Seguendo i passi di Nicodemo, discepole e discepoli che rinascono dall’alto
Nicodemo è forse il personaggio maschile che preferisco dei Vangeli. Nominato solo da Giovanni, appare all’inizio del suo racconto, al terzo capitolo, in quell’intenso dialogo che segue il suo incontro con Gesù. Forse proprio per la profondità delle parole pronunciate da Gesù, che occupano quasi tutto il brano, la figura di Nicodemo passa in secondo piano e si rischia di dimenticare le tante sfaccettature e l’importante messaggio che propone. Nicodemo non era soltanto un fariseo, quindi appartenente al ceto sociale dominante per gli ebrei, ma era anche membro del Sinedrio e uno dei capi dei Giudei. Gesù stesso lo definirà, nel loro dialogo, “maestro d’Israele” (3,10).
Durante quella che Giovanni narra come la prima Pasqua di Gesù a Gerusalemme, Nicodemo va da lui di notte, con tutto il carico di significati che hanno la notte, il buio e le tenebre per Giovanni: di notte non si può agire (9,4), se uno cammina di notte inciampa, perché non ha in sé la luce (11,10), di notte Giuda esce dal Cenacolo per andare a consegnare Gesù (13,30). Sono quelle “tenebre” che non hanno saputo accogliere la luce che veniva nel mondo, di cui parla Giovanni già nel Prologo (1,5). Pur andando da Gesù di nascosto, Nicodemo lo cerca, sente il bisogno di comprendere chi davvero sia quell’uomo. I segni, che già Gesù aveva compiuto, sono letti da Nicodemo come attestazioni del fatto che è benedetto da Dio, ma nello stesso tempo molti degli atteggiamenti e delle parole di Gesù, sembrano andare contro la Legge.
I farisei, quindi anche Nicodemo, credevano che il Regno di Dio si sarebbe realizzato quando tutto Israele avesse osservato la Legge; ora, invece, Gesù dice a Nicodemo che solo nascendo dall’alto si potrà vedere il Regno. Ma come è possibile, replica Nicodemo, nascere di nuovo se uno è già vecchio? Egli sente tutto il peso di una vita trascorsa ad approfondire la Legge, a rispettarla e a farla rispettare; conosce la forza dello Spirito di Dio, ma la Legge che egli segue in modo così preciso, ha deciso dove c’è lo Spirito e dove no.
Così abbiamo fatto spesso anche noi cristiani nel corso della storia: abbiamo tentato in tutti i modi di ingabbiare lo Spirito, di mettere paletti, di decidere noi in che direzione doveva andare.
Ma lo Spirito è libero dice Gesù; non è l’osservanza della Legge al centro della sua predicazione e della sua vita, ma l’accoglienza dello Spirito che fa nascere a vita nuova.
Dopo l’incontro con Gesù, di Nicodemo non si sa più niente di lui; nemmeno se ha rivisto Gesù nelle altre due volte in cui era salito a Gerusalemme per la Pasqua secondo il racconto di Giovanni. Sicuramente, però, ha ripensato molto a quel colloquio, ha continuato ad ascoltare quello che narravano di Gesù: le sue parole, i suoi gesti.
Ha percorso con fatica, visto l’ambiente e il ruolo che aveva, il suo cammino di conversione. Lui uomo di Legge, all’interno di una struttura religiosa ben definita che definiva rigidamente ciò che era bene e ciò che era male; quello che era gradito a Dio e quello che invece era peccato, ha compreso cosa intendeva Gesù con il rinascere a se stessi, a una vita nuova perché ricolma di Spirito.
Alla fine del suo Vangelo, al capitolo 19, il penultimo, Giovanni nomina nuovamente Nicodemo specificando, per evitare qualsiasi dubbio, che era “quello che in precedenza era andato da lui di notte” (Gv 19,39). A differenza dei tre sinottici, che parlano solo di Giuseppe di Arimatea, Giovanni pone anche Nicodemo ai piedi della croce, ad abbracciare con amore il corpo di Gesù dopo la morte. Adesso, non ha più paura della luce, proprio dopo che “si era fatto buio su tutta la terra” (Mt 26,45; Lc 23,44; Mc 14,33). Avvolge il corpo in teli e aromi profumati, tocca le carni martoriate di un uomo condannato alla morte dei maledetti da Dio dal potere civile e religioso: dai romani, ma ancor prima dai suoi. “Chi avrà toccato il cadavere di una persona umana sarà impuro per sette giorni” (Nm 19,11); il libro del Levitico aggiunge “nemmeno per tuo padre e tua madre” (Lv 21,11).
Nicodemo trasgredisce la Legge e tocca Gesù morto; lui vecchio, divenuto figlio, lo accudisce con gesti materni. Per la Legge Nicodemo adesso è un impuro, non potrà celebrare la festa più importante per il suo popolo, la Pasqua. Lo attende una Pasqua nuova, è rinato dallo Spirito, “quel vento che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va” (Gv 3,8). Non sai nemmeno dove ti porta lo Spirito, ma Nicodemo non ha più paura, non si nasconde più: ha compreso che, ben prima della Legge, vengono gli esseri umani che sono “a immagine di Dio” (Gen 1,27), soprattutto quelli sofferenti, quelli che subiscono ingiustizie. Ha accettato di lasciarsi accompagnare dallo Spirito altrove, a convertire le sue strade per percorrere quelle del Regno di Dio “che è in noi” (Lc 17,21): è rinato dall’alto, finalmente libero.
Donatella Mottin