braccia dell’Amato – non ti toglie il senso della fragilità umana, perciò chiedi a Lui di renderti “una sua vera amante”.

Gesù ti invia: “desidero che il Signore sia amato da tutti; e poi penso questo: se non sono buona io di amare il Signore, almeno che lo faccia amare dagli altri, sperando così misericordia”. Se tu non avessi raggiunto la cima di quella “montagna tanto alta”, avresti comunque aiutato altri a scalarla. L’amore ti rende madre nella fede, con una fecondità che dovremmo recuperare. Il mondo adulto, ripiegato su sé stesso, sta perdendo la capacità fisica e morale di generare, nel senso di desiderare, far nascere, accompagnare e lasciar andare. Mi addolora riscontrare, soprattutto nei confronti dei giovani, atteggiamenti di sfiducia, di invidia, addirittura di sfruttamento e rapina (del presente e del futuro). Tu, invece, avevi a cuore ogni persona, specialmente le donne e le ragazze: per loro ti spendevi senza riserve. Con la consueta modestia scrivevi: “per le fanciulle ho avuto sempre un’affezione particolare ed ho colto anche l’occasione per dar loro quei consigli, onde crescessero buone, e qualche volta ho procurato di farlo con un po’ d’impegno. Ti prendevi cura delle necessità materiali e di quelle interiori. A una figlia spirituale raccomandavi: ”mediterai continuamente la dolcezza, la bontà, la carità, la povertà, l’umiltà di Gesù; lo pregherai di farti a Lui somigliante mediante l’amore al sacrificio”. Potevi autorevolmente indicare il cammino di preghiera e conversione che tu per prima percorrevi quotidianamente. Ti confesso che “l’amore al sacrificio” un tempo mi suscitava una reazione istintiva di rifiuto; adesso, invece, accetto di vivere le esigenze dell’amore, in comunione con Gesù. È l’antifona paolina che ho scelto per la mia professione perpetua: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.

Accarezzata dal Signore e conquistata dai suoi inviti amorosi, hai allargato il tuo cuore nel desiderio di “abbracciare tutto il mondo”. In questo trasporto d’amore abbracciavi e coinvolgevi anzitutto le tue compagne e sorelle, incoraggiandole: “l’amore di Gesù ci trasporti ovunque senza calcoli, senza timori, ma sempre con Santa letizia”. Evocavi levità, libertà e gioia, frutti dello Spirito che dovrebbero abitare le nostre comunità. Chi ama lascia libero l’amato, non pretende di essere corrisposto, ma accoglie con riconoscenza il dono inestimabile di una corrispondenza d’amore. Grazie, Madre, della via che mi indichi: “sta allegra, fa tutto con Gesù e per Gesù ed Egli ti darà in compenso l’amor Suo.

Tua aff.ma, Maria Coccia

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