Le riflessioni di un papà a partire dall’esperienza spirituale, liturgica ed ecclesiale della sua famiglia in questi mesi
La mia famiglia, come molte altre, è una semplice famiglia che cerca di accogliere dentro le proprie mura domestiche l’Amico speciale; quindi, lontano dal ritenerci una famiglia esemplare, abbiamo accolto con gioia l’invito di condividere qualche pensiero alla luce di ciò che abbiamo vissuto in questo “tempo particolare” di pandemia, almeno per quanto riguarda la nostra dimensione spirituale e di come l’abbiamo alimentata.
Ci solletica condividere alcune riflessioni che da tempo ci portiamo dentro e che in questi mesi si sono ulteriormente intensificate. Mirella e io abbiamo tre figli: Samuele di 12 anni, Tommaso di 9 anni e Nicolas di 6.
Mirella lavora come OSS (Operatrice Socio-Sanitaria), mentre io dallo scorso anno insegno religione in una scuola superiore di Bassano, dopo aver collaborato per tredici anni con il Servizio di pastorale giovanile della diocesi di Vicenza.
Come è tipico della cultura odierna, anche la nostra esperienza di fede è abbastanza originale, non sempre in sintonia con l’idea tradizionale che viene trasmessa dall’ambiente ecclesiale o dall’immaginario comune. La soggettività anche nella dimensione spirituale ci sembra un passaggio necessario per l’appropriazione matura di ciò che ci è stato trasmesso fin dall’infanzia… altrimenti si corre il rischio di vivere la fede per convenzione e tradizione, ma senza tanta convinzione e trasmissione (perché difficilmente si è contagiosi). È chiaro anche che la fede e la pratica religiosa evolvono grazie alle persone con cui si condivide un cammino profondo di vita: il mio modo di pregare e di partecipare alle celebrazioni è molto cambiato (spero anche maturato) da quando mi confronto (e non è sempre facile – per la grande diversità che ci contraddistingue) con mia moglie, che da sempre ha una prassi religiosa molto diversa dalla mia, ma comunque molto profonda e meno “appariscente”. Grazie a queste “discussioni costruttive”, assieme alla fede trasmessa dalla mia famiglia, alle tante esperienze fatte in pastorale giovanile e allo studio teologico, sento che anche la mia immagine di Dio è in continua evoluzione e, a mio modo di vedere, sempre più allineata al Dio narrato nella Bibbia e manifestato in Gesù.
Prima di questo famoso febbraio 2020, la nostra pratica religiosa consisteva nella partecipazione abbastanza costante alla messa festiva (alcune volte abbiamo deciso di non andarci per questione di tempo o di stato d’animo inappropriato… con l’impressione che l’andarci per forza non ci avrebbe aiutato a santificare la festa) e a dei momenti di riflessione e spiritualità creati a misura dei nostri figli, raramente utilizzando preghiere imparate a memoria, ma mettendo al centro la Parola di Dio, il dialogo semplice con Gesù e qualche canto appropriato per valorizzare il momento.
Dallo scorso marzo anche la nostra pratica religiosa ha avuto un’evoluzione: grazie all’impossibilità di celebrare la Messa in parrocchia, abbiamo intensificato e curato maggiormente la nostra preghiera in famiglia, creando delle occasioni di intimità con Dio e tra di noi. In più di qualche occasione mi sono emozionato e stupito vedendo e sentendo le riflessioni e le preghiere dei miei figli e di Mirella, che di solito guidava la preghiera. Abbiamo spesso usato anche strumenti multimediali per vivere questi momenti, magari ascoltando qualche “riflessione simpatica” sul Vangelo del giorno trovata su YouTube.
In questi mesi di lockdown abbiamo deciso di non vivere le celebrazioni eucaristiche trasmesse online perché difficili da seguire dai nostri bambini.
Questo tempo propizio è stato caratterizzato da alcune dimensioni per noi imprescindibili: la dimensione biblica (al centro del nostro essere insieme c’è sempre la Parola di Dio), la dimensione personale (ognuno di noi è protagonista grazie anche a del tempo prolungato in cui ognuno può esprimere un pensiero o una preghiera) e la semplicità (il linguaggio e la simbologia usati sono alla portata di tutti, in particolare di Nicolas, il nostro bambino più piccolo).
La nostra speranza è che anche nella dimensione comunitaria venga maggiormente considerata la dimensione spirituale singolare vissuta dentro le mura domestiche… anche con delle proposte create ad hoc per i cuori più semplici, come quelli dei bambini.
Un ulteriore passo in avanti, invece, richiede un impegno maggiore di apertura anche da parte nostra, famiglie che desiderano essere amiche di Gesù: aprire la porta della nostra casa anche ad altre famiglie permetterebbe di condividere questi momenti di spiritualità familiare, con annesse riflessioni, pensieri, preghiere, preoccupazioni, intuizioni… che rendono il momento stesso pienamente radicato alla vita e alla storia che si sta vivendo.
Nella riflessione sul rapporto tra Coronavirus e volontà di Dio, Mirella ed io non crediamo a un Dio che castiga o punisce, ma pensiamo che da tutto ciò che ci capita nella vita possiamo con-vertire il nostro cuore e le nostre scelte verso una direzione un po’ più chiara, che per noi è Lui. Questa è per noi la presenza dello Spirito: il saper cogliere la speranza dentro la storia per poi viverla nelle scelte quotidiane.
Per questo il nostro desiderio è che questo tempo possa essere veramente kairos, segnare una nuova rotta, un nuovo stile per la nostra famiglia, per le famiglie cristiane e per la Chiesa tutta, uno stile segnato dalla gioia e dalla speranza di chi confida e si affida a Qualcuno di speciale, a Qualcuno che ci ama sopra ogni cosa e che ci invita ad infiammare il mondo di questo amore insieme all’amore che già abita ogni persona, credente o non credente, italiana o straniera, ricca o povera, ma che per noi è comunque creata ad immagine di Dio e quindi degna di stima, amore, attenzione.
Matteo Refosco