DOMENICA DELLE PALME E DELLA GIOIA

28
Mar

«Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma dall’aver incontrato una Persona: Gesù[…] Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. Portiamo a tutti la gioia della fede!»(Papa Francesco) 

E così Gesù entra a Gerusalemme quando la giornata si conclude, per spezzare l’arco di guerra e capovolgere tutte le cose storte per raddrizzarle. Gesù entra a Gerusalemme dalla porta Bella. Ci entra cavalcando un asino. Perché? È l’animale che porta i pesi degli altri, è umile, è animale da servizio: «Portate i pesi gli uni degli altri» dice san Paolo, perché l’unico comando è quello dell’amore e amare è servire. E’ in questo comando che si realizza la gioia per ogni cristiano. Gli apostoli vanno a prendere l’asino indicato da Gesù: è un asino legato sul quale nessuno è mai salito, perché il Signore ne ha bisogno, l’ha detto Lui! È l’unica cosa di cui Dio ha bisogno, Dio che è amore, ha solo bisogno di amore, non di potere, non di dominio. Essere amato è l’unico bisogno di Dio ed è anche l’unico bisogno dell’uomo. E così portano l’asino da Gesù e gli gettano sopra i mantelli, perché amare significa vestire chi è nudo, coprire chi ha freddo, ospitare chi è senza tetto, farsi vicini… Servire è diventare ‘servi’ gli uni per gli altri nel reciproco amore. Molti stendono i mantelli sul cammino: tutta la strada che va a Gerusalemme è coperta di mantelli, come a dire che la via della salvezza è coperta dalla carità. Oggi allora per la porta Bella ci passiamo anche noi quando serviamo, quando ci liberiamo dal laccio dell’indifferenza e ci dedichiamo alle relazioni, all’accoglienza, a prenderci cura dell’altro.

Mentre Gesù sale a Gerusalemme la gente che lo precede e lo segue grida “Osanna”, che vuol dire “Dio salvaci”. Questa è la salvezza di Dio: Gesù umile e servitore. Gli ebrei che accompagnavano Gesù erano gli stessi che gridavano ‘Osanna’ durante la festa delle Capanne, della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’ anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne. Secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa. E così salendo in processione verso il Tempio, mentre agitano i rami di palme, in segno di gioia e di trionfo, cantavanoBenedetto colui che viene nel nome del Signore”. È benedetto il Regno che viene perché porta salvezza. Gesù è l’opera del Signore, una meraviglia ai nostri occhi!

La sera cala di nuovo, dopo un giorno di incontri salvifici di Gesù, cala un’altra sera dopo la paura di affondare in quella barca senza Gesù, cala la sera anche dopo la moltiplicazione dei pani…e cala la sera anche dopo questa entrata di Gesù a Gerusalemme. La sera fa nascere nel cuore la paura di una fine…e invece no. La notte non è la fine ma l’inizio di qualcosa di nuovo. Per gli ebrei il tramonto è l’inizio del nuovo giorno quindi questa notte è creativa perché in essa comincia veramente qualcosa di nuovo, comincia ad irradiarsi la luce di Cristo, una luce che diraderà per sempre la notte nel mondo.

Le palme sono il simbolo della fede. Le palme agitate per Gesù erano intrecciate: si chiamavano lulav, dove le palme comprendevano anche un ramo del mirto, simbolo della preghiera che s’ innalza verso il cielo, e un rametto di salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, al silenzio di fronte a Dio: erano legati insieme con un filo d’ erba (Lv 23,40). Gesù è il giusto che, radicato nella Parola, sarà innalzato, proteso verso Dio (Sal 93,13) come palma verdeggiante: è la vittoria di Gesù sulla morte e la resurrezione quale ultima parola di Dio. È la nostra gioia, per sempre!

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