I mesi scorsi, vissuti nell’esperienza del lockdown in tutta Italia, hanno creato nuove domande, nuovi bisogni, nuove fragilità e povertà. Anche le responsabili del convitto “Giovanna Meneghini” di Vicenza hanno riflettuto molto… Abbiamo chiesto a sr. Maria Rosaria Callipo, direttrice del convitto, di raccontare le scelte fatte.
Un dilemma di shakespeariana memoria, una decisione difficile e semplice insieme sul quale abbiamo riflettutto: “può rimanere chiuso il convitto Giovanna Meneghini?”
No, non può perché non ha mai chiuso, neanche durante il lockdown della scorsa primavera.
Non può essere chiuso perché le ragazze arriveranno e devono poter entrare in casa, ritrovare la camera dove riposare, la cucina per prepararsi il pranzo e qualche volto amico che sorrida e le accolga quando tornano stanche, arrabbiate o serene perché tutto è andato bene al lavoro.
Il convitto deve aprire! Perché non è un albergo ma una casa, la casa di famiglia per le donne che hanno lasciato la loro con gli affetti e le relazioni e qui trovano altri affetti e relazioni necessari per vivere, studiare e lavorare a Vicenza.
Il convitto ha riaperto e subito ha esaurito la sua disponibilità di camere. Tante telefonate, tante richieste perché il lavoro è arrivato e non si sa dove andare!
Tante domande a cui rispondere è facile se puoi dire: <<si, abbiamo la stanza, puoi venire a vedere!>> ma faticoso quando invece la risposta è <<mi dispiace, siamo al completo!>>
Sono arrivate e sono qui, le nostre ragazze, che non hanno più vent’anni, ma molti di più, che non studiano ma lavorano, che hanno a casa, forse, un marito, dei bambini…
Sono qui perché coraggiose, capaci di sfidare la fatica della distanza per un bene più grande: il lavoro, la dignità, il sostegno della famiglia.
Madre Giovanna raccomandava alle sue suore di aver cura delle bambine, delle fanciulle, perché fragili, bisognose di sostegno e protezione.
Le ospiti del convitto non sono bambine anagraficamente, ma rispecchiano quelle fragilità che Giovanna aveva notato ai suoi tempi e a cui voleva essere accanto.
E oggi noi, sue figlie nella fede, rispondiamo alla sua raccomandazione anche tenendo aperto una struttura che diventa oasi in un deserto di solitudini e paure, porto di approdo dove concludere un viaggio faticoso ma pieno di speranza.
Noi Orsoline scm non temiamo il covid, lo affrontiamo con prudenza e attenzione perché sappiamo che le chiusure e l’indifferenza sono ben più pericolose e fanno più vittime della pandemia.
Sr. Maria Rosaria Callipo