Lettera n. 39 – Al Vescovo [Ferdinando Rodolfi] 26 febbraio 1912
A maggior gloria di Dio e in onore di S. Angela
Eccellenza Reverendissima,
In occasione della visita che Vostra Ecc.za nel mese venturo speriamo si degnerà di farci, mi permetto di presentarmi a Lei con questa mia onde esternarle i sensi della mia devozione, accompagnati dalla viva fiducia di essere dalla Sua bontà compresa e compatita.
Eccellenza, è per consiglio del mio Padre spirituale Mons. Andrea Scotton che Le apro il mio cuore, e prostrata ai Suoi piedi La supplico caldamente a voler prendere in considerazione gli interessi spirituali di questa nuova famiglia verginale, sorta dal niente e che da trent’anni forma l’unico sospiro del mio cuore.
Per infinita bontà e misericordia del Signore, chiamata io fino dall’infanzia a questa missione resistetti sempre timorosa all’impresa, finché giunsi al punto di non trovare pace se non aderivo alla divina chiamata.
Diretta e animata dalla santa obbedienza, tenendo l’occhio fisso in Dio, mi accinsi all’opera il 6 Gennaio 1907 con la somma di sole lire 15, frutto ricavato dalle uova di una gallina donatami a questo fine qualche tempo prima: ma ricordo che fin dal 18 Marzo 1904, vigilia della festa di S. Giuseppe, mi feci benedire una medaglia coll’immagine del Santo per gettarla il giorno dopo, senza preferire un luogo all’altro, dove mi avesse condotto l’ispirazione del Signore, su quella terra della quale il Santo avrebbe preso possesso per la nostra nuova famiglia. La terra, che adesso è in nostra proprietà colla casa di abitazione, era allora di proprietà privata. Poi la comperò e la vendette a pezzi il comune perché si fabbricassero delle case. Io ne domandai una porzione quale piacesse meglio all’onorevole Giunta, e il Consiglio Comunale rigettò del tutto la mia domanda. La cosa subì parecchie difficoltà, ma finalmente, insistendo io colla domanda, mi fu offerta precisamente quella porzione di terreno sulla quale era già caduta la medaglia del Santo. Di tutto questo sia gloria a Dio e a S. Giuseppe.
In questo frattempo si avvicendarono dolori e conforti, poiché se vi furono durissime prove, Iddio seppe infondere nell’animo mio un coraggio e una certezza così sicura di camminare secondo i desideri del Suo sacratissimo cuore, da non lasciarmi passare mai per la mente il più piccolo dubbio su ciò, e provvide a tempo ed a luogo a tutti i bisogni svolgendo le cose in modo da potersi dire miracoloso.
Ora, giunte al numero di dodici sorelle (compresa una da poco andata in Paradiso) come gli Apostoli un giorno circondavano il Divin Redentore, così noi prostrate umilmente ai piedi di V.S domandiamo al Signore le grazie seguenti.
- Di avere continuamente Gesù in Sacramento nella piccola cappella della casa, umile dimora da Lui stesso preparata a mezzo della carità dei buoni nello spazio di poco tempo.
- Che Vostra Ecc.za ci autorizzi a seguire la regola di S. Angela Merici già approvata dalla Santa Sede, facendovi quelle aggiunte che Vostra Ecc.za crederà opportune per la nostra nuova famiglia.
III. Domandiamo la grazia di poter vestire quanto prima un abito uniforme che ci distingua dalle nostre sorelle Orsoline che vivono ancora nel seno delle loro famiglie.
Il buon Gesù compensi largamente quanto V.E. farà a nostro bene e presentandoLe i miei rispettosi ossequi Voglia benedirmi unita alle mie sorelle. Devotissima Figlia in G.C.
Meneghini Giovanna
L’umiltà e l’obbedienza che caratterizzano Giovanna, si integrano perfettamente con la sua audacia evangelica. L’essere diretta e animata dalla santa obbedienza, le ha dato il coraggio di affrontare difficoltà e ostilità, per compiere la volontà di Dio fondando una nuova comunità religiosa.
Tenendo l’occhio fisso in Dio, Giovanna manifesta con franchezza (pur con la prudenza necessaria a non compromettere l’opera) quello che il Signore le ispira.
Giovanna si rivolge schiettamente al suo padre spirituale e all’autorità religiosa nelle persone del Vescovo e addirittura del Papa, Pio X, al quale invia quattro scritti. Non nasconde la povertà di mezzi e le traversie superate, ma ne fa motivo di lode e di determinazione nel proseguire sulle vie di Dio.
Giovanna, che per sé non avrebbe preteso nulla, diventa audace nel chiedere consiglio a sacerdoti illuminati, collaborazione a persone amiche, aiuto economico ai benestanti, permessi e riconoscimenti canonici alle autorità ecclesiali, e giustizia al comune. Lei stessa afferma di aver avuto una fortezza ed un coraggio che non le potevano venire che da Dio.
Questa santa franchezza suscita opposizioni: il conservatorismo ecclesiale dell’epoca accendeva sospetti verso le novità, e c’era chi non approvava tanta intraprendenza in una donna di umili condizioni: una volta poco mancò che insieme con le più aspre parole Giovanna non prendesse anche uno schiaffo.
Con lo stesso fervore apostolico incoraggiava le sorelle e noi oggi: Batti da forte la via oscura, se vuoi trovare la luce!