“Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te” – II domenica di Avvento

09
Dic

“Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri
,

si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.  Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». – Vangelo di Marco 1,1-8

Strepitoso questo inizio del vangelo di Marco. Cattura immediatamente la nostra attenzione perché sta per iniziare qualcosa di nuovo. E’ annuncio di una lieta notizia. Quale? Preparate…raddrizzate…spianate… Verbi che fanno eco a quello che il profeta Isaia annuncia nella prima lettura di questa seconda settimana di Avvento.

La buona notizia è Gesù. Incontrare Lui è incontrare la gioia, la fiducia, la felicità. E’ dare inizio ad una festa. E’ tornare a danzare, accarezzare, ascoltare, farsi voce di chi non ha voce. Quanta tristezza sui volti che incontriamo, volti spenti, rassegnati. Facciamo in modo che l’accoglienza di questa “buona notizia” ridesti in noi e in ogni fratello e sorella la gioia della prossimità e dell’incontro, un incontro che risveglia, fa risorgere, ridona vita.

In ambedue le letture c’è un rincorrersi di voci, di presenze, di annunci. C’è un intreccio tra antico e nuovo che ci ancora fortemente al presente. “Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio -”. Quanta umanità ferita, martoriata, sfigurata attende di essere curata, sollevata, strappata da voci tiranne e brutali. A me, a te, a noi è chiesto di prenderci cura, di fermarci, di non andare oltre proprio come un pastore che, come dice il profeta Isaia, “porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri”. Alza la voce, non temere… annuncia alle città di ieri e di oggi che il Signore viene, che la buona notizia è Gesù Cristo, figlio di Dio, colui che inaugura il regno di Dio, l’amore universale del Padre. Quindi in questa ripartenza Dio deve essere il protagonista insieme a noi.

Allora per ripartire, per rimetterci in piedi, siamo sollecitati dalla Parola a credere che Dio è presente nella nostra vita e nella storia che viviamo. Per questo è importante, come lo era per il popolo dell’Esodo, narrare i fatti per leggere e scoprire in essi le orme della presenza del divino.

“Nell’osservare il complesso delle cose scorgo essere sempre più la mano di Dio che conduce tutto”, così scriveva anche madre Giovanna.

Oggi siamo frastornati, confusi e disorientati da molteplici voci contraddittorie, aggressive, litigiose, mentre nella Parola risuonano due voci completamente diverse.

Quella del profeta Isaia è un invito a preparare insieme la via al Signore, a collaborare per rendere meno faticosa la strada e meno accidentato il vivere di ogni creatura.

La voce del Battista, grande cercatore di Dio, risuona dal deserto: luogo per rientrare in se stessi, per ripensare le proprie scelte, verificare le proprie convinzioni, ritornare all’essenzialità, alle poche cose che contano, alle priorità.

Così fa Marco all’inizio del suo vangelo. Cerca di scoprire i fatti e di annodare i fili di speranza evocando i profeti come Isaia fino a giungere a Giovanni Battista che vede in Gesù colui che realizza in pienezza le attese dei popoli.

Marco si serve della Parola per illuminare i fatti della vita, per ricordarci che Dio ha preso la carne di un uomo. Nulla, dunque, può essere come prima.

Il Battista prende le distanze dai luoghi del sacro, del Tempio per purificare idee e principi di una religiosità che induce a ritenersi migliori degli altri. E annuncia un Dio che viene, che cammina con noi, che insieme a noi costruisce il suo Regno. Cogliamo questo invito a prendere le distanze dalle nostre convinzioni, dalle nostre certezze, dalle nostre paure per lasciare più spazio allo Spirito, perché apra la nostra mente e prepari il nostro cuore ad ascoltare quelle voci che ci ricordano che il progetto di Dio sta crescendo, per non lasciarci abbindolare da quelle grida tuonanti e minacciose che vedono crescere solo il negativo, il disfacimento dei valori, il sopravvento del male sul bene.

Molti sono i profeti di sventura, non prestiamogli ascolto, piuttosto lasciamoci guidare da quei profeti che narrano i fili di speranza, pur fragili che siano, presenti nella nostra storia che ci indicano la possibilità di un futuro migliore e più giusto.

Oggi un po’ ovunque c’è un risveglio di etnie oppresse alla ricerca di vita, di dignità per tutti; il farsi strada della coscienza di genere in uomini e donne che mette in evidenza nuove dimensioni della vita; la sensibilità per la cura e il rispetto del creato soprattutto da parte delle nuove generazioni; una consapevolezza crescente della cittadinanza attiva che cerca di salvaguardare forme fragili di democrazia; l’apertura di una breccia sull’importanza di discutere e mettere a fuoco problemi sociali che suscitano desiderio di partecipazione e azioni concrete di ascolto e di rispetto; la consapevolezza che il male maggiore è l’indifferenza e quanto è importante indignarsi per la corruzione e la violenza; il coraggio delle donne ucraine scese in piazza ad alzare la voce per chiedere il ritorno dei mariti, compagni, figli al fronte senza sosta da 18 mesi; la resilienza di donne coraggio che sfidano i loro oppressori fino alla morte.

La buona notizia si fa strada, è presente, esplode dentro le difficoltà, gli ostacoli, il male.

A ciascuno di noi il compito e la responsabilità a ritornare ad essere “cercatori di Dio” come Giovanni Battista.

Aiutiamoci ad essere custodi di quella fiamma che può illuminare un passo per volta e lo fa donando luce e calore.

Sentiamoci uomini e donne con la lampada accesa, persone adulte, che si pongono domande e che non si accontentano di facili risposte. Cercatori di Dio attenti alle parole che generano vita e alle azioni che costruiscono ponti e non muri.

Vale veramente la pena abbandonare le strade usuali, segnate dall’avidità, dall’egoismo, dai piccoli calcoli meschini per aprire instancabilmente sentieri di giustizia, di uguaglianza e di legalità.

Tra le tante voci cerchiamo la Sua Voce perché abbiamo bisogno della sua presenza.

Spirito che dai vita al mondo, cuore che batte nel profondo, lava via le macchie della Terra e coprila di libertà.

Soffia vento che hai la forza di cambiare fuori e dentro me questo mondo che ora gira che ora gira attorno a te.

Rialzami e cura le ferite, riempi queste mani vuote, sono così spesso senza meta e senza te cosa farei?

Spirito, oceano di luce, parlami, cerco la tua voce, traccia a fili d’oro la mia storia e la storia dell’umanità e intessila di eternità.

Trasformiamo in preghiera e in gesti concreti le parole di questo canto e torniamo a credere che Dio visita il suo popolo, è presente in questa storia tormentata, per trasformarla con il suo amore.

sr. Rosaria Bordogna

“Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri
,

si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.  Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». – Vangelo di Marco 1,1-8

Strepitoso questo inizio del vangelo di Marco. Cattura immediatamente la nostra attenzione perché sta per iniziare qualcosa di nuovo. E’ annuncio di una lieta notizia. Quale? Preparate…raddrizzate…spianate… Verbi che fanno eco a quello che il profeta Isaia annuncia nella prima lettura di questa seconda settimana di Avvento.

La buona notizia è Gesù. Incontrare Lui è incontrare la gioia, la fiducia, la felicità. E’ dare inizio ad una festa. E’ tornare a danzare, accarezzare, ascoltare, farsi voce di chi non ha voce. Quanta tristezza sui volti che incontriamo, volti spenti, rassegnati. Facciamo in modo che l’accoglienza di questa “buona notizia” ridesti in noi e in ogni fratello e sorella la gioia della prossimità e dell’incontro, un incontro che risveglia, fa risorgere, ridona vita.

In ambedue le letture c’è un rincorrersi di voci, di presenze, di annunci. C’è un intreccio tra antico e nuovo che ci ancora fortemente al presente. “Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio -”. Quanta umanità ferita, martoriata, sfigurata attende di essere curata, sollevata, strappata da voci tiranne e brutali. A me, a te, a noi è chiesto di prenderci cura, di fermarci, di non andare oltre proprio come un pastore che, come dice il profeta Isaia, “porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri”. Alza la voce, non temere… annuncia alle città di ieri e di oggi che il Signore viene, che la buona notizia è Gesù Cristo, figlio di Dio, colui che inaugura il regno di Dio, l’amore universale del Padre. Quindi in questa ripartenza Dio deve essere il protagonista insieme a noi.

Allora per ripartire, per rimetterci in piedi, siamo sollecitati dalla Parola a credere che Dio è presente nella nostra vita e nella storia che viviamo. Per questo è importante, come lo era per il popolo dell’Esodo, narrare i fatti per leggere e scoprire in essi le orme della presenza del divino.

“Nell’osservare il complesso delle cose scorgo essere sempre più la mano di Dio che conduce tutto”, così scriveva anche madre Giovanna.

Oggi siamo frastornati, confusi e disorientati da molteplici voci contraddittorie, aggressive, litigiose, mentre nella Parola risuonano due voci completamente diverse.

Quella del profeta Isaia è un invito a preparare insieme la via al Signore, a collaborare per rendere meno faticosa la strada e meno accidentato il vivere di ogni creatura.

La voce del Battista, grande cercatore di Dio, risuona dal deserto: luogo per rientrare in se stessi, per ripensare le proprie scelte, verificare le proprie convinzioni, ritornare all’essenzialità, alle poche cose che contano, alle priorità.

Così fa Marco all’inizio del suo vangelo. Cerca di scoprire i fatti e di annodare i fili di speranza evocando i profeti come Isaia fino a giungere a Giovanni Battista che vede in Gesù colui che realizza in pienezza le attese dei popoli.

Marco si serve della Parola per illuminare i fatti della vita, per ricordarci che Dio ha preso la carne di un uomo. Nulla, dunque, può essere come prima.

Il Battista prende le distanze dai luoghi del sacro, del Tempio per purificare idee e principi di una religiosità che induce a ritenersi migliori degli altri. E annuncia un Dio che viene, che cammina con noi, che insieme a noi costruisce il suo Regno. Cogliamo questo invito a prendere le distanze dalle nostre convinzioni, dalle nostre certezze, dalle nostre paure per lasciare più spazio allo Spirito, perché apra la nostra mente e prepari il nostro cuore ad ascoltare quelle voci che ci ricordano che il progetto di Dio sta crescendo, per non lasciarci abbindolare da quelle grida tuonanti e minacciose che vedono crescere solo il negativo, il disfacimento dei valori, il sopravvento del male sul bene.

Molti sono i profeti di sventura, non prestiamogli ascolto, piuttosto lasciamoci guidare da quei profeti che narrano i fili di speranza, pur fragili che siano, presenti nella nostra storia che ci indicano la possibilità di un futuro migliore e più giusto.

Oggi un po’ ovunque c’è un risveglio di etnie oppresse alla ricerca di vita, di dignità per tutti; il farsi strada della coscienza di genere in uomini e donne che mette in evidenza nuove dimensioni della vita; la sensibilità per la cura e il rispetto del creato soprattutto da parte delle nuove generazioni; una consapevolezza crescente della cittadinanza attiva che cerca di salvaguardare forme fragili di democrazia; l’apertura di una breccia sull’importanza di discutere e mettere a fuoco problemi sociali che suscitano desiderio di partecipazione e azioni concrete di ascolto e di rispetto; la consapevolezza che il male maggiore è l’indifferenza e quanto è importante indignarsi per la corruzione e la violenza; il coraggio delle donne ucraine scese in piazza ad alzare la voce per chiedere il ritorno dei mariti, compagni, figli al fronte senza sosta da 18 mesi; la resilienza di donne coraggio che sfidano i loro oppressori fino alla morte.

La buona notizia si fa strada, è presente, esplode dentro le difficoltà, gli ostacoli, il male.

A ciascuno di noi il compito e la responsabilità a ritornare ad essere “cercatori di Dio” come Giovanni Battista.

Aiutiamoci ad essere custodi di quella fiamma che può illuminare un passo per volta e lo fa donando luce e calore.

Sentiamoci uomini e donne con la lampada accesa, persone adulte, che si pongono domande e che non si accontentano di facili risposte. Cercatori di Dio attenti alle parole che generano vita e alle azioni che costruiscono ponti e non muri.

Vale veramente la pena abbandonare le strade usuali, segnate dall’avidità, dall’egoismo, dai piccoli calcoli meschini per aprire instancabilmente sentieri di giustizia, di uguaglianza e di legalità.

Tra le tante voci cerchiamo la Sua Voce perché abbiamo bisogno della sua presenza.

Spirito che dai vita al mondo, cuore che batte nel profondo, lava via le macchie della Terra e coprila di libertà.

Soffia vento che hai la forza di cambiare fuori e dentro me questo mondo che ora gira che ora gira attorno a te.

Rialzami e cura le ferite, riempi queste mani vuote, sono così spesso senza meta e senza te cosa farei?

Spirito, oceano di luce, parlami, cerco la tua voce, traccia a fili d’oro la mia storia e la storia dell’umanità e intessila di eternità.

Trasformiamo in preghiera e in gesti concreti le parole di questo canto e torniamo a credere che Dio visita il suo popolo, è presente in questa storia tormentata, per trasformarla con il suo amore.

sr. Rosaria Bordogna

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