Educazione, creatività, sogni, profezia, parole

15
Set

“Perché siamo ciechi e dissipiamo il presente come se non credessimo che davvero ci sarà un futuro?”

Next Generation EU. È il nome che l’Unione europea ha dato al piano straordinario di sostegno alla ripresa economica e sociale in risposta alla crisi dovuta alla pandemia da Covid 19. Un nome per una volta bellissimo. Porta una luce dentro. La luce della vita che continua nella prossima generazione. L’idea che il nostro primo pensiero va a chi abbiamo messo al mondo, perché se lo abbiamo messo al mondo vuol dire che crediamo nella vita e nel futuro, e che la terra non finisce con noi, con il nostro benessere di oggi e la nostra ricchezza. Ma continua, è una bella avventura alla quale abbiamo chiamato come protagonisti anche i figli, per amore, perché se si ama si condivide quello che di bello abbiamo sperimentato.

È elementare. Ma invece non lo è. Il presente oscuro è qualcosa che la Bibbia conosce bene. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento raccontano questa incapacità di vedere il presente. Malgrado i prodigi che il Signore ha fatto per loro, gli ebrei nel deserto disperano e sognano cipolle e schiavitù. Gli anziani di Betulia assediati da Oloferne sfidano il Signore a battere un colpo entro cinque giorni, altrimenti si consegneranno al nemico. Re Davide ha tutto, assolutamente tutto, ma vuole anche Betsabea, che è la moglie del suo più fedele ufficiale, e per questo è disposto a uccidere, e uccide proprio lui. La Bibbia non racconta una storia d’amore e di passione, racconta il capriccio di un re che non vede l’enorme male che compie in nome di un desiderio presente senza memoria (della fedeltà di Uria) e del futuro (che re potrà essere un re che si mette al di sopra della legge, anche della legge di Dio?).

Sappiamo bene, dall’esegesi di secoli, che queste non sono favole scritte a nostra edificazione. Questa è l’eterno cuore dell’uomo. Sappiamo che davvero siamo così e possiamo essere del tutto ciechi, anche se pensiamo di vedere. “Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere”, dice la saggezza popolare. Ma perché? Perché siamo ciechi e dissipiamo il presente come se non credessimo che davvero ci sarà un futuro? Perché abbiamo paura. Anche questo lo troviamo nel Vangelo: “Non temere, non avere paura”, dice l’Angelo a Maria ragazzina sola, esposta alle leggi che la vogliono morta o ripudiata quando il fatto che aspetta un bambino sarà noto. “Alzatevi e non temete” dice Gesù a Pietro, Giacomo e Giovanni spaventati davanti alla trasfigurazione. Non avere paura è proprio tutto. La paura è il nostro male. È perché abbiamo paura che ne combiniamo di tutti i colori. Paura di essere poveri, e accumuliamo denaro. Paura di essere nessuno, e ci scanniamo per il potere, la fama, il nome. Paura di morire e azzanniamo il presente, lo divoriamo per tenercelo stretto, per non pensare che davvero non ci appartiene.

Non è facile. Non serve a niente far sentire in colpa chi in mille modi mostra di non credere nel futuro. Ed è piuttosto malinconico e patetico ricordarci del futuro quando l’Istat ci dà i dati di denatalità, o l’Inps ci mostra il disastro legato alla piramide rovesciata della popolazione, per cui pochissimi giovani lavoratori non potranno mai farsi carico dei tanti anziani che saremo.

Nessuno fa un figlio perché riceve un bonus di mille euro alla nascita del bambino. Nessuno. Si genera per tanti motivi, si sa. Anche per sbaglio. Quanti di noi sono figli di un errore di calcolo, una distrazione. Nel passato di più. Ora meno. Ma non è così grave. Si può vivere bene lo stesso se c’è un mondo intorno a noi sostanzialmente attrezzato ad accogliere la vita. Per cui i politici assicurano innanzi tutto asili nido e scuole d’infanzia che accolgono i bambini, e gli architetti costruiscono spazi urbani in cui i bambini possano muoversi in sicurezza e autonomia a piedi o in bicicletta, i comuni costruiscono i piani urbanistici a partire dal verde pubblico che permette alle famiglie di uscire, ritrovarsi, conoscersi. E poi le scuole, belle, piene di un pensiero, un progetto di vita che ama la vita. E poi, ovvio e quasi banale, c’è il mondo da preservare, l’ambiente, le strategie di mitigazione del riscaldamento globale che è una minaccia così imminente che già i nostri figli e nipoti saranno in pericolo estremo. E poi ancora il mercato del lavoro che pensa a opportunità di impiego piene di dignità, che permettano ai giovani di vivere una vita di qualità. E infine la cultura, la politica, la collettività sono tutte in concerto impegnate a ridurre le disuguaglianze, a usare un linguaggio rispettoso, inclusivo che ci tenga lontani dal giudizio arrogante e umiliante.

Ecco, questi sono esattamente alcuni obiettivi del Next Generation EU. L’Europa ci ricorda quello che sappiamo bene e però dimentichiamo, anche noi che ci diciamo cristiani, dimentichiamo perché ci mettiamo al seguito dello spirito del mondo. Il mondo va così. Quante volte lo diciamo o diciamo di sì a chi ce lo ricorda con rassegnazione. Perché è chiaro che anche chi lo dice non è contento. Chi davvero è contento oggi? I ricchi e i potenti? Quelli che stanno meglio? E quando mai. Quanta rabbia e aggressività verso chi ha meno, chi arriva povero, chi anche vagamente minaccia con la sua presenza la cattiva coscienza di cui hanno bisogno per continuare a vivere così. I poveri? Come potrebbero essere contenti. I giovani? Si spera che lo siano più degli altri, contenti. Ma anche loro sono in difficoltà, sotto l’ombra della paura degli adulti.

E allora? La domanda è sempre quella. Che cosa possiamo fare. Come possiamo davvero lavorare felicemente al futuro del nostro mondo. Che poi vuol dire lavorare anche alla nostra felicità presente. Si può essere felici avendo paura, non essendo sicuri di quel che sarà, anche in una situazione di incertezza. Certo che sì. “Io sono con voi”, dice Gesù ai suoi. Io sono con te lo possiamo dire anche noi tutti i giorni. Chi crede sa che il futuro può essere affidato e che tutto il nostro lavoro presente può essere sotto il segno di una speranza che moltiplica le forze, ci permette di alzare lo sguardo e dire sì, non abbiamo paura. Insieme non abbiamo paura.

Maria Pia Veladiano

“Perché siamo ciechi e dissipiamo il presente come se non credessimo che davvero ci sarà un futuro?”

Next Generation EU. È il nome che l’Unione europea ha dato al piano straordinario di sostegno alla ripresa economica e sociale in risposta alla crisi dovuta alla pandemia da Covid 19. Un nome per una volta bellissimo. Porta una luce dentro. La luce della vita che continua nella prossima generazione. L’idea che il nostro primo pensiero va a chi abbiamo messo al mondo, perché se lo abbiamo messo al mondo vuol dire che crediamo nella vita e nel futuro, e che la terra non finisce con noi, con il nostro benessere di oggi e la nostra ricchezza. Ma continua, è una bella avventura alla quale abbiamo chiamato come protagonisti anche i figli, per amore, perché se si ama si condivide quello che di bello abbiamo sperimentato.

È elementare. Ma invece non lo è. Il presente oscuro è qualcosa che la Bibbia conosce bene. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento raccontano questa incapacità di vedere il presente. Malgrado i prodigi che il Signore ha fatto per loro, gli ebrei nel deserto disperano e sognano cipolle e schiavitù. Gli anziani di Betulia assediati da Oloferne sfidano il Signore a battere un colpo entro cinque giorni, altrimenti si consegneranno al nemico. Re Davide ha tutto, assolutamente tutto, ma vuole anche Betsabea, che è la moglie del suo più fedele ufficiale, e per questo è disposto a uccidere, e uccide proprio lui. La Bibbia non racconta una storia d’amore e di passione, racconta il capriccio di un re che non vede l’enorme male che compie in nome di un desiderio presente senza memoria (della fedeltà di Uria) e del futuro (che re potrà essere un re che si mette al di sopra della legge, anche della legge di Dio?).

Sappiamo bene, dall’esegesi di secoli, che queste non sono favole scritte a nostra edificazione. Questa è l’eterno cuore dell’uomo. Sappiamo che davvero siamo così e possiamo essere del tutto ciechi, anche se pensiamo di vedere. “Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere”, dice la saggezza popolare. Ma perché? Perché siamo ciechi e dissipiamo il presente come se non credessimo che davvero ci sarà un futuro? Perché abbiamo paura. Anche questo lo troviamo nel Vangelo: “Non temere, non avere paura”, dice l’Angelo a Maria ragazzina sola, esposta alle leggi che la vogliono morta o ripudiata quando il fatto che aspetta un bambino sarà noto. “Alzatevi e non temete” dice Gesù a Pietro, Giacomo e Giovanni spaventati davanti alla trasfigurazione. Non avere paura è proprio tutto. La paura è il nostro male. È perché abbiamo paura che ne combiniamo di tutti i colori. Paura di essere poveri, e accumuliamo denaro. Paura di essere nessuno, e ci scanniamo per il potere, la fama, il nome. Paura di morire e azzanniamo il presente, lo divoriamo per tenercelo stretto, per non pensare che davvero non ci appartiene.

Non è facile. Non serve a niente far sentire in colpa chi in mille modi mostra di non credere nel futuro. Ed è piuttosto malinconico e patetico ricordarci del futuro quando l’Istat ci dà i dati di denatalità, o l’Inps ci mostra il disastro legato alla piramide rovesciata della popolazione, per cui pochissimi giovani lavoratori non potranno mai farsi carico dei tanti anziani che saremo.

Nessuno fa un figlio perché riceve un bonus di mille euro alla nascita del bambino. Nessuno. Si genera per tanti motivi, si sa. Anche per sbaglio. Quanti di noi sono figli di un errore di calcolo, una distrazione. Nel passato di più. Ora meno. Ma non è così grave. Si può vivere bene lo stesso se c’è un mondo intorno a noi sostanzialmente attrezzato ad accogliere la vita. Per cui i politici assicurano innanzi tutto asili nido e scuole d’infanzia che accolgono i bambini, e gli architetti costruiscono spazi urbani in cui i bambini possano muoversi in sicurezza e autonomia a piedi o in bicicletta, i comuni costruiscono i piani urbanistici a partire dal verde pubblico che permette alle famiglie di uscire, ritrovarsi, conoscersi. E poi le scuole, belle, piene di un pensiero, un progetto di vita che ama la vita. E poi, ovvio e quasi banale, c’è il mondo da preservare, l’ambiente, le strategie di mitigazione del riscaldamento globale che è una minaccia così imminente che già i nostri figli e nipoti saranno in pericolo estremo. E poi ancora il mercato del lavoro che pensa a opportunità di impiego piene di dignità, che permettano ai giovani di vivere una vita di qualità. E infine la cultura, la politica, la collettività sono tutte in concerto impegnate a ridurre le disuguaglianze, a usare un linguaggio rispettoso, inclusivo che ci tenga lontani dal giudizio arrogante e umiliante.

Ecco, questi sono esattamente alcuni obiettivi del Next Generation EU. L’Europa ci ricorda quello che sappiamo bene e però dimentichiamo, anche noi che ci diciamo cristiani, dimentichiamo perché ci mettiamo al seguito dello spirito del mondo. Il mondo va così. Quante volte lo diciamo o diciamo di sì a chi ce lo ricorda con rassegnazione. Perché è chiaro che anche chi lo dice non è contento. Chi davvero è contento oggi? I ricchi e i potenti? Quelli che stanno meglio? E quando mai. Quanta rabbia e aggressività verso chi ha meno, chi arriva povero, chi anche vagamente minaccia con la sua presenza la cattiva coscienza di cui hanno bisogno per continuare a vivere così. I poveri? Come potrebbero essere contenti. I giovani? Si spera che lo siano più degli altri, contenti. Ma anche loro sono in difficoltà, sotto l’ombra della paura degli adulti.

E allora? La domanda è sempre quella. Che cosa possiamo fare. Come possiamo davvero lavorare felicemente al futuro del nostro mondo. Che poi vuol dire lavorare anche alla nostra felicità presente. Si può essere felici avendo paura, non essendo sicuri di quel che sarà, anche in una situazione di incertezza. Certo che sì. “Io sono con voi”, dice Gesù ai suoi. Io sono con te lo possiamo dire anche noi tutti i giorni. Chi crede sa che il futuro può essere affidato e che tutto il nostro lavoro presente può essere sotto il segno di una speranza che moltiplica le forze, ci permette di alzare lo sguardo e dire sì, non abbiamo paura. Insieme non abbiamo paura.

Maria Pia Veladiano