Editoriale

18
Lug

L’anno della misericordia ci abbraccia con una riflessione che spazia su vari livelli, aprendo il nostro sguardo  anche ad orizzonti altrimenti poco visitati. Ci fermiamo in questo numero di Vita Nuova a considerare la riconciliazione nell’aspetto particolare del “visitare i carcerati”, opera di misericordia ri-portata alla nostra attenzione proprio dall’anno giubilare.

Carcere, carcerati, detenuti. Da che mondo è mondo il  carcere è esistito: sono stati tanti anche i carcerati “storici”, compreso san Giovanni Battista, san Pietro, san Paolo…

E le carceri, oggi soprattutto, sono sempre troppo piccole, perché tante sono le persone “detenute”. Ma che significa detenere? Il vocabolario dice: “aver acquisito, possedere qualcosa, tenere nelle proprie mani, in proprio possesso”. Allora il detenuto è colui che deve lasciare in possesso ad altri la propria libertà, e con essa, in un certo senso,  la propria stessa vita.

Quando pensiamo ai carcerati, a quei pochi metri quadrati di spazio in cui consumano le loro giornate, all’allontanamento dagli affetti, alla privazione di ogni autonomia, siamo presi da compassione e tenerezza: comprendiamo quindi il senso di quest’opera di misericordia. Quando invece sentiamo le ingiustizie e i soprusi subiti da tante persone a causa di ladri, impostori ecc., accogliamo con un senso di sollievo la notizia di arresti e incarcerazioni, soddisfatti perché la giustizia fa il suo corso.

Come ci poniamo tra questi due atteggiamenti? Ma soprattutto: come viviamo quest’opera di misericordia consegnata a tutti, quando siamo consapevoli che entrare in carcere significa entrare in un labirinto di permessi, di richieste e procedure, anche per visitare un familiare?

Forse molti di noi nella loro vita non entreranno mai in un carcere. Ma allora le opere di misericordia sono rivolte settorialmente a seconda delle varie categorie di fragilità?

Questo numero di Vita Nuova, che coniuga la misericordia con questo aspetto particolare delle classiche “opere” suggerite, vuole essere un aiuto per tutti noi che ci consideriamo “fuori” dai muri di detenzione, in quanto ci avvicina alle esperienze vissute da chi si pone accanto a persone private della libertà, a coloro, donne e uomini, che stanno scontando in vari modi la cosiddetta pena. Attraverso alcuni articoli guarderemo a questo mondo, all’apparenza lontano, ma in effetti più vicino a noi di quanto pensiamo, con gli occhi di chi sta investendo energie di mente, di cuore e di azione, perché la vita in detenzione sia vissuta come cammino verso la libertà interiore ed esteriore.

Conoscere è la strada per condividere. Condividere significa mettere in atto sentimenti di misericordia, riconciliazione e perdono. E solo la misericordia può abbattere i muri che imprigionano e costruire ponti di liberazione, da ogni carcere, non solo quelli di pena.

La redazione

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