Guardare alla mia storia e condividere qualcosa del cammino fatto finora, mi richiede la capacità di fermarmi un attimo e di mettere ordine tra le tante cose che mi hanno portato ad essere qui, oggi, ad un passo dalla professione perpetua.
Sono Elisa, originaria di San Bonifacio, vivo in comunità a Roma e l’8 ottobre celebrerò con gioia e gratitudine la professione solenne, tappa di un cammino iniziato nove anni fa nella famiglia religiosa delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria.
La scelta della vita religiosa non è stata un “lampo sceso dal cielo”, ma un cammino progressivo accompagnato da chi, più avanti di me nella vita spirituale, mi ha preso per mano e mi ha aiutata a dare un senso alle tante domande che mi abitavano, insegnandomi a mettermi in ascolto dello Spirito Santo. A questo quotidiano incontro che domanda costanza, e talvolta fatica, mi hanno allenata anche i tanti anni di Azione Cattolica e il percorso di orientamento vocazionale diocesano offerto dal gruppo Sichem. Intorno ai 27 anni ho conosciuto, così, varie possibilità di vivere il mio essere cristiana e a capire che ogni vocazione ha il suo specifico, le sue difficoltà e la sua bellezza. Non è stato un periodo facile perché erano molte le idee sbagliate e i pregiudizi che avevo sulle varie realtà, alimentate anche da una limitata conoscenza, soprattutto per quanto riguardava la vita religiosa. Infatti, quando poi ho cominciato a intuire che desideravo conoscere più da vicino questa forma di consacrazione e volevo sperimentare un periodo di vita comunitaria, molte sono state le obiezioni che mi hanno bloccata e mi hanno paradossalmente portata a una reazione di rifiuto.
Ho combattuto un po’ con questo stato d’animo che mi portava a vivere una forte inquietudine interiore, finché, sempre accompagnata dalla Parola e da un padre e una madre spirituale, sono riuscita a far cadere quelle resistenze che mi bloccavano e a scegliere di iniziare il percorso di formazione nella famiglia delle suore Orsoline. Questo significava lasciare affetti e sicurezze acquisiti negli anni: la mia famiglia di origine con cui ancora abitavo, l’ambiente di lavoro in cui mi trovavo bene, la compagnia abituale degli amici, la parrocchia che volentieri frequentavo… Lasciare non è mai facile perché domanda di fare un atto di umiltà per ricominciare, ma allo stesso tempo offre la possibilità di crescere e di mettersi in gioco verso una maggiore conoscenza di sé. Grazie a questa scelta ho ritrovato la serenità e il cammino di discernimento iniziato nel 2008 è diventato nel tempo sempre più consapevole, fino a giungere nel 2011 alla professione religiosa, cioè all’impegno di vivere in povertà, castità e obbedienza che tra qualche mese diventerà “per sempre”.
Con stupore e gratitudine, dunque, colgo che l’ordinario, che spesso sottovaluto poiché quotidiano, in realtà rappresenta quel “terreno fertile” che permette di compiere continui salti di qualità affidandosi con speranza al Signore.
sr. Elisa Panato