La comunità cristiana dalla parte dell’accoglienza
Da tre anni nell’estremo nord del Brasile, dove ci troviamo con la comunità orsolina nello stato di Roraima, è iniziato il massiccio arrivo di venezuelani che, spinti dalla fame e dalla disperazione della situazione politica del loro paese, valicano il confine e cercano rifugio in questa zona molto povera del Brasile. È una realtà che va peggiorando di giorno in giorno, con l’arrivo continuo di persone e di intere famiglie con genitori giovanissimi e bambini molto piccoli, che sta trasformando la vita quotidiana della capitale Boa Vista e della comunità cristiana della nostra diocesi. Questa situazione rappresenta una grande sfida per la chiesa di Roraima, che si è sempre definita come chiesa samaritana e accogliente e che ora si interroga su come poter rispondere a questa nuova domanda di vita.
La realtà è molto complessa e al limite della sopportazione, tanto che alcuni operatori pastorali e dipendenti dei servizi diocesani hanno subìto gravi minacce a causa del lavoro di accoglienza delle famiglie migranti. Questa è certamente una cartina di tornasole della grave ondata xenofoba che attraversa una parte della popolazione roraimense, tanto che il vescovo dom Mario Antonio ha deciso di prendere pubblicamente la parola sui fatti accaduti riaffermando l’impegno della Chiesa per la difesa della vita e dei diritti dei nostri fratelli e sorelle migranti, ricordando le parole di papa Francesco che ha invitato ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e profughi nel nuovo ambiente di vita, valorizzando la cultura dell’incontro e della solidarietà.
Siamo coscienti che questa risposta che come Chiesa stiamo dando alla pressante domanda di accoglienza può generare persecuzione, diffamazione e a volte anche odio, ma sappiamo che ciò è conseguenza della fedeltà al Vangelo dove, come cristiani, abbiamo posto l’essenza della nostra vita e missione. Come suore Orsoline che vivono in questo territorio cerchiamo di rispondere alla realtà immettendo amore dove esso manca, come era desiderio di Madre Giovanna.
La realtà ci interpella quotidianamente. Famiglie senza casa, uomini e donne in cerca di lavoro, bambini che giocano in mezzo al fango, soprattutto in questa stagione delle piogge. Come Chiesa ci siamo posti il problema fin da quando arrivarono i primi grandi gruppi di sfollati che dormivano ai lati delle strade, nella Rodoviaria (stazione delle corriere internazionale), o nelle piazze pubbliche. Il primo impegno di singoli e di parrocchie è stato portare cibo tutti i giorni in vari punti della città: 100, 200, 800 pasti al giorno… ma cosa era tutto questo di fronte alle migliaia di immigrati che arrivavano continuamente, con il bisogno di cibo ma anche di riparo, lavoro, scuola per i bambini, documenti per potersi inserire nella nuova realtà? La grave situazione deve essere affrontata non solo dalla comunità cristiana ma anche dall’intervento umanitario, sociale e politico, interpellando le autorità competenti.
I problemi da affrontare sono tanti ma ringraziando il Signore che fa sgorgare il bene dal cuore di tante persone, molti privati hanno dato il loro contributo per migliorare. Noi suore Orsoline tentiamo di fare la nostra parte: inserite in un’area missionaria che porta il nome di Santa Rosa di Lima, in collaborazione con i sacerdoti fidei donum della diocesi di Vicenza serviamo dieci comunità pastorali. Anche nella nostra realtà la presenza di fratelli venezuelani è massiccia. Per poter aiutare, in collaborazione con la pastorale diocesana del migrante, stiamo offrendo alcune possibilità di inserimento e di aiuto. Nella segreteria dell’area si è dato avvio ad un piccolo centro di ascolto e di accoglienza in cui due volte la settimana le persone possono venire per poter chiedere informazioni, essere ascoltati, ricevere un piccolo aiuto in alimenti e vestiti. Le storie sono tantissime, tutte piene di sofferenza e di tanta nostalgia della propria terra e famiglia. Molti uomini e donne, spesso papà e mamme, sono arrivati da soli in cerca di lavoro lasciando la famiglia in Venezuela in una situazione al limite della sopravvivenza. Ci siamo chieste in varie occasioni cosa spinge tanta gente a lasciare casa, famiglia, amici, e percorrere a piedi 230, 300 km sotto il sole cocente di Roraima per poi arrivare in una città come Boa Vista con pochissime prospettive di alloggio e impiego. Tutti ci danno la stessa risposta: “A fome, irmã!”, “la fame sorella!”: in Venezuela non hanno cibo!
Con l’arrivo di tanti migranti in Boa Vista le necessità sono molte, e per tutte si cerca di dare una risposta. La necessità di documenti è una delle prime preoccupazioni. In collaborazione con il Setor de Proteção del Servizio gesuita ai migranti e rifugiati e con il Centro migranti e diritti umani aiutiamo le persone a ottenere la documentazione necessaria, accompagnandole negli uffici preposti o informandole su dove possono recarsi, seguendo poi online le singole richieste.
Un’altra grande domanda è l’apprendimento della lingua portoghese. In collaborazione con l’Università federale di Roraima e con l’appoggio logistico di due scuole pubbliche che hanno messo a disposizione i locali per lo studio, si è riusciti ad organizzare tre turni di lezione per trenta studenti per classe: i professori sono volontari che mettono a disposizione la loro professionalità per il bene di questi fratelli. Il materiale didattico è offerto dalla pastorale del migrante. Alla grande necessità di cibo e di luoghi per l’igiene personale abbiamo cercato di rispondere con alcuni aiuti che ci arrivano dall’Italia, anche se la domanda sarà sempre in crescita poiché la situazione del Venezuela è così grave da provocare continuamente le migrazioni.
Per il lavoro e la possibilità di alloggio, nella nostra segreteria abbiamo attivato un servizio di raccolta dati per registrare i migranti e poter indirizzare le persone secondo le necessità e le diverse professionalità. Moltissimi venezuelani e venezuelane sono laureati, ma non riescono a trovare lavoro nel loro paese: anche chi aveva un lavoro redditizio fino a pochi anni fa, ci racconta di aver perso tutto e che la difficoltà di reperire cibo è tanto grande da indurli a scappare in Brasile.
E poi i bambini. Con la collaborazione di una professoressa venezuelana si è iniziato un progetto rivolto a loro, in vista di un’integrazione fra cultura brasiliana e venezuelana. Per dare una piccola possibilità di studiare abbiamo offerto ai bambini venezuelani che non vanno a scuola un progetto di educazione e incontro con gli amici brasiliani: il progetto sarà attuato in una delle nostre comunità dell’area missionaria, la comunità San Lazzaro di Betania, dove ogni pomeriggio si accoglieranno i bambini per momenti di studio, gioco, formazione.
In tutto questo ci animano le parole di papa Francesco che dice che se migrare è un diritto, accogliere è una responsabilità che può diventare un’opportunità di integrazione e di fraternità.
In quanto parte della chiesa di Roraima, con un “cuore grande, capace di abbracciare tutto il mondo” come diceva Madre Giovanna, tentiamo di fare la nostra piccola parte, instillando la nostra goccia in questo oceano di sofferenza ma anche di speranza. Cerchiamo di rispondere a queste nuove emergenze per contribuire a migliorare la realtà nella quale siamo inserite, raccogliendo la sfida del nostro tempo e annunciare la Buona Novella di Gesù oggi, qui a Roraima, provocate dall’arrivo di migliaia di persone che sperano di trovare nella comunità orsolina una casa aperta e fraterna, disponibile all’incontro e determinata nella difesa della vita e dei diritti umani.
Suor Renata, suor Anna Maria e suor Antonia
Comunità dell’Epifania, Boa Vista (Roraima)