Debora Rienzi

14
Lug

Quando la preghiera si fa poesia

Vorrei averti trovato

e sostare nell’eterno presente

del tuo corpo caldo.

Sono stanca di cercarti…

vieni

entra

resta,

pensaci tu a noi due.

E la tua vita adesa alla mia

cambierà infine il mondo

portando fiori al deserto

pace all’uragano

sorrisi all’uomo (incapace di

lodarti)

e tutta la bellezza possibile”.

Cosa ha spinto una giovane donna – laurea in filosofia e in medicina, molteplici interessi culturali e sociali, impegnata in Africa e in India – a “mettere a soqquadro” la sua vita, a lasciare tutto un mondo di relazioni personali e intellettive per abbracciare la Regola di San Romualdo e diventare monaca benedettina camaldolese nel monastero di Poppi? È la stessa Debora Rienzi a confidarlo: “Mi sentirei di parlare di un essere venuto a prendermi da parte di Dio, che mi aspettava e da cui mi sono sentita desiderata. A trent’anni, quindi, con alle spalle quindici anni di agnosticismo, gli studi di filosofia, alcune esperienze lavorative e anche affettive, ho deciso di riorientare radicalmente la mia vita, per seguire il richiamo a una relazione più profonda con Dio, che percepisco vicino e amante, fondamento e senso della mia vita”. Dio vicino e amante: è così che Debora vive e canta il suo incontro, il suo innamoramento, la sua passione. Il titolo stesso della raccolta poetica ci introduce in questo amore immersivo e totale: Mi bolle il cuore. Amare con lo spirito, con la mente, ma fortissimamente anche col corpo: “Mi addormento sul tuo volto/ la mia pelle sulla tua/ e invoco pietà d’amore”. Versi che risuonano con la carica di quell’amore sensuale che rinveniamo nel linguaggio delle mistiche – forse l’unico originale linguaggio femminile elaborato fin dal Medioevo – ma che certamente affondano le radici anche nelle immagini, nella ricerca amorosa, nel dialogo stretto dei due innamorati del Cantico dei Cantici. È così che Debora Rienzi con i suoi versi distilla e assapora insieme il miele della dolcezza divina.

Chiara Magaraggia