Editoriale

19
Ott

La conchiglia per Santiago, il ramo di palma per Gerusalemme, la chiave per Roma: sono molteplici le rappresentazioni che dicono “pellegrinaggio”, alcune più note altre meno, ma tutte ad indicare un simbolo preciso, il camminare verso un luogo per “devozione, per ricerca spirituale e per penitenza”, dicono le definizioni del termine.

Tutte le religioni danno al pellegrinare un valore importante e simbolico di ricerca interiore e di desiderio di rafforzare il cammino nella fede.

Non è solo l’umanità a mettersi in cammino: la Bibbia racconta il più grande pellegrinaggio, quello di un Dio che si fa compagno di viaggio e meta, rivestendo di tenerezza misericordiosa ogni creatura. È la storia tra Dio e l’umanità, in un pellegrinaggio di incontro paradossale nella reciprocità tra l’amore divino infinito e splendido e la “nudità” della creatura finita.

Questo numero di Vita Nuova affronta il tema giubilare del pellegrinaggio, accompagnato come di consueto da un’opera di misericordia: vestire gli ignudi. E i pellegrinaggi della vita offrono spesso la possibilità di vestire, e non solo di misericordia, quanti camminano su strade accidentate di attese, di sogni, di speranze.

Queste sterminate moltitudini di un’umanità in cammino verso mete ignote ci interrogano, ci interpellano, ci umanizzano. Ce lo siamo dette, come Suore Orsoline, nel Capitolo generale vissuto nel mese di luglio. Possiamo definire questo evento un pellegrinaggio di ricerca, dove siamo state invitate ad allargare l’orizzonte per arrivare là dove nessuna era prima del Capitolo: significa impegno a trovare insieme traiettorie da percorrere per essere “finestre di misericordia” aperte su muri di individualismo, egoismo, incapacità di dialogo e troppe volte crudeltà. Ci siamo interrogate su come lasciarci umanizzare prima di tutto noi dai sentimenti di Gesù Servo e Signore, i soli capaci di convertire il cuore alla Misericordia, per guardare ai tanti pellegrini che incontriamo sulle nostre strade, incamminati nelle ricerche che spesso sono frutto dei vuoti e della cultura dello scarto creati dalle società in cui viviamo.

Ma per vestire le altrui nudità è importante lasciarsi rivestire, come scrive san Paolo che dopo essersi soffermato sui sentimenti “di tenerezza, di bontà, di umiltà…”, arriva all’invito che è la linfa che li alimenta, insieme ai pensieri e agli atteggiamenti: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo…”. A questa conversione siamo chiamati tutti noi per non lasciarci rubare la fraternità e la speranza!

La redazione

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